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TESTO "Chi ha toccato il mantello della fede"?

padre Gian Franco Scarpitta  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/07/2006)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Miracoli e miracoli. Se ne leggono parecchi nella Scrittura e quelli riportati specialmente dai Vangeli sinottici attirano maggiormente l'attenzione per il fatto che mettono in relazione Gesù con i suoi interlocutori, ossia con coloro che chiedono un suo intervento prodigioso.

Vi sono miracoli di guarigione che Gesù realizza dietro richiesta esplicita, come nel caso del lebbroso guarito dalla sua piaga di impurità o del cieco nato alla piscina di Siloe; ve ne sono altri che avvengono in seguito a richiesta soltanto implicita o indiretta, quali la guarigione del servo del centurione che non voleva la presenza di Gesù nella sua casa e altri che si realizzano non senza qualche obiezione iniziale o attitudine di indifferenza da parte del Signore stesso, come nel caso della donna la cui figlia era tormentata da un demonio ("Non sta bene gettare il cibo dei propri figli per darlo ai cagnolini") o nella mutazione dell'acqua in vino a Cana di Galilea (Non è ancora giunta la mia ora). Così pure vi sono miracoli di resurrezione dai morti che Gesù compie di sua iniziativa, anche indipendentemente dalle aspettative dei suoi interlocutori, come nel caso della resurrezione di Lazzaro, nel quale Marta, la sorella del morto, è addirittura ben lungi dal chiedere un intervento miracoloso e sembra essere ben refrattaria alla possibilità che il fratello possa tornare in vita (ormai manda cattivo odore perché è di quattro giorni); così pure la pesca miracolosa nella quale Gesù sembra anche dover convincere i discepoli: "Gettate dall'altra parte e troverete"; ancora, altri miracoli passano quasi inosservati nella loro descrizione e di altri ancora si fa solamente qualche cenno.

Tutti gli episodio prodigiosi di Gesù sono legati tuttavia da un comune denominatore: la fede.

In qualsiasi circostanza essi avvengano, non mancano mai di richiedere come condizione sufficiente e necessaria che si riponga fede in lui, il Signore Gesù Cristo Figlio di Dio che è venuto nel mondo per instaurare il suo Regno ed eliminare definitivamente la morte, il male e il peccato.

Solo in conseguenza di questa fede in lui si ottiene la guarigione, l'esorcismo o la resurrezione dei morti mentre nulla che possa apparire come evento magico o gratuito esibizionismo si verifica mai negli atti miracolistici di Gesù.

Questo è sempre stato chiaro e risaputo, ma diventa ancora più evidente quando si legge con attenzione il miracolo di guarigione dell'emorroissa, di cui al brano evangelico di oggi.

Attenzione: questo è forse l'unico miracolo (almeno stando alle versioni dei Vangeli) che avviene di soppiatto, senza che l'interessata interpelli il Signore direttamente, ma semplicemente con un semplice sfioramento che la stessa opera sulla frangia del mantello di Gesù: con questo gesto timido ma carico di fede e di speranza nel Signore immediatamente si arresta il flusso di sangue che fuoriusciva dal corpo di quella povera donna ormai da ben dodici anni e che aveva inutilmente impegnato decine di medici e periti; ne consegue – cosa anch'essa del tutto unica nei vangeli – lo smarrimento e la perplessità di Gesù che avverte che "una potenza (in Luca una "forza") fuoriesce da lui", quasi si trattasse di un fluido magico o di un'energia che gli è stata appena rubata, sicché fra lo sbigottimento dei discepoli domanda: "Chi mi ha toccato il mantello?"

Il fatto merita di essere visto con dovizia di particolari, ma per uscire immediatamente da questo groviglio esegetico cercheremo di capire direttamente come stanno le cose precisando innanzitutto che, come appunto più volte si è ripetuto, è la fede nel Signore a meritare sempre i miracoli; questa fede in Lui Salvatore e Signore è sufficiente e produce i suoi effetti anche quando Gesù sembra essere lontano o assente da noi, o comunque anche in quelle circostanze nelle quali ci sembra non avere occasione di "parlare" direttamente con lui: basta riporre in lui la nostra fiducia radicata e certa, il nostro abbandono disinvolto alla sua parola e porci alla sequela dei suoi atti per vivere intensamente di lui nella nostra vita per ottenere che, la grazia di Dio suo tramite si riversi su di noi, fossimo anche lontani migliaia di chilometri.

Ecco allora il vero senso della domanda di Gesù: "Chi ha avuto fede in me Figlio di Dio, tanto da ottenere un miracolo (forza) anche a mia insaputa? Voglio saperlo, per approvare la sua fede che lo ha salvato dal suo male e per garantire su di lui la continua presenza del Padre che lo ama e che concede queste e altre misericordie." Gesù cos' riafferma che la potenzialità della fede nei suoi confronti è proficua perfino senza la necessità che egli si intrattenga con i suoi discepoli giacché essi hanno già instaurato un colloquio ampio e profondo con Lui attraverso la loro predisposizione alla fede e alla speranza.

Il che non può non esserci di sprone a riscontrare sempre e in tutti i casi la presenza certa del Signore in tutte le circostanze della vita, anche quando questi ci sembri "lontano" e irraggiungibile come nel caso della disperazione e del dolore diventato insopportabile al punto da non lasciare spazio alla fiducia: nella fede, che è il fondamento delle cose che si sperano e la prova di quelle che non si vedono (Ebrei) noi avvertiamo la presenza continua del Signore pronto ad operare in noi la guarigione dai mali fisici e morali e a risollevare le nostre sorti.

Oltretutto il senso reale del miracolo quale vittoria di Gesù sulla malattia e sulla morte risiede nel suo essere Signore e Dominatore del male e nell'essere vittorioso sulla morte e che in Lui si porta a compimento la vittoria sulle forze del male per la resurrezione e la gloria definitiva riservata a tutti; così anche prevede il libro della Sapienza (I Lettura) che sottolinea la volontà di Dio di creare la vita e l'immortalità per tutti sempre che non siamo noi a procacciare per noi stessi il morbo della morte attraverso il peccato che equivale al rifiuto di Dio per l'adesione al Diavolo, artefice di tutti i mali e di sottili astuzie che conducono alla disgregazione e alla perdizione dell'uomo.

I fatti miracolosi attestano che la vittoria di Cristo sul male e sulla morte è definitiva e che siamo stati salvati e rendenti dal suo intervento nella scena del mondo e della storia, tuttavia non potranno mai avere il dovuto effetto fino a quando alla fede, alla speranza e all'amore si vorranno sostituire elementi di peccato, sfiducia e malessere fisico e morale che saranno sempre lesivi per l'uomo

 

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