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TESTO Sapienza ed equilibrio fondati su Cristo Eucaristia

padre Antonio Rungi

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/08/2006)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Il grande discorso eucaristico del Vangelo di Giovani, capitolo sesto, in queste domeniche d'agosto ci sta accompagnando nella riflessione biblica e personale con la celebrazione della parola di Dio per la santa messa festiva. Si tratta di un testo fondamentale per comprendere a pieno il significato del mistero del SS. Sacramento dell'Altare, che Gesù istituì il Giovedì Santo alla vigilia della sua passione, morte e risurrezione. Gesù è il pane disceso dal cielo per dare la salvezza all'intera umanità. Da questa salvezza nessuno è escluso, tutti ne fanno parte, al di là della professione della fede in Gesù Cristo. Una salvezza personale che inizia nella storia e nel tempo e si completa nell'eternità, nella misura in cui ognuno partecipa sinceramente al banchetto della fraternità imbandito da Cristo per tutta l'umanità. Un banchetto che invita a condividere con Cristo il piano della salvezza del genere umano. Chi infatti mangia il corpo e beve il sangue di Cristo vive per lui ed opera in ragione di lui.

Leggiamo il testo giovanneo: "In quel tempo, Gesù disse alla folla: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e bene il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".

Anche nel brano della prima lettura, tratto dal Libro sapienziale dei Proverbi, cogliamo evidenti riferimenti eucaristici, che fanno pensare in positivo al futuro della nostra vita, quando ci lasciamo prendere dalla vera sapienza che viene dal cielo e che trasforma il nostro cuore e le nostre azioni in azioni di bene e di saggezza: "La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: "Chi è inesperto accorra qui!". A chi è privo di senno essa dice: "Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza".

Certamente la riposta più evidente di un cuore ed un'anima eucaristica sta nel comportamento nuovo che ognuno assume nella vita in ragione di quanto Cristo opera in noi, mediante il sacramento della sua vicinanza e compagnia. Lo sottolinea in modo chiaro l'apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi, domenica XX del tempo ordinario, tratta dalla Lettera agli Efesini, che è il testo biblico che dà dei consigli pratici per bene operare secondo gli insegnamenti del Signore: "Fratelli, vigilate attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio. E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo".

Va evidenziato come l'Apostolo al suo tempo metta in risalto il fatto che i tempi allora erano cattivi. Chiaro riferimento al lassismo morale e religioso, ad uno stile di vita per nulla rispondente alla nuova etica cristiana che la chiesa propagandava attraverso la catechesi e l'insegnamento ufficiale. Tempi difficili allora, ma tempi altrettanto, se non peggiori, quelli di oggi, con il relativismo morale che sempre più entra a far parte del sistema di vita anche di tanti che si dicono cristiani. Sfrenatezza dei costumi, libertà sessuale, immoralità di ogni genere, comportamenti contrastanti con il Vangelo manifestano l'insensatezza degli uomini e del mondo contemporanei quando fanno guerra agli altri, quando si legittimano comportamenti che non sono rispondenti alla morale evangelica e neppure naturale ed umana.

La risposta ad un mondo che vuole allentare sempre più dal suo orizzonte la fede, la religione, Gesù Cristo, la morale evangelica sta in quello che l'Apostolo chiama la pienezza dello Spirito, che porta il credente alla naturale preghiera e al rendimento di grazie a Dio per ogni cosa. D'altra parte l'eucaristia non è altro che questo dire bene e dire grazie al Signore per il dono che fa di se stesso a noi. E' da questa esperienza di eucaristia che ha origine un sistema di vita che è autocontrollo, morigeratezza, delicatezza, sensibilità, solidarietà. Ecco perché nella prassi sacramentale, sia la Chiesa primitiva come quella di oggi, dà molta importanza alla partecipazione alla mensa eucaristica da parte dei credenti e dei fedeli, perché da questa fonte di gioia e di incoraggiamento continuo nasce e si sviluppa un modo di agire davvero umano e cristiano, in quanto non c'è vero cristiano se non in un vero uomo, che sappia essere sapiente, intelligente, vigile ed accorto per le sue personali necessità, ma anche per quelle degli altri. L'eucaristia fa uscire fuori dall'individualismo e dall'egoismo ed apre spazi di fraternità e solidarietà vera. Ciò comporta un cambiamento sostanziale dell'agire ed una vigilanza assidua sul nostro operare per non rischiare di naufragare nelle tentazioni e nelle passioni, tra cui anche l'ubriachezza, che porta alla sfrenatezza. E nella condanna dell'uso eccessivo di vino, qui c'è una condanna indiretta di ogni eccesso di qualsiasi genere, perché ogni eccesso è sempre un difetto e mai una regolarità di comportamento. Non a caso l'etica cristiana invita alla sobrietà e all'uso costante della giusta misura delle cose. Criterio non facile da individuare ed applicare, ma che con l'aiuto e la grazia di Dio si può cercare con pazienza e costanza in ogni situazione personale e comunitaria.

 

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