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TESTO Toccare Gesù

don Marco Pratesi  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/07/2006)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il brano evangelico narra due fatti incastrati l'uno dentro l'altro: la risurrezione della figlia di Giairo e la guarigione dell'emorroissa. Questo modo di procedere spinge il lettore a collegare strettamente i due fatti, in modo che, da questo accostamento, emerga un insegnamento ulteriore rispetto alla considerazione dei fatti presi isolatamente.
I due fatti presentano analogie e diversità.

Giairo cerca la guarigione della figlia, la donna la propria. Giairo si getta ai piedi di Gesù e implora, la donna cerca quasi di carpire inosservata il miracolo, e solo dopo è indotta a mettersi in gioco e rivelarsi. La donna sperimenta una guarigione istantanea, mentre Giairo, dopo aver pregato, deve passare addirittura per un aggravamento della situazione, per una nuova sfida alla sua fede. La donna vive da sola il suo dramma, Giairo è sempre circondato dalla considerazione sociale.

La donna vive da tempo una vita indebolita e stremata, e ha alle spalle una lunga storia di lotta perdente col male; la bambina non fa a tempo a entrare nel vivo dell'esistenza che già è colta dalla morte (questo accostamento è stimolato ulteriormente dal numero dodici, gli anni della bambina e della malattia dell'emorroissa). In tutti e due i casi la salvezza viene mediante un contatto fisico; ma mentre la donna è attiva, è lei a toccare le vesti del Rabbi, la bambina è totalmente passiva: Gesù, con gesto delicato e commovente, le prende la mano e la solleva. Nel secondo Gesù appare quasi inconsapevole di quanto è accaduto, nel secondo è appare sovranamente signore della morte.

Che cosa significa tutto questo? Che la fede, il vero elemento centrale di questi racconti, è efficace nelle situazioni e nelle storie più diverse.

La fede opera la salvezza sia che si preghi per sé che per altri; che si sia in una fase o in altra del proprio cammino spirituale; può essere esaudita presto o conoscere ulteriori sfide; può salvare da ogni male, e la salvezza può arrivare dopo uno sforzo intenso e senza alcuna attività.

La sua efficacia non dipende dalle modalità esteriori o interiori, ma dal fatto che essa rende possibile, in vario modo, il contatto col Signore. Mediante questo contatto, la sua forza vitale passa dentro di noi e opera, in mille modi, la salvezza. Essa è liberazione dai vari mali che fiaccano la nostra vitalità, fino a estinguerla del tutto.

Eucaristia e Parola ci aprono con particolare forza il contatto con Gesù: a noi la possibilità di avere un accostamento sterile, come quello della folla che lo spinge da ogni lato, oppure di 'toccarlo' davvero, nell'affidamento, e in questa relazione trovare la vita.

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio sia vera adesione col Signore, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:

Affidandoci pienamente a Gesù Salvatore, preghiamo il Padre come lui ci ha insegnato:

 

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