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TESTO Commento su Os 14,4

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Venerdì della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (09/07/2004)

Brano biblico: Os 14,4 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più "dio nostro" il lavoro delle nostre mani, poiché presso di te l'orfano trova misericordia.

Come vivere questa Parola?

Osea, dopo aver espresso con termini appassionati l'amore tradito di Dio, ora si fa interprete del Suo invito a tornare a Lui. La via è l'umile riconoscimento del proprio peccato espresso in immagini particolarmente eloquenti. "Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più 'dio nostro' l'opera delle nostre mani". Saremmo portati a leggerle con un certo distacco. "Assur" ci rimanda alle alleanze politiche. La cosa quindi non ci tocca direttamente e personalmente. Ma un esame più attento mette facilmente in luce le molte "alleanze" che senza neppure più farci caso andiamo stringendo lungo la giornata per sostenere la nostra debolezza. È la ricerca eccessiva di appoggi umani, di consensi ottenuti magari circuendo le persone e conservati anche a costo di "svendere" noi stessi e di barattare la verità. Ci sono poi i cavalli della superbia e dell'orgoglio che ci lanciano nella mischia di guerre capaci di minare le relazioni all'interno dello stesso nucleo familiare. E infine il frutto delle nostre mani indebitamente idolatrato. È l'esaltazione spinta fino alle estreme conseguenze delle conquiste realizzate. Basta pensare alla manipolazione genetica che dà all'uomo l'ebbrezza di sentirsi "creatore" e di poter gestire la vita a piacimento, e, a livelli più accessibili, alla ricerca sfrenata di accaparrarsi mezzi, strumenti, cose di cui far sfoggio per affermare noi stessi, o all'invidia che ci corrode quando temiamo che le nostre doti e capacità siano messe in ombra da quelle degli altri. Alla radice di tutto la subdola, anche se inconscia, pretesa di sostituirsi a Dio. Questo è il peccato. Dio allora sarebbe geloso della propria signoria? La risposta la troviamo in ciò che segue: "poiché presso di te l'orfano trova misericordia". Ecco: i nostri "dei" non sono sorgente di vita, ma di morte, mentre Dio è Colui che si prende cura anche della vita più esposta, più minacciata come quella dell'orfano, emblema della massima debolezza. Dio non è geloso, ma amante dell'uomo e della vita. Tornare a Lui è "affondare le radici come un albero del Libano", è trovare la propria consistenza e fecondità.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, verificherò la consistenza del mio affidarmi a Dio. La ricerca dell'altro è nella linea della collaborazione, dell'umile richiesta e offerta di aiuto fraterno o è la copertura di una sottile sfiducia nei riguardi di Dio?

Donami, Signore, di fondare la mia vita sulla roccia del tuo amore che non viene mai meno, senza con ciò rifiutare orgogliosamente la mano tesa del fratello.

La voce di un certosino del XVI secolo

Considera la tua immensa ingratitudine, e senza tener conto di ogni tua propria soddisfazione convertiti con robusta e stabile carità a Dio, come al tuo fedelissimo amico, il quale né vuole né può allontanare da sé alcuno che ricorra a lui con fiducia.
Lanspergio

 

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