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TESTO Commento a GV 10,11-18

Suor Giuseppina Pisano o.p.

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (07/05/2006)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

"... non vi è altro nome dato agli uomini, sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati». ( At 4,12 ); con queste parole, Pietro proclama agli anziani e ai capi del popolo, la divinità del Cristo Salvatore, morto e risorto, e, per mezzo della Chiesa, ancora lo proclama a tutti i popoli del nostro tempo.

Il bisogno di salvezza; sappiamo bene, quanto esso sia vitale, a tutti i livelli, da quello personale a quello sociale, politico, nazionale e mondiale; dalla salvezza fisica a quella psichica, a quella morale, e, via, via, in una gamma vastissima di specificazioni, fino alla salvezza ultima e definitiva, che è eterna comunione con Dio, visione di Lui, come Giovanni scrive:"... quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è." (1 Gv 3,2 )

Questa salvezza, ha una via, una "porta", attraverso la quale entrare, per usare sempre le immagini di cui l'evangelista Giovanni si serve, ed è Cristo, che la liturgia di questa domenica ci ripropone nella parabola del buon pastore, parabola che lo stesso Maestro interpreta, per gli uditori del tempo, come per noi oggi, e per gli uomini che verranno, fintanto che durerà questo mondo.

"In verità vi dico: Io sono la porta delle pecore...Io sono la porta, se uno entra attraverso me sarà salvo, entrerà e uscirà e troverà pascolo" ( Gv. 10,10 )

Anche se l'immagine del pastore, non è più familiare alla nostra cultura, così come lo era per l'antico Israele, tuttavia il simbolo è chiaro, dal momento che, ogni tempo e ogni popolo ha avuto le sue guide e il suoi capi; talvolta erano dei mercenari, talaltra, uomini illuminati, animati da grande spirito e grandi valori; tuttavia, nessuno di loro, che la storia ricordi, ha dato la vita, gratuitamente e incondizionatamente per il suo popolo.

Soltanto il Figlio di Dio, divenuto uomo, si è fatto carico del peccato ed è morto, per i peccatori.

Soltanto lui, Gesù, è l'unica guida, l'unico pastore che ha dato se stesso per noi, e ha pagato il nostro riscatto, col suo sangue, morendo sulla croce, come abbiamo contemplato e celebrato, la sera del venerdì santo.

«lo sono Il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore ..»; è questa la missione affidatagli dal Padre:

Di questa parabola, conosciamo anche la versione degli altri due evangelisti: Matteo e Luca, che con un tenero racconto, ci parlano di una pecora che, allontanatasi dall'ovile e dal gregge, vaga smarrita tra i monti e rischia d'esser divorata dai lupi.

Quella pecora lontana, così come il gregge, che stupidamente segue un qualunque mercenario, è il simbolo dell'umanità e del singolo, che vive lontano da Dio, e segue guide, o capi, o miraggi che non conducono alla salvezza, né temporale, e tanto meno eterna.

La lontananza da Dio, è la situazione di peccato, che ha segnato le origini e che ancora ci insidia;

l'amore del Padre, tuttavia, è ben più grande del peccato, della sua stoltezza e dell'abissale ignoranza umana che lo ha generato.

" Padre perdonali - dirà Gesù sulla croce - perché non sanno quello che fanno...! " ( Lc.23,34 )

E' il Figlio di Dio, che si offre, per riscattare e ricondurre a Lui tutta l'umanità, chiunque, in ogni angolo della terra, che voglia accogliere il dono della redenzione.

E' questa la realtà simboleggiata da quel Pastore, l'unico veramente buono, perché l'unico capace di renderci giusti, giustificandoci, con la sua mediazione, davanti a Dio.

E' Cristo, quel pastore che vaga per i monti, in cerca della pecora smarrita, finché non la ritrova, e, ritrovatala, se la mette sulle spalle e la riporta, felice, all'ovile, e lì fa festa con gli amici, perché il ritorno a Dio del peccatore, fa gioire il cielo.

E' un'immagine antica, che troviamo nel profeta Ezechiele al capitolo 34, là dove, appunto, egli parla, da parte di Dio, ai capi di Israele, paragonati a pastori che pascolano se stessi, e non si curano affatto delle pecore, le quali sono soltanto una preda di lupi voraci.

Ed ecco l'annuncio del Dio-Pastore, che verrà: l'annuncio del Salvatore:

" Si, così dice Dio, mio Signore: io stesso andrò in cerca delle mie pecore e ne avrò cura.. io passerò in rassegna le mie pecore e le trarrò in salvo, da ogni luogo dove furono disseminate nei giorni nuvolosi e tenebrosi...sarò io stesso a condurre al pascolo le mie pecore e a radunarle. Andrò a cercare quella perduta e farò tornare quella che si è allontanata; fascerò quella che si è fratturata, e curerò quella malata.....Io salverò le mie pecore..."

Nella pienezza dei tempi, questa antica profezia si è realizzata in Cristo, morto e risorto, che si proclama, e oggi nuovamente lo annunciamo, Dio- buon- pastore, che salva le sue pecore, dalle mani dei mercenari, che illudono e sfruttano, seppure non rovinano.

" Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre"

Il Pastore buono, è il Pastore che ama; è questa la pienezza del significato del verbo conoscere in tutta la Scrittura Sacra; esso comprende in sé tutte le sfumature dell'amare, che coinvolge tutte le potenze della persona: affetto, mente, cuore, volontà e attività. La conoscenza d'amore, non è mai inerte ed esige reciprocità; è questo il legame tra il pastore e le pecore; fuor di metafora, è il legame tra Cristo e i suoi, che credono in Lui, ne accolgono la Parola; e ne ricambiano l'amore.

E' bello, è consolante, come ogni dono di contemplazione, sapere che questa conoscenza d'amore con Cristo –Pastore, ci immette nello stesso circolo d'amore e di conoscenza, che lega il Padre e il Figlio, e che è, in definitiva, la vita Trinitaria, dal momento che l'Amore di cui si parla, altri non è se non lo stesso Spirito Santo, dono del Risorto.

L'amore del Pastore, come amore divino non può che essere infinito, e si manifesta

nell'infinito desiderio di salvezza: "...ho altre pecore, dice Gesù, che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. "

E' la consegna che Cristo farà a Pietro e, in lui, alla sua Chiesa, che ancora oggi, anzi oggi più che in passato, si impegna e si adopera, perché si affrettino i tempi in cui ci sarà un solo ovile ed un unico Pastore; tempi in cui cadranno diffidenze, ostilità e barriere, e gli uomini, tutti gli uomini che Dio ama e Cristo ha redento, saranno capaci di godere del dono dell'amore di Dio, come Giovanni insegna: " Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!

Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è." (1 Gv 3,1 2 )


Sr Mariarita Giuseppina Pisano o.p.
Monastero Domenicano SS.mo Rosario
mrita.pisano@virgilio.it

 

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