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TESTO Il cibo che non perisce e da' forza nella vita

padre Antonio Rungi

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/08/2006)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

In queste domeniche estive ci accompagna la Parola di Dio che ci parla del cibo, del pane, elemento essenziale alla sopravvivenza umana, su cui i testi sacri ritornano spesso in questo periodo ordinario dell'anno liturgico. Da un lato sembrano che ci riportino alla fragilità della natura umana, che senza alimentazione di sorta non può affrontare la fatica del giorno e della vita e, dall'altro, ci indirizzano a fissare lo sguardo su qualcosa di più importante che è il cibo che non perisce e che dà la vera forza di vivere e, in molti casi, di sopravvivere alle tante prove dell'esistenza umana. Quel cibo che è Dio stesso, che è l'Eucaristia, il pane degli angeli che viene in soccorso alla nostra debolezza interiore e che certamente non soddisfa la fame di questo mondo. Essa prepara a vivere il banchetto eterno nel modo più autentico possibile alle forze umane, nelle quali subentra una forza straordinaria che è la grazia della presenza reale di Cristo nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Anche in questa domenica, che celebriamo in pieno Ferragosto, c'è questo richiamo alla forza del pane che viene dal cielo, quel pane che Dio dona al Profeta Elia in cammino verso il Monte Oreb, senza il quale l'uomo di Dio dopo aver compiuto la sua missione non avrebbe potuto fare ritorno alla sua normale attività. Gesù si proclama il pane del cielo, senza il quale non è possibile alcuna vera vita.

Meditiamo attentamente sui testi che ascolteremo oggi nella Liturgia della Parola. Sono testi importanti e fondamentali per capire su quale strada ci siamo immessi circa la nostra vita di credenti. Dal Primo Libro dei Re, leggiamo che: "In quel tempo, Elia si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: "Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri". Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: "Alzati e mangia!". Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: "Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino". Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb".

Il profeta Elia ha compiuto una difficile missione affidatagli da Dio. Ora deve fuggire perché lo cercano per ucciderlo. La fuga è lunga, e a un tratto ha un momento di debolezza. È stanco e desidera la morte. Dio stesso, sotto il segno del pane e dell'acqua, dona al suo profeta un sostegno spirituale. Da quel momento la vita tribolata di Elia si trasforma in un pellegrinaggio verso il monte di Dio.

Strettamente collegato al brano della Prima Lettura è il Vangelo di oggi, che è tratto dal capitolo sesto di San Giovanni, nel quale continua il "discorso eucaristico" di Gesù. Più i Giudei manifestano il loro stupore davanti alle affermazioni di Gesù, più egli insiste. Egli è il pane che Dio dona al mondo. Bisogna credere in lui. Chi crede ha la vita eterna. "In quel tempo, i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo". E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?". Gesù rispose: "Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno ammaestrati da Dio". Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

Dalla fede in Cristo vero cibo spirituale per la vita dell'umanità, scaturisce un comportamento etico personale e comunitario che trova la sua manifestazione ed esplicitazione nel testo della seconda lettura di oggi, tratta dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini, che è il pane della dolcezza, della misericordia, della benevolenza e della promozione dei fratelli e sorelle nella fede: "Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore".

Come dire, che da una forte esperienza di vita eucaristica, scaturisce una vita di carità profonda che si manifesta in comportamenti degni di essere definiti cristiani. Da una prospettiva di fede vera e certa nasce e si potenzia un cammino interiore e cristiano che supera le difficoltà, perché trova in Gesù Cristo la sorgente della sua speranza e la forza di andare avanti, sempre e comunque.

Ce lo rammenta il salmo 33, che è un canto di ringraziamento di una persona che è stata povera, ha conosciuto la miseria, ha pregato ed è stata esaudita. L'abbandono a Dio è fonte di pace e di gioia. E' questa la linea di condotta che ogni cristiano deve avere nella sua vita, sia quando è segnata dalla gioia e sia quando è segnata dalla sofferenza e dalla prova, come nel caso del Profeta Elia desideroso di morire. La nostra preghiera sia sempre questa: Guidami, o Dio, nel cammino della vita, sostienimi con la forza del cibo che non perisce, perché perseverando nella fede di Cristo giunga a contemplare alla fine dei miei giorni la luce del tuo volto.

 

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