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TESTO Commento su Marco 6,1-6

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/07/2006)

Vangelo: Mc 6,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Sicuramente non era la prima volta, notano gli esegeti, che Gesù, durante il suo ministero pubblico, tornava a Nazareth dove, i suoi concittadini, erano così ben informati della risonanza dei suoi discorsi e dei prodigi, compiuti nelle città vicine.

Il vangelo di Marco ricorda un'altra presenza di Gesù in sinagoga, e precisamente a Cafarnao, agli esordi della sua missione,"..egli, entrato di sabato nella sinagoga, si mise a insegnare. E si stupivano del suo insegnamento, giacché, li ammaestrava come uno, che ha autorità, e non come gli scribi." ( Mc. 1,21-22

In quella medesima circostanza, il Maestro liberò dal possesso dal demonio un uomo che, spinto dallo spirito immondo, l'aveva riconosciuto come < il Santo di Dio >; e Marco, nota che, " tutti si chiedevano tra di loro: < Che è mai questo?...comanda perfino agli spiriti impuri e questi gli obbediscono >...e la fama si sparse ovunque per tutta la regione della Galilea..." ( Mc.1,23-28 )

Ora, qui, nella sinagoga di Nazareth, dove pure era giunta quella fama, i presenti, sono presi da uno stupore ben diverso, è il disappunto di chi non vuol concedere fiducia, anzi, è pieno di stizza,
di invidia, la misera invidia di gretti compaesani.

"Ma chi crede di essere?", sembrano dirsi tra loro i nazaretani: «...non e costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?».

Il ritratto di Gesù, fatto dai suoi concittadini, molto scettici nei suoi confronti, è il ritratto di una persona qualunque, che non ha rilevanza in alcun campo, né sociale, né religioso, né culturale, né politico, egli è un operaio come tanti, un carpentiere, figlio di una famiglia modesta, come si può arguire dalla citazione dei suoi familiari.

Ormai è lontano lo stupore, ammirato ed entusiasta delle folle, di fronte alla novità della sua dottrina, una dottrina impegnativa, ma che dilatava il cuore e la mente, una dottrina che ridava dignità e valore a qualunque persona, senza badare alla sua condizione sociale.

Non c' è più lo stupore felice e riconoscente, di chi ha assistito ai miracoli, e incomincia a credere al potere straordinario di questo rabbi, diverso dagli altri.

Per i cittadini di Nazareth, Gesù è uno come loro, anzi, proprio per alcuni del suo parentado, era semplicemente una persona " fuori di sé" (Mc. 3,20 ), non meritava dunque, alcun credito;
avrebbe, soltanto, dovuto star zitto.

Del resto, quando Filippo, chiamato da Gesù alla sua sequela, incontrò Natanaele e, pieno di entusiasmo, gli disse di aver trovato, quello di cui Mosè aveva scritto e quello che i profeti avevano annunciato: " Gesù figlio di Giuseppe da Nazareth", questi rispose incredulo: " da Nazareth può venire qualcosa di buono?" ( 1, 45-46)

Questo era Gesù, per tanti che non riuscivano, o non volevano, credere in lui, nelle sue parole e nelle sue opere.

La mancanza di fede; quella fede che lo aveva mosso a compiere i miracoli, e che tante volte, egli aveva lodato, qui, nella sua città, non esiste, ed è questa la ragione per cui egli si allontana per, portare il suo messaggio nei villaggi vicini.

Gesù, in questa circostanza, fa esperienza di quanto sia vero il vecchio proverbio: «Nessuno è profeta nella sua patria.»; ed è anche lui pieno di stupore, per l'atteggiamento dei concittadini, ma è uno stupore amaro, per l'incredulità, e il disprezzo che lo circonda.

Gesù conosceva bene la sorte dei profeti, inascoltati, soli, perseguitati e, talvolta, uccisi.

La liturgia della Parola, oggi, ci ricorda, con un breve passo, la missione del profeta Ezechiele, il sacerdote, la " sentinella di Dio", al quale venne rivolta questa parola: «Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli che si sono rivoltati contro di me...Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito.... sono una genia di ribelli... sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».( Ez 2, 2 5 )

Cristo è il Figlio dell'uomo, è la vera e piena rivelazione del Padre, ma non fu riconosciuto, e seguì la sorte, di tanti altri profeti.

" Venne tra i suoi, ma i suoi non l'accolsero..." (Gv. 1,11), non lo riconobbero, si fermarono a quei pochi modesti dati anagrafici: era il figlio di Maria, il cugino di Giacomo, Jose, Simone, un artigiano come tanti, e niente di più.

C'è una sollecitazione importante in questo breve passo del Vangelo, in cu, i il Figlio di Dio si rivela nella semplicità e povertà del suo essere uomo come tanti, e, tuttavia, è egli stesso Dio, la cui presenza deve esser colta nelle situazioni esistenziali ordinarie, nella quotidianità della vita, nel volto di ogni uomo o donna per i quali Egli si è incarnato.

Se Cristo ha affrontato il disprezzo, la solitudine e il discredito, è perché è necessario che essi siano eliminati e gli uomini si accolgano gli uni gli altri, come fratelli, figli dello stesso Padre e redenti dallo stesso Sangue.

E' questo il vero valore dell'uomo, la sua vera dignità, o, come Paolo scrive, il vero vanto: "...mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò, mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte." ( 2 Cor.12,10 )

Ma c'è un passo, sempre di Paolo, che può far da splendido commento al Vangelo di questa domenica, in cui abbiamo visto un Cristo disprezzato e misconosciuto, è un passo della prima lettera ai Corinti che recita:" I Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi prediciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole, per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato, e ciò che è nulla, per ridurre a nulla le cose che sono» (1 Cor 1, 22 25.27 28).

Abbiamo bisogno di occhi contemplativi, per cogliere il Cristo presente in ogni uomo, nel povero, nel piccolo, nell'emarginato, per sperimentarlo presente in noi, sopratutto quando ci ritroviamo deboli e siamo tentati di giudicarci inutili.

Sr. M. Giuseppina Pisano o.p.
Monastero domenicano SS.mo Rosario
mrita.pisano@virgilio.it

 

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