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TESTO Commento su Marco 7,1-8.14-15.21-23

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (03/09/2006)

Vangelo: Mc 7,1-8.14-15.21-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,1-8.14-15.21-23

1Si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 2Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3– i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi 4e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, 5quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».

6Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:

Questo popolo mi onora con le labbra,

ma il suo cuore è lontano da me.

7Invano mi rendono culto,

insegnando dottrine che sono precetti di uomini.

8Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

14Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! 15Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».

21Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

I farisei radunati attorno a Gesù – come ci racconta Marco nel 7° capitolo del suo Evangelo (vv. 1-23) – sono molto religiosi. Fedeli fino all'ossessione alle prescrizioni della Legge. Si potrebbe dire "schiavi" della Legge. Il loro stupore di fronte alla "irreligiosità" dei discepoli di Gesù è dunque legittima. "Perché i tuoi discepoli non ubbidiscono alla tradizione religiosa dei nostri padri e mangiano con mani impure?" – chiedono al Rabbi venuto dalla Galilea.

Spesso la religione – intesa come adesione ad una delle numerose religioni storiche – può essere inciampo per la fede. Gesù è esplicito, e cita Isaia 29,13:

"Questo popolo mi onora a parole,
ma il suo cuore è molto lontano da me.
Il modo con cui mi onorano non ha valore
perché insegnano come dottrina di Dio

comandamenti che son fatti da uomini."

E chiosa: "Voi trascurate i comandamenti di Dio per conservare la tradizione degli uomini. Siete molto abili nel mettere da parte i comandamenti di Dio per difendere la vostra tradizione".

Si entra qui in uno dei punti nodali dell'esistenza di ogni essere umano, e non solo degli uomini e delle donne di fede.

La nostra è una società in cui vengono adorati gli idoli più strani – denaro, carriera, bellezza, sesso – eppure si fa strada un'insistente domanda religiosa. C'è nelle persone che incontriamo sul nostro cammino un tentativo serio e sofferto di ricerca di un'identità nella quale riconoscersi, di una comunità alla quale aderire per superare la solitudine e l'isolamento. Un isolamento che interessa tutti, ma che è particolarmente avvertito dalle coppie giovani, spesso lasciate sole, nell'anonimato livellante e triturante delle grandi periferie urbane e sociali, proprio nel periodo più delicato della loro esperienza di coppia, quando la difficoltà di riconoscersi e di accettarsi nelle reciproche differenze (difficoltà raramente risolta nel periodo "fusionale" del fidanzamento) può rendere più difficile il cammino verso una relazione adulta e matura.

Si tratta di una domanda religiosa, perché è una domanda di senso: la risposta non può essere il ricorso a rituali magici, spesso incomprensibili. E tuttavia questa domanda religiosa il più delle volte rimane nel vago. Prevale in essa quel bisogno di sacro "che atterrisce e affascina". Altre volte, però, essa assume la forma di interrogazione lancinante a Dio, come quella di Giobbe dal suo luogo di segregazione e di sofferenza, o quella di Gesù sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". È interpellare Dio per chiedergli ragione dell'esistenza, ma anche per affidargliela; è ricercare una pienezza di vita, dare ad essa un valore ed un senso per dischiudere prospettive di significato anche là dove esso parrebbe negato. Così il religioso – "questo" religioso – diventa il fondamento del vivere morale, per cui nell'esperienza cristiana non esiste mai una frattura tra il momento etico e quello religioso: e l'interrogazione assume una sua pienezza proprio quando è impegnata ad una risposta: questo è il momento della fede.

Anche la fede degli sposi – ancorché credenti – non è mai la sovrapposizione della loro fede precedente all'incontro di coppia, ma è la scoperta – assieme, pur nel rispetto dell'incatturabile mistero dell'altro – del piano di Dio su di loro, e del cammino che, insieme, essi sono chiamati a compiere per restare fedeli, nel quotidiano che ci è dato in sorte di vivere, a questo disegno.

In questo senso, la Parola di Gesù è parola di salvezza nei confronti di ogni schiavitù e di ogni idolatria del Tempio e della Legge. E già nel Deuteronomio (4,1ss.) emerge questa prospettiva. La Legge è per la salvezza del popolo. Nessun'altra nazione – dice Mosé in quello che potrebbe essere considerato un discorso di commiato – per quanto forte e potente, ha un Dio così vicino a noi...

Non c'è opposizione tra religione e vita – una religione "del cuore" che non fa distinzione tra "osservanti" e "non osservanti", ed una vita dalla quale scrutare, come dal crinale dei monti, la presenza del Dio-Liberatore – né tra "sacro" e "profano", tra Legge e cuore, o coscienza. La Parola di Dio non può essere barattata con le "tradizioni degli antichi", perché ha radici nel cuore, e questo radicamento fa sì che l'integralismo, ogni integralismo di qualsiasi colore, non possa essere considerato una fedeltà.

Scrive Giacomo nella sua lettera: "Tutto ciò che abbiamo di buono e di perfetto viene dall'alto: è un dono di Dio, e Dio non produce tenebre" (1,17). E aggiunge che "questa è la religione che Dio considera pura e genuina: prendersi cura degli orfani e delle vedove che sono nella sofferenza" (1,27). Gli orfani e le vedove sono una categoria linguistica per dire tutti coloro che fanno più fatica, anche e particolarmente nella coppia e nella famiglia, e qui sta la saldatura tra religione ed etica, tra fede e Legge.

Un bel compito per la coppia!

Per la nostra revisione di vita

1) Quanto c'è di formalistico nella nostra religiosità?

2) Sappiamo saldare la nostra fede con il nostro comportamento etico?

3) Sappiamo leggere la presenza di Dio nel nostro rapporto di coppia?
4) Come interiorizziamo la Parola di Dio?

5) Quanto c'è di formalistico nel nostro rapporto di coppia?

Commento a cura di Luigi Ghia

 

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