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TESTO Commento su Luca 14, 15-24

padre Lino Pedron  

Martedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (04/11/2003)

Vangelo: Lc 14,15-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Il discorso ritorna ancora una volta sulla "beatitudine", che è l'aspirazione fondamentale dell'uomo. Gesù ha dichiarato "beato" chi fa il bene senza ricompense terrene, perché avrà una ricompensa più grande nella vita futura. La beatitudine consiste nel prendere parte al regno di Dio, immaginato come un banchetto.

La risposta di Gesù a uno dei commensali viene espressa attraverso una parabola. Un uomo imbandisce una grande cena e chiama gli invitati attraverso "il suo servo". E cominciano subito le amare sorprese. Gli invitati non accolgono l'invito per motivi banali: l'acquisto di un campo, la compera di un paio di buoi, la moglie.

In questo brano di vangelo si dice perché Dio sceglie gli ultimi: perché i primi rifiutano. Qui si espongono le cause del rifiuto: il possesso, il commercio e il piacere.

Quest'uomo che fa la cena e chiama tutti a parteciparvi è il Signore che vuole che tutti gli uomini siano salvati (1Tm 2,4). Nella Bibbia la cena è immagine ricorrente della salvezza che Dio offre a tutti i popoli (Is 25,6ss; Pr 9,1-6). Il servo, nominato cinque volte, è Gesù che si è fatto servo per amore del Padre e dei fratelli. L'ora della cena è la venuta di Gesù che coincide con il banchetto nuziale (cfr Lc 5,33-34) promesso dall'Antico Testamento.

Il rifiuto degli invitati è totale: "Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi" (v.18).

Il primo motivo del rifiuto è il possesso, l'accumulo dei beni. Ognuno va verso l'oggetto del suo desiderio, ognuno è fatalmente attirato verso il suo tesoro. Gesù insegna: "Dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore" (Lc 12,34). E ancora: "Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione" (Lc 8,14). Il ricco è fatalmente alienato nelle cose che ha.

Il secondo motivo del rifiuto è il commercio. Il suo movente non è lo scambio dei beni necessari, ma quel di più, il plusvalore, che costituisce il guadagno, anima del commercio. La cosa comprata o venduta non interessa in sé, ma solo in quanto occasione di guadagno. Si vendono anche le cose più inutili, più nocive, più disoneste; si vendono uomini, donne, bambini; si vende Cristo (cfr Lc 22,4-6) pur di guadagnare. Il commerciante di questa parabola sa valutare i propri interessi materiali, ma non i suoi interessi spirituali ed eterni: è un pessimo mercante.

Il terzo motivo del rifiuto è la moglie. Nel versetto 26 di questo stesso capitolo leggiamo: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo". Il coniuge non deve essere un impedimento nel rispondere all'invito del Padre. Quando il coniuge diventa un piacere della vita, soffoca la parola di Dio nel cuore (cfr Lc 8,14). E mentre gli altri, sopra nominati, si scusano declinando l'invito, quest'ultimo non ne sente affatto il bisogno: è tanto naturale che la moglie sia una scusa più che sufficiente per rifiutare l'invito di Dio! Perché, in definitiva, il possesso, il commercio e la moglie sono più importanti di Dio.

Due gruppi di persone sono condotte alla cena e prendono il posto di coloro che erano stati invitati per primi e hanno rifiutato. Si tratta proprio di coloro che la dottrina farisaica escludeva dal regno di Dio: i poveri (zoppi, storpi e ciechi) e i pagani. Del tutto diverso è il parere di Gesù. E' precisamente ai poveri e ai pagani che egli spalanca la via che conduce alla cena del regno di Dio. Gesù trova in essi le condizioni da lui proclamate come fondamentali per potervi essere ammessi.

Gesù ci insegna che tutti quelli che credono di salvarsi con i loro mezzi e le loro osservanze, cioè tutti i farisei di tutti i tempi, resteranno fuori dalla sala della cena del Padre, fino a quando non si metteranno tra gli ultimi e gli esclusi.

 

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