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TESTO Sei tu, Signore, il mio sostegno (265)

don Remigio Menegatti  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (24/09/2006)

Vangelo: Mc 9,30-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,30-37

30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (Sap 2,12.17-20) è una riflessione sulla fiducia che il giusto pone nel Signore. Agli occhi degli stolti l'uomo fedele appare causa di rimprovero per le loro azioni che lui - secondo il criterio di Dio - valuta in maniera negativa. Sembra che la soluzione migliore sia eliminare la causa stessa di tanto imbarazzo, quasi che poi la coscienza possa starsene tranquilla. Eliminare la causa significa uccidere il giusto: una scelta pienamente aderente alla logica del malvagio.

Il vangelo (Mc 9, 30-37) racconta la reazione degli apostoli di fronte alla scelta di Gesù: vive il suo ministero andando incontro al rifiuto, e non si preoccupa di salvarsi. Anzi indica che la strada scelta da lui rimane l'unica possibile per chi vuole essere suo discepolo. Seguire lui significa decidersi per lo stesso stile di vita, senza evitare la sofferenza e il rifiuto che non rimangono però l'ultima parola. La risurrezione è la risposta piena e completa. Agli apostoli che continuano a non capire e sono preoccupati di avere i primi posti nel gruppo dei Dodici il Maestro indica come modello un bambino e il servizio come unica strada possibile verso la gioia..

Salmo 53
Dio, per il tuo nome, salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio alle parole
della mia bocca.

Sono insorti contro di me gli arroganti
e i prepotenti insidiano la mia vita,
davanti a sé non pongono Dio.

Ecco, Dio è il mio aiuto,
il Signore mi sostiene.
Di tutto cuore ti offrirò un sacrificio,
Signore, loderò il tuo nome

perché è buono.

Il salmo appare come la risposta del giusto alle riflessioni malvagie dei peccatori. Loro vogliono metterlo alla prova per verificare se Dio si prenderà cura di lui, se lo considera veramente suo figlio liberandolo dalle loro mani. Il giusto invoca la salvezza che può venire unicamente da Dio, la giustizia che solo il Signore può manifestare pienamente. Chiede all'Altissimo di ascoltare anche il più debole dei suoi lamenti, come uno che tende l'orecchio per non perdere nessuna invocazione dei suoi amici.

Coloro che trattano male l'uomo giusto sono schierati in realtà anche contro Dio, che non considerano nella sua potenza, e quindi credono possibile sfidarlo senza incorrere nei suoi giudizi e castighi.

Anche qui, come in diversi altri casi, la conclusione è una breve professione di fede che nasce dall'esperienza di salvezza. E dalla fede sgorga vivace la lode e il proposito di offrire al Signore un sacrificio come ringraziamento.

Un commento per ragazzi

Ci sono dei momenti in cui si deve decidere: rinnovare la fiducia in chi si è scelto, e quindi anche continuare nella direzione che lui ha stabilito, accettandone il rischio, oppure metterlo subito da una parte, convinti che ci avrebbe portato a un risultato sicuramente negativo. Succede con l'allenatore che ha cambiato modulo di gioco e la squadra non ha ancora assimilato...e lo si vede bene dai risultati. Succede con la guida che punta su un sentiero decisamente nuovo e sicuramente impegnativo.

Nasce così il dubbio: la sua sarà una mossa vincente, oppure siamo ancora in tempo per metterlo alla porta e prendere noi il timone della barca prima di andare incontro a sicuro naufragio?

I discepoli hanno riconosciuto Gesù come Messia, e lui non solo conferma la bontà della loro intuizione, ma mette pure in evidenza lo stile con cui realizzerà la sua missione. È il profeta e può risultare antipatico a tanti; in realtà sta solo vivendo la sua missione per la salvezza di tutti. La scelta di stare con lui diventa ancora più difficile quando comprendono che non rimangono alternative: rimanere dalla sua parte significa anche rischiare la vita con lui e come lui. Alla loro fatica di comprendere, Gesù non reagisce provando a rassicurarli, dicendo che in fondo la scelta non è così radicale, che poi, strada facendo, tutto si ammorbidisce. Certo, parla di risurrezione come dell'ultimo e definitivo passaggio. Non la morte, quindi, bensì la vittoria su di essa. Queste parole però rimangono decisamente in ombra nella testa dei discepoli. La loro preoccupazione si sposta invece su un aspetto che invece lui ritiene decisamente secondario: i posti di prestigio nella comunità dei discepoli del rabbi di Nazareth.

Il potere, come lo intende lui, si intreccia con il servizio, perché lui, per primo, è venuto da Dio non per farsi servire bensì per diventare servo di tutti. Il modello del suo regno non è il potente che può vantare autorità assoluta, bensì il bambino che dipende da tutti, e tante volte non gode della minima considerazione e rispetto di molti. Il bambino secondo Gesù in qualche maniera è la manifestazione stessa di lui: chi accoglie un "piccolo" in realtà fa spazio nella sua vita proprio al Maestro stesso, e anzi al Padre che lo ha inviato. Serve assumere una logica nuova: non il potere ma il servizio, puntare non sui "grandi", ma sui piccoli, valorizzare gli ultimi coloro che tendiamo ad escludere e non ascoltare..."tanto sono solo bambini!". Invece rischiamo di perdere il dono più grande: accogliere nella nostra vita il Padre stesso, vivere nella sua tenerezza e misericordia solamente perché abbiamo compiuto un piccolo gesto di amore.

Anche qui possiamo correre un rischio: credere che il discorso sia rivolto solo ad altri. In fondo siamo noi i piccoli e come facciamo a non sceglierci? In fondo – pensiamo ancora – noi non cerchiamo il potere, non ambiamo ai primi posti!

Avete mai visto dei ragazzi fare le squadre per giocare a calcio nel campetto dietro la chiesa? Oppure allontanare dalla porta al momento del rigore quello che solo qualche minuto prima hai messo lì perché "è un brocco!"? Avete mai visto come si lascino fuori dal gruppo quelli che...hanno la pelle più scura (quando non si usano titoli poco onorevoli), oppure si sono iscritti alla scuola solo da poco, o nella squadriglia sono considerati "i servi" di tutti? Sono cose compiute anche dai ragazzi di tutti i giorni.

Mediamoci qualche volta, e scopriremo che è meglio ascoltare il Maestro! È lui la strada giusta!

Un suggerimento per la preghiera

Signore, tu hai un progetto nuovo e a volte difficile da capire, perché "vuoi che gli ultimi siano i primi e fai di un fanciullo la misura del tuo regno". Noi vogliamo imparare questo modo di vedere la storia e di agire; "donaci la sapienza che viene dall'alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve". Inoltre, dopo averlo compreso, aiutaci a viverlo!

Libri di don Remigio Menegatti

 

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