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TESTO Mistero di bellezza

don Marco Pratesi  

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (07/05/2006)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,11-18

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Il Vangelo di oggi ci guida a leggere in profondità il mistero pasquale di Cristo.

"Il Padre mi ama perché dono la mia vita". Il Figlio è disceso dal cielo non per fare la propria volontà, ma quella di colui che l'ha mandato. Realizzare il progetto del Padre è il suo cibo; e quel progetto era appunto che il figlio offrisse la propria vita: "questo comandamento ho ricevuto dal Padre mio".

Il Padre voleva salvare gli uomini, e Cristo ha voluto accogliere nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, ha voluto "tradurlo" in linguaggio umano, comprensibile agli uomini: il sacrificio di Gesù è l'espressione libera e consapevole della sua comunione d'amore con il Padre. La sua passione è un gesto di libertà: "Nessuno mi toglie la vita, la metto a disposizione da me stesso".

Così come è sovrano nel dare la vita, è sovrano nel riprenderla: "Io offro la mia vita, per poi riprenderla; ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla". Non ci lasciamo trarre in inganno: Gesù non riprende indietro il suo dono! Il fatto è che un tale amore non può restare a mani vuote, senza frutto, sterile: l'amore autentico è necessariamente fecondo di vita.

In particolare, il gesto di amore di Gesù fa di lui il vero, unico buon pastore degli uomini, e fa nascere la Chiesa, comunità di coloro che accettano il suo servizio di pastore. In questo gregge ognuno si sente amato e accolto come persona dal Pastore, "chiamato per nome" in un rapporto di reciproca, intima conoscenza.

Tutto questo è davvero bello. E la Chiesa è il luogo della bellezza che salva, il gregge del "bel pastore".

"La bellezza del Pastore sta nell'amore con cui consegna se stesso alla morte per ciascuna delle sue pecore e stabilisce con ognuna di esse una relazione diretta e personale di intensissimo amore. Questo significa che l'esperienza della sua bellezza si fa lasciandosi amare da lui, consegnandogli il proprio cuore perché lo inondi della sua presenza, e corrispondendo all'amore così ricevuto con l'amore che Gesù stesso ci rende capaci di avere" (Martini). Ecco il nostro compito. Così la salvezza potrà raggiungere tanti attirandoli al "più bello tra i figli dell'uomo", Cristo Signore.

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio sia incontro con l'amore del buon pastore, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:

Seguendo l'insegnamento del buon pastore, preghiamo come il Signore ci ha insegnato:

 

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