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TESTO Commento su Luca 24,35-48

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III Domenica di Pasqua (Anno B) (30/04/2006)

Vangelo: Lc 24,35-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,35-48

35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni.

Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle scritture e disse: "Così sta scritto: "Il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni" (Lc 45-48).

Come ai discepoli di Emmaus, con i quali si accompagna per un lungo tratto di strada e dai quali si fa riconoscere nello spezzare con loro il pane, Gesù apre a noi l'intelligenza delle Scritture. Non lo fa dall'alto di un pulpito o in una conferenza pubblica, ma per strada, in una sorta di pellegrinaggio in cui, nel tu per tu della confidenza reciproca, il cuore si apre all'ascolto di ogni fratello che ha un'anima di verità da proporci. Il messaggio di questa domenica è, come ogni domenica, un messaggio pasquale.

Il Cristo dovrà patire. ..

Gesù è venuto non per spiegare il mondo, ma per salvarlo. Per questo ha condiviso la condizione umana. Se vogliamo intercettare il Cristo e il suo messaggio dobbiamo dunque cercarlo non in una teologia astratta, e neppure nella sociologia che sta bene al sistema dei vincenti, ma all'interno della situazione esistenziale di ogni persona. Nel cuore stesso di un'etica che è la ricerca dell'autenticamente umano e di cui la cura delle persone è il culmine.

Si tratta di una condizione sofferente. Il 20% della popolazione mondiale ha in mano l'83% delle ricchezze disponibili sul pianeta; il 20% dei più poveri deve accontentarsi dell'1.4% delle risorse; 14 milioni di bambini muoiono prima di arrivare ai cinque anni di età; la globalizzazione sta rapidamente erodendo, grazie ad una rete mediatica sempre più invasiva, le culture locali originarie; si fa rapidamente strada una "società del rischio" che implica la distribuzione dei mali piuttosto che dei beni della società, e ne è un esempio tra i tanti la "deterritorializzazione" dei rischi derivanti dalle radiazioni nucleari non più confinabili entro uno spazio specifico né entro un segmento di tempo; file di profughi si ingrossano ogni giorno per attraversare gli immensi continenti dell'Africa e dell'Asia e trovare improbabile lavoro e pane nei paesi ricchi. Sì, il Cristo dovrà patire. Gesù soffre con tutti i sofferenti generati da tali situazioni, assume la forma dolorosa dell'esistenza di questo mondo, stando però non dalla parte di coloro che trionfano e opprimono, ma da quella di coloro – gli empobrecidos e i crocifissi della storia – che sono rifiutati. Ha accettato questa vita, questa debolezza, questa morte. Con la sua scelta rischiosa, stando con loro, le vittime e gli ultimi – e sappiamo che scegliere gli ultimi della fila non è facile – Gesù ha dimostrato per sempre che Dio è presenza d'amore.

...E il terzo giorno risuscitare da morte

Appunto perché doveva "salvare" il mondo, Gesù è risuscitato. La sua risurrezione segna la fine di ogni alienazione, perché non ha portato solo una salvezza "spirituale", non ha stabilito che l'esito finale dell'immane storia di sofferenze umane si limiti ad essere l'immortalità dell'anima e una pacificazione ultraterrena: questo sarebbe davvero alienante. Gesù non ha neppure cauzionato il trionfo dei potenti, dei prepotenti e degli oppressori, dei vincitori delle guerre, quasi che la storia umana fosse il luogo di una "selezione naturale", ma ha testimoniato che Dio accoglie i respinti, coloro che soccombono, i fragili, i condannati a morte, i giustiziati, i senza potere e i senza terra. Da questo i cristiani comprendono che Gesù è risorto, scoprendo la risurrezione nella storia che si dipana sotto i loro occhi e che è una storia sacra perché è una storia di progressiva liberazione.

Nel suo nome sarà predicata la conversione...

Per cogliere questo messaggio (che è tutt'altro che consolatorio) occorre un cambiamento radicale di mentalità (la conversione). Pentitevi, dunque, e cambiate vita perché siano cancellati i vostri peccati (At 3,19).

Convertirsi significa accogliere una nuova visione di Dio, senza la quale è impossibile accogliere una nuova visione dell'uomo. Occorre ripercorrere il faticoso cammino di Giobbe, vivendo addirittura nella propria esperienza intima l'ultima lacerante tentazione proposta sarcasticamente dalla moglie stessa all'uomo di Uz: ora che sei in questa condizione benedici Dio e muori.

Tutte le religioni cercano di far transitare l'essere umano dalla finitudine all'infinito, promettendo una vita oltre la morte e certo in questo senso sono religioni di salvezza. Ma il Cristo ha inaugurato, con l'incarnazione, un nuovo modello religioso, un'alleanza tra Dio e l'uomo, così che non è più possibile separare il volto di Dio da quello della sua creatura. Se questo è il Dio di Gesù, la conversione è un processo che interessa tutti: i signori potenti e i poveri Lazzaro, coloro che cercano un compromesso tra una religione alienata e i privilegi di cui godono, e coloro che ogni giorno chiamano Dio in giudizio, come Giobbe, per le loro sofferenze. Le Chiese, oggi sempre più timide nell'accettare il cambiamento, sempre più disposte a barattare elemosina con giustizia, credono davvero, pur proponendola, a questa conversione radicale?

Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice "lo conosco" e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto (I Gv 3,19).

...E il perdono dei peccati

Molte volte, in seguito a qualche episodio tragico e doloroso riportato con grande clamore dai media, l'intervistatore chiede alla vittima o ai suoi parenti se hanno perdonato l'aggressore. In questa domanda è sotteso un concetto di perdono molto ambiguo, molto superficiale. Il perdono è infatti un processo difficile, che non rimuove il male compiuto e che dunque richiede talvolta una vita per poter essere realizzato. Lo sanno bene le coppie in crisi, le mogli e i mariti traditi dal coniuge. Richiede di saper superare la legge, la stessa giustizia, senza negarla. Richiede la disposizione di saper amare gli altri così come sono e non come vorremmo che fossero. Il perdono è l'atto più sublime che un uomo e una donna possono compiere, il motore della storia del singolo e dell'umanità. Non si improvvisa, non è un gesto emotivo, ma razionale. Solo Dio è totalmente capace di perdono, perché solo lui crea e ricrea. Eppure la nostra conversione non può essere tale senza l'ispirazione a questo perdono totale, assoluto, di cui forse non saremo mai capaci, ma che va implorato ogni giorno. E' questa tensione che, in ultima analisi, ci fa testimoni della risurrezione di Gesù, che ci fa dire a tutta voce, come continuava a ripetere frère Roger di Taizé, che Dio non può che amare.

Questa tensione ci conduce a poco a poco alla pace, una pace attiva, ad una coscienza serena pur nella sofferenza:
Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene"?
Risplenda su noi, Signore, la luce del tuo volto.
In pace mi corico e subito mi addormento:

tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare (Sal 4).

Traccia per la revisione di vita

1) Qual è il nostro atteggiamento nei confronti della Parola di Dio? Siamo disponibili che egli apra la nostra mente all'ascolto e alla comprensione ("l'intelligenza") di quanto egli ci vuole dire?

2) Nella nostra vita di coppia e di famiglia ci presentiamo a Dio con i nostri progetti, i nostri percorsi, i nostri desideri, con un contratto sotto il quale egli debba solo mettere la sua firma, oppure siamo disponibili ad accettare che sia lui a fare il progetto per noi?

3) Che posto occupano gli ultimi della fila nella nostra vita? L'ultimo o il primo posto?

4) Siamo disponibili ogni giorno alla conversione del cuore? A cambiare strada quando questa ci allontana dagli altri? A ricercare, nei nostri modelli etici, l'autenticamente umano e la disponibilità alla cura delle persone?

5) Il perdono, all'interno della nostra coppia, della nostra famiglia o della nostra comunità, è un atto formale oppure un gesto quotidiano che nasce dalla consapevolezza che Dio ci perdona e ci ama ogni istante della nostra vita?

Commento a cura di Luigi Ghia

 

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