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TESTO Commento su Giovanni 10,11-18

mons. Ilvo Corniglia

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (07/05/2006)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Pietro ha appena guarito uno storpio. Ora si trova davanti al tribunale giudaico. Ai giudici, che qualche mese prima avevano condannato Gesù, dichiara con franchezza che il miracolo non lo ha compiuto lui con un suo potere personale, ma "Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti" (At. 4,10: I lettura). Egli è talmente vivo e operante attraverso il suo discepolo da restituire l'integrità fisica a un malato. Tale guarigione è segno di una salvezza globale (liberazione dal peccato e dalla morte, vita eterna nella comunione con Dio) che Gesù dona a tutti gli uomini e solo Lui può donarla. Pietro infatti aggiunge un'affermazione solenne, che non consente interpretazioni riduttive: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati". Gesù, crocifisso e risorto, è il Salvatore unico e universale. Lui solo può salvare. Tutti hanno bisogno di essere salvati da Lui. Condividendo questa confessione di Pietro, i cristiani non disprezzano le altre religioni, non negano la salvezza ai non cristiani, ma riconoscono - con immensa gratitudine - che Gesù è la sorgente della salvezza per ogni uomo, qualunque sia la via che percorre per raggiungerla. Agenzie assicurative, "maghi" di ogni specie promettono ai loro "clienti" salute, sicurezza economica, gratificazioni affettive, soluzione di ogni problema. Ma la "salvezza"- cioè la risposta totale al bisogno di felicità, di vita, di amore, di cui è impastato il cuore dell'uomo - è legata soltanto a Gesù Cristo. La "salvezza" - che è rapporto filiale con Dio destinato all'incontro immediato e beatificante con Lui ("lo vedremo così come Egli è": 1Gv. 3, 1-2. II lettura) - è dono soltanto di Gesù. "In nessun altro c'è salvezza". Egli è la "pietra angolare". Ed è il nostro "pastore".

Nell'A.T. la relazione fra Dio e il suo popolo è spesso presentata come il rapporto fra il pastore e il suo gregge. Ricordiamo per es. Ez. 34 e il Sal. 23: "Il Signore è il mio pastore. Non manco di nulla". In questi testi emerge l'attenzione premurosa di Dio Pastore nei confronti del suo popolo e del singolo fedele, la conoscenza reciproca, la comunanza di vita, il suo impegno di ricuperare ogni fedele smarrito o ferito e di radunare tutti i dispersi.

Nel brano evangelico di oggi Gesù, con un'audacia che doveva sorprendere il suo uditorio, applica a sé il medesimo ruolo di guida e di salvatore svolto da Dio nell'A.T..

Bisognerebbe sostare a lungo in contemplazione davanti al ritratto incomparabile che Gesù offre di sé come "il buon pastore". Per tre volte si definisce così. Letteralmente: "Io sono il pastore bello", cioè autentico, perfetto, l'unico pastore, il modello di pastore supremamente realizzato. Quali sono i suoi connotati specifici? Gesù li delinea in contrasto e in polemica con i "falsi pastori": i capi del popolo che lo osteggiavano, ma anche quanti in ogni tempo tradiscono la propria responsabilità, non curando il bene della gente loro affidata. Gesù li chiama "mercenari", ai quali non sta a cuore il gregge, ma il vantaggio che possono ricavarne. Per cui, davanti al pericolo si defilano o si danno alla fuga. Invece il pastore vero, che è Lui, vive col gregge e con ogni singola pecora una relazione amicale profonda: "Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me". Non si tratta di una conoscenza sterile e disimpegnata, ma di un rapporto vitale, di un interessamento dinamico e concreto che provoca la risposta e diventa quindi coinvolgimento reciproco: Egli ama personalmente ciascuno dei suoi ed è riamato personalmente.

Tale rapporto non è qualificato da una carica affettiva puramente umana, ma si radica in quella comunione profondissima che lega il Figlio col Padre: "...come il Padre conosce me e io conosco il Padre". Attraverso Gesù è l'amore divino del Padre che si riversa in pienezza sul gregge e su ogni singola pecora. Nella relazione personale con Gesù è l'amore che parte dal circuito della Trinità e lì ritorna coinvolgendo e trascinando ciascuno di noi. Tutto questo genera la pace e la sicurezza indicibile del cristiano.

"...E offro la vita per le pecore". Una dichiarazione che ha dell'incredibile, ma che non gli è sfuggita in un momento di distrazione o di rapida euforia affettiva. Ricorre infatti per ben cinque volte con cadenza martellante in un testo pur breve. Ecco chi è Gesù per noi, per me: colui che ci guida, ci nutre, ci salva, ci ama fino a dare la vita. Letteralmente "depone" la sua vita nella mani del Padre, se ne priva in favore del suo gregge. Ecco ciò che caratterizza nel modo più originale la relazione di Gesù con i suoi: "Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore". Si comprende anche in che senso Gesù è "il pastore bello". Tale bellezza consiste nell'amore con cui si lega a ognuno dei suoi e lo ama fino al dono della propria vita. In altri termini, la Bellezza vera è l'Amore che in Dio unisce i Tre e che si rivela pienamente nella Croce e Risurrezione, esercitando un fascino irresistibile agli occhi della fede. La Bellezza è il Crocifisso-Risorto. Niente è così bello come dare la vita per amore.

Tale relazione tra Gesù e i suoi non si restringe alla cerchia dei discepoli attuali, ma ha un'apertura universale: "E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore". Tutti i pagani e gli uomini di ogni tempo sono candidati ad appartenergli e a divenire "un solo gregge e un solo pastore". Questa espressione dice l'unità vivente che formeranno quanti nella storia gli apparterranno. Dire "un solo gregge" è dire "un solo pastore" e viceversa.

La comunione con Gesù buon Pastore non può ridursi a un rapporto individuale e intimistico. Se apparteniamo a Gesù, non è per godere della sua compagnia e per consolarci a vicenda. Ma dobbiamo trasmettere al mondo, nella gioia che trasfigura i nostri volti, l'esperienza di chi è "conosciuto"dal buon Pastore e a sua volta lo "conosce" e "ascolta la sua voce". Dobbiamo essere trasparenza limpida dell'unico e vero Pastore che serve fino a dare la vita. In effetti, per Gesù, la "vocazione all'amore", che è di tutti, è "vocazione al servizio" e "servire" è "dare la vita". La 43° Giornata Mondiale di preghiera per la Vocazioni, è un'occasione per riflettere seriamente su tale responsabilità. Il Signore Gesù oggi vuole rendere presente e visibile il suo servizio di buon Pastore attraverso l'amore concreto di tutti i battezzati e, in forma privilegiata, attraverso le vocazioni di speciale consacrazione: ministero ordinato, vita religiosa, missionaria etc.. Soprattutto i ragazzi, le ragazze, i giovani non possono eludere la domanda: "Perché non io?". Forse il Signore alla tua risposta ha legato la felicità tua e di molte altre persone.

La Giornata odierna ha come tema "La Vocazione nel mistero della Chiesa". Alcuni stralci dal messaggio del Papa: nella Chiesa "siamo chiamati a vivere da fratelli e sorelle di Gesù, a sentirci figli e figlie del medesimo Padre...Nel quadro di questa chiamata universale Cristo, nella sua sollecitudine per la Chiesa chiama, in ogni generazione, persone che si prendano cura del suo popolo; in particolare, chiama al ministero sacerdotale uomini che esercitino una funzione paterna...La missione del sacerdote nella Chiesa è insostituibile...Un'altra vocazione speciale, che occupa un posto d'onore nella Chiesa, è la chiamata alla vita consacrata:...molti uomini e donne si consacrano a una sequela totale ed esclusiva di Cristo...

Memori della raccomandazione di Gesù: 'La messe è molta, ma gli operai sono pochi!| Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe! (Mt 9,37)', avvertiamo vivamente il bisogno di pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata...".

"O Padre, donaci santi ministri del tuo altare, che siano attenti e fervorosi custodi dell'Eucaristia, sacramento del dono supremo di Cristo per la redenzione del mondo.

Chiama ministri della tua misericordia, che mediante il sacramento della Riconciliazione diffondano la gioia del tuo perdono.

Fa', o Padre, che la Chiesa accolga con gioia le numerose ispirazioni dello Spirito del Figlio Tuo e, docile ai suoi insegnamenti, si curi delle vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata.

Sostieni i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e tutti i battezzati in Cristo, affinché adempiano fedelmente la loro missione al servizio del Vangelo. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.

Maria, Regina degli Apostoli, prega per noi!".

Riesco a intuire che la vita cristiana, descritta da Gesù come relazione personale con Lui, merita di essere vissuta in modo diverso? Chi è Lui per me? E io per Lui?

Ho veramente scoperto la mia "vocazione nel mistero della Chiesa"? In che misura mi sento responsabile delle vocazioni di speciale consacrazione, anzitutto con la preghiera?

 

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