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TESTO Missionari di ieri e di oggi

padre Antonio Rungi

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (16/07/2006)

Vangelo: Mc 6,7-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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7Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

La Parola di Dio di questa XV Domenica del tempo ordinario ci invita a riflettere in modo esplicito sul concetto di evangelizzazione e missionarietà, soprattutto nel contesto del mondo contemporaneo e avendo come riferimenti essenziali ciò che viene espressamente ricordato dalla Sacra Scrittura.

Sia la prima lettura che in Vangelo di oggi ci danno i parametri essenziali di come farsi portavoce di Dio in un mondo che cambia e quali strumenti adottare perché il Vangelo giunga, nella sua autenticità e verità, a tutte le creature. Dal libro del profeta Amos, leggiamo come questo portavoce di Dio venga rifiutato nella sua missione e letteralmente cacciato via dal Paese, nel quale non si avvertiva più l'esigenza di confrontarsi con quanti il Signore inviava al popolo eletto perché riprendesse la strada della verità e della moralità. "In quei giorni, il sacerdote di Betel Amasìa disse ad Amos: "Vattene, veggente, ritìrati verso il paese di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai

profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno". Amos rispose ad Amasìa: "Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un pastore e raccoglitore di sicomòri; il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Va', profetizza al mio popolo Israele". La storia infatti ci ricorda che dopo la morte del re Salomone e la divisione in due regni, Betel, in Israele, divenne il santuario rivale al tempio di Gerusalemme. Lì Amos fu mandato da Dio a svolgere la sua missione. Doveva richiamare i potenti di Samaria (che credevano di avere Dio alleato) alla vera religione, nella difesa dei deboli. Il testo ci ricorda come andò a finire per questa voce profetica che si schierava a favore dei deboli e dei poveri. Mi sembra che da allora, attraversando la storia dell'umanità, le cose non siano affatto cambiate. Ogni volta che, in qualsiasi ambiente, soprattutto benestante e benpensante, si parla della difesa dei poveri e

degli ultimi, specie se lo fa la Chiesa, attraverso la voce profetica dei suoi pastori, quali il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti e quanti altri che hanno a cuore la causa dei poveri, si alzano unanimi gli scudi che invitano la Chiesa a non interferire con la società e a pensare solo all'aspetto spirituale della sua missione. La chiesa non evangelizza se non promuove la dignità dell'uomo e non difende la vita e la causa dei più deboli. Predicazione senza azione non è evangelizzazione piena.

Stesso tema viene proposto nel brano del Vangelo di Marco che ascoltiamo oggi nella Liturgia della Parola. Qui si parla dell'invio dei primi missionari e del modo come essi devono attrezzarsi per rendere credibile il Vangelo stesso. "In quel tempo, Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzàti solo i

sandali, non indossassero due tuniche. E diceva loro: "Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro". E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano". Sono qui sintetizzate la povertà e la semplicità con la quale bisogna annunciare il Vangelo di Cristo allora come oggi. Non bisogna confidare sui mezzi umani, ma sulla vicinanza e la potenza di Dio. Oggi che la tecnologia ed il progresso ha messo nelle nostre mani strumenti potentissimi di diffusione del Vangelo, come la stampa, il cinema, la televisione, la radio, Internet e multimediali in genere potrebbe subentrare nella nostra convinzione di cristiani che stiamo facendo il massimo per far conoscere Cristo agli altri.

In realtà, oggi, rispetto al passato si sta investendo molto nel campo della comunicazione sociale, forti delle indicazioni del Concilio Vaticano II che ha dato nuovo impulso al settore degli strumenti di comunicazione sociale proprio per evangelizzare. Ma non è sufficiente. Il vero annuncio passa per la testimonianza personale, attraverso l'investimento delle proprie energie umane, culturali e spirituali per proporre agli altri la persona nella quale fermamente crediamo e per la quale rischiamo ogni cosa, quel Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, il Figlio di Dio, Redentore dell'umanità, la Via, la Verità e la Vita con la quale ogni uomo, prima o poi, si dovrà confrontare. Prendere coscienza dell'urgenza della missione oggi è un atto fondamentale per i pastori in cura delle anime e per tutti i battezzati, in quanto il dovere di predicare Cristo compete in modo speciale ad alcuni in particolare, come furono inizialmente i Dodici apostoli, ma poi tale dovere si estese e si estende ad ogni discepolo di Cristo, ovvero ad ogni cristiano, in quanto nel battesimo siamo stati consacrati a Cristo Re, Sacerdote e Profeta. La profezia, l'essere portavoce di Cristo nel mondo,

spetta e compete ad ognuno di noi. E il modo più fedele e coerente è quello che viene indicato nel Vangelo odierno. Ed i frutti di questa evangelizzazione sono indicati espressamente nel vangelo: conversione, guarigioni, miracoli, pace e gioia dell'anima. Quando tali frutti non si registrano in un luogo è necessario passare altrove, per non limitare l'azione evangelica a solo un territorio ristretto. Oggi questo miracolo della diffusione del Vangelo viene dalle chiese giovani, quelle di

recente istituzione e che solo da poco sono venute a contatto con la conoscenza di Cristo e del Vangelo stesso; mentre registriamo un pauroso distacco dal Vangelo proprio in quelle comunità, nazioni e paesi dove per primi è giunta l'opera della evangelizzazione, attraverso proprio la predicazione apostolica o quella dei primi padri della Chiesa. Questioni che ci interpellano, in quanto la non accoglienza del Vangelo indirizza la società su altre strade che non sono certamente quelle cristiane, ma atee o di materialismo o relativismo assoluto. Invece bisogna fare ogni sforzo per far conoscere e trasmettere agli altri i contenuti essenziali della nostra fede cristiana.

Tali contenuti sono espressi nel brano della seconda lettura della Parola di Dio di questa Domenica, tratto dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini: "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati

secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto, nella sua benevolenza, aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo. In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria".

Come è facile capire qui si tratta di porre Cristo al centro non solo della nostra predicazione, ma della nostra stessa vita, in quanto Egli è la nostra salvezza, quella vera e quella eterna.

La nostra preghiera costante sia quella che reciteremo all'inizio della S. Messa di oggi: "Donaci, o Padre, di non avere nulla di più caro del tuo Figlio, che rivela al mondo il mistero del tuo amore e la vera dignità dell'uomo; colmaci del tuo Spirito, perché lo annunziamo ai fratelli con la fede e con le opere". O come pregheremo con il Salmo 84, che parla dell'attesa del Messia: "Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli. La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto. Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza".

La nuova evangelizzazione di cui parliamo oggi ha questi riferimenti scritturistici sui quali è necessario confrontarsi non solo a livello esegetico ed ermeneutico, ma soprattutto come modalità di vita e di risultati che la stessa evangelizzazione, se veramente è efficace, deve produrre in ogni ambiente ed ogni società, ove gli operatori del vangelo non siano solo maestri di fede, ma soprattutto testimoni incrollabili della fede, anche quando c'è un rifiuto pregiudiziale verso Cristo e la Chiesa. Chiediamo al Signore proprio di essere missionari credibili a partire dal nostro ambiente di vita.

 

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