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TESTO Mi costi sangue...!

Comunità Missionaria Villaregia (giovani)  

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/08/2006)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Anche questa domenica la liturgia ci propone il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. Al discorso sul pane si aggiunge quello sul vino, all'immagine del cibo quella della bevanda, al dono della sua carne quello del suo sangue. Il simbolismo eucaristico raggiunge il suo culmine e la sua completezza. L'Eucaristia è un banchetto e in ogni banchetto non si mangia soltanto, ma si mangia e si beve.

Perché Gesù ha voluto darci non solo il suo corpo, ma anche il suo sangue nel segno del vino? Cosa rappresenta il sangue? Per noi, oggi, il sangue non è che un organo del nostro corpo, accanto ad altri. Ma nella mentalità della Bibbia è ben altro. Il sangue era considerato la sede della vita. Per questo gli ebrei, anche oggi, non possono mangiare le carne di animali soffocati, cioè che hanno il sangue dentro. Mangiare il sangue sarebbe come mangiare la vita che è sacra e appartiene solo a Dio. Se dunque il sangue è la sede della vita, allora il versamento del sangue è il segno plastico della morte. Donandoci il suo sangue, Gesù ci dona la sua morte con tutto ciò che essa ci ha procurato: la remissione dei peccati, il dono dello Spirito. Noi sappiamo cosa significa dire a qualcuno: "Mi costi sangue!" Il sangue è il simbolo più forte di tutto il dolore che c'è sulla terra. Se dunque nel segno del pane arriva sull'altare il lavoro dell'uomo, nel segno del vino e del sangue vi giunge tutta la sua sofferenza.

Ma perché Gesù ha scelto proprio il segno del vino? Solo per una affinità di colore? Cosa rappresenta il vino per gli uomini? Rappresenta la gioia; la festa. Gesù moltiplica i pani per la necessità della gente, ma a Cana moltiplica il vino per la gioia dei commensali. Il vino rappresenta nella vita, la poesia e il colore; è come la danza rispetto al semplice camminare, o il giocare rispetto al lavorare. Gesù scegliendo pane e vino, ha voluto indicare anche la santificazione della gioia. Ma allora, come è possibile che lo stesso segno rappresenti in quanto sangue la soffrenza e in quanto vino la gioia? Non si escludono a vicenda queste due cose? No, se pensiamo al sacrificio fatto per amore, come fu quello di Cristo. Il vino rappresenta la gioia del sacrificio! Nel dolore gli uomini si rivolgono naturalmente a Dio, mentre le gioie preferiamo godercele da soli. Quando riceviamo qualche gioia nella vita ci comportiamo a volte, come il cane che ha ricevuto un osso del suo padrone e subito lgi volta le spalle e va a goderselo in disparte, per paura che glielo portino via.

Un giorno, un santo orientale, San Simeone il Nuovo Teologo, sperimentò una gioia così forte, da credere di aver raggiunto l'apice ed esclamò: "Se il paradiso non è che questo, mi basta!" Un voce però gli disse: "Sei ben meschino se ti accontenti di questo. La tua gioia presente, rispetto a quella futura, è come un cielo dipinto sulla carta, rispetto al cielo vero".

Il pellicano è divenuto simbolo dell'Eucaristia perché si credeva che questo uccello, quando non ha più nulla da dare ai suoi piccoli, si apre con il becco una ferita nel costato e li nutre con il suo sangue. Molti sono i testimoni martiri che hanno dato la vita versando il loro sangue. Ci è di esempio Oscar Romero, Vescovo martire per il suo popolo salvadoregno. Ecco ciò che potremmo definire il suo testamento spirituale:

"Sono spesso stato minacciato di morte... Come pastore sono obbligato, per mandato divino, a dare la vita per coloro che amo, che sono salvadoregni, anche per quelli che mi vogliono uccidere. Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare. Ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, possa il mio sangue essere semente di libertà e segno che la speranza sarà presto realtà.

Se è accetta a Dio, possa la mia morte servire alla liberazione del mio popolo. Perdono e benedico coloro che ne saranno la causa... perderanno il loro tempo: morirà un Vescovo, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non perirà mai."

Fu brutalmente ucciso all'altare nel momento della consacrazione, mescolando il suo sangue con quello di Cristo. Buona settimana. E.G.

 

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