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TESTO Commento su Os 11,3-4.8

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Giovedì della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (08/07/2004)

Brano biblico: Os 11,3-4.8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione.

Come vivere questa Parola?

Questo è quel volto di Dio che in fondo in fondo ancora facciamo fatica a riconoscere. Nell'uomo permane, l'immagine trasmessaci da Adamo, il primo uomo che, consapevole della propria colpa, tenta di sottrarsi al Suo sguardo: "Ho avuto paura e mi sono nascosto". Sì, è ancora troppo radicata in noi l'idea di un Dio terribilmente esigente, pronto a punire ogni minima trasgressione. Eppure tutta la Sacra Scrittura, fin dalle prime pagine, non fa' che evidenziare esattamente il contrario. Non è proprio questo Dio a promettere ad Adamo ed Eva la redenzione e a continuare a prendersi cura di loro ("Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì")? Nel testo propostoci dalla liturgia odierna si allude al tempo dell'esodo, il tempo del deserto della prova, di cui Dio stesso, attraverso la parola di Osea, ci dà la chiave di lettura: "Io insegnavo a Efraim a camminare tenendolo per mano". Nella sua divina pedagogia Dio permette la prova, proprio come un papà che non toglie tutti gli ostacoli dinanzi al figlio e talvolta interviene anche con la punizione, ma perché cresca comprenda le conseguenze delle scelte sbagliate e diventi capace di affrontare la vita. Lui però è là, dietro le sue spalle, a infondergli sicurezza coraggio, pronto a sostenerlo e a rialzarlo. Anche nelle ore del dolore e del buio, Dio ci conduce "con legami di bontà, con vincoli d'amore". È chino su di noi come la mamma che imbocca pazientemente il suo piccolo mentre questi si agita inseguendo con lo sguardo ciò che in quel momento lo attrae. Se imparassimo a percepire questo abbraccio! Le nostre stesse colpe si trasformerebbero in occasioni per meglio comprendere questo cuore di Padre che "si commuove" per me, per la mia debolezza, che "freme di compassione" per il mio degrado. No, Dio non "fa l'offeso", dinanzi ai miei peccati. Dio si strugge di dolore perché questi demoliscono colui che Egli ama infinitamente.

Oggi, nel mio rientro al cuore, proverò a immergermi consapevolmente nell'abbraccio del Padre. Lascerò che il mio cuore ne senta tutta la dolcezza e, a sua volta, s'infiammi d'amore. Porterò poi il mio sguardo sui miei peccati, ma in modo nuovo, guardandoli dal punto di vista di Dio. Sentirò allora gorgogliare dentro di me un dolore nuovo, che non mi spinge a "nascondermi", bensì a tuffarmi tra le sue braccia.

Donami, Signore, la vera compunzione del cuore. Quel dispiacere che nasce dalla consapevolezza di aver tradito il tuo amore e non dal mio ego mortificato. E trasforma ogni mia colpa, ogni prova in una rinnovata occasione di sperimentare il tuo amore.

La voce di un saggio antico

Egli mi svelò se stesso, senza riserbo, candidamente. Ed io non tremai, quando lo vidi, perché è Lui la mia clemenza. Egli divenne come la mia natura, perché imparassi a conoscerlo, e come il mio sembiante, perché da Lui non mi ritraessi.
Dalle "Odi di Salomone"

 

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