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TESTO Gesù è Signore della vita

Paolo Curtaz  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/07/2006)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

La figlia di Giairo ha dodici anni.
Da dodici anni l'emorroissa soffre di perdite di sangue.

Dodici è il numero della totalità in Israele, Marco oggi ci parla di due situazioni in cui descrive il massimo del dolore, la totalità della disperazione, l'apoteosi della tragedia, quando la barca viene travolta dalla tempesta.

La donna emorroissa non solo è ammalata e ha girato senza risultato da tutti i più famosi medici del paese senza risultato. La sua condizione la rende impura, non può toccare nessuno senza renderlo impuro. Non ha vita affettiva, né rapporti sessuali, forse non ha famiglia né amicizie: la sua condizione la rende sola.

Giairo è disperato: esiste un dolore più devastante della morte di un figlio?

La donna si avvicina timidamente, non vuol farsi notare. Non osa chiedere nulla al Maestro, come potrebbe? Decide di osare, di trasgredire la legge: lo tocca.

Poco, lo sfiora appena, il mantello, certamente non se ne accorgerà.

Potenza
"Chi mi ha toccato?"

La donna sbianca, gli apostoli si fermano nel tentativo di tenere a distanza la folla.
"Non vedi Rabbì? Tutti ti toccano!".

No, ha ragione Gesù: in mille gli si sono fatti vicini, ma una sola lo ha toccato.

Ha toccato il cuore di questo Cristo di Dio, gli ha rubato la forza ed è guarita.

La malattia non è forse lo squilibrio della nostra armonia interiore?

Il Signore si lascia derubare, la sua forza dona guarigione e salvezza a questa donna che si ritiene inadatta, incapace, condannata. Gesù ci guarisce nel profondo, ci salva da ogni disarmonia.

Continua il suo cammino Gesù, gli apostoli lo guardano straniti.

Gesù guarda la donna con un lungo sguardo, come lo sguardo di Gesù che sceglie i discepoli.
Gli altri, la folla, gli apostoli stessi non sanno.
Lui, il Rabbì, e la donna sì, sanno bene cosa è successo.

La gente esce fuori dalla casa di Giairo urlando: la ragazza è morta.
Gesù insiste, entra, dice che dorme. E viene deriso.
Come?

Viene deriso? Che gente è che prima urla e un secondo dopo deride? Che dolore finto è il loro se si prendono la briga di denigrare l'affermazione del Nazareno? Che cattivo gusto hanno queste persone che passano dalla disperazione alla burla?
Ipocriti, finti, fasulli.

Dolore di facciata, malvagità a malapena repressa, bieca esteriorità.

Gesù invece sa. Lui che piangerà davanti all'amico Lazzaro conosce, partecipa, si lascia coinvolgere. Darà la vita per Lazzaro, per noi, per me.

Il nostro Dio non è indifferente, non finge di soffrire.

Continua ad avere fede

Domenica scorsa Gesù diceva agli apostoli impauriti: "Non avete ancora fede?" e, oggi, all'emoroissa Gesù dice: "Va, la tua fede ti ha salvato" e a Giairo: "Non avere paura, solo continua ad avere fede".

Questa è la differenza sostanziale tra gli apostoli che pure toccano Gesù senza risultati e la donna ammalata, questo il solco che si crea tra Giairo e i suoi parenti che addirittura deridono il buonumore a parer loro farneticante di Gesù: la fede.

La fede placa le tempeste interiori, la fede ci guarisce dalle ferite interiori, la fede ci risuscita. Questa è la riflessione di Marco.
E la nostra, spero.

Sorella morte

L'atteggiamento del cristiano di fronte alla morte è la fede.

La morte è e resta il più inquietane interrogativo del destino dell'uomo e, anche sulla possibilità della reale bontà di Dio.

Se Dio è buono, perché la morte? Gesù è venuto a darci una buona notizia anche sulla morte.

Come ci svela la splendida pagina della Sapienza, il nostro è un Dio amante della vita.

Noi crediamo di essere stati creati immortali, e di essere nelle mani di Dio. Questa vita che viviamo, la viviamo proiettata nel futuro come una pienezza.

Il dolore del distacco, della morte, ci viene presentato da San Paolo come le necessarie doglie di un parto che danno alla luce una nuova creatura.

Questo Dio tenerissimo che solleva la figlia di Giairo è colui che ha per noi un destino di vita e di Risurrezione.

Basta? Non lo so, davvero. Ai tanti Giairo cui muore la figlia non so se basta.

Elemosiniamo certezza e salvezza, la fede è solo una flebile fiamma per attraversare il mare in tempesta.

Mi fido, amici, mi fido con tutta la mia disperazione, e ai fratelli che leggono queste parole addito il Figlio di Dio che ci solleva dalla tenebra.

Infine consideriamo le tante morti interiori da cui dobbiamo risorgere: la fanciulla, segno di autenticità, di purezza, spesso giace immobile nella nostra vita; troppe le delusioni, le stanchezze, per essere ancora ottimisti. Da quale morte interiore dobbiamo risorgere?

Solo, abbiamo fede, questo il Signore Gesù ci chiede per una nuova vita in Lui.

Il Rabbì oggi ci dice: "Talità kum!"

Agli amici che si sono prenotati nell'ultimo mese alla Villa di Valtournanche; a Omero hanno rubato il portatile e ha perso i dati, inviategli una nuova mail!

Libri di Paolo Curtaz

 

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