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TESTO Caro Tommaso…

Paolo Curtaz  

II Domenica di Pasqua (Anno B) (23/04/2006)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Cari amici: ogni anno mi ritrovo a meditare la splendida pagina di Tommaso, e ho sempre meno da dire. Perdonatemi se riciclo le riflessioni degli scorsi anni ma, rileggendole, ho deciso che va proprio solo bene così. Ringrazio voi per la pazienza e lui per la immensa fede.

Lettera a un credente
Caro Tommaso,

fa strano scriverti una lettera, ma ho deciso, dopo tanti anni, di schierarmi formalmente e solennemente dalla tua parte. Mi spiego meglio. Ogni anno, dopo l'ebbrezza della festa di Pasqua, puntualmente ti ritroviamo col Vangelo che ti riguarda. San Giovanni ci dice che il fatto, o meglio il fattaccio, è accaduto otto giorni dopo l'apparizione di Gesù a porte chiuse nel Cenacolo, la sera di Pasqua. Ora: sono stufo di vederti descritto come un incredulo. Su te abbiamo addirittura composto un proverbio "Tommaso, che non ci crede se non ci mette il naso" e, così, sei arrivato fino a noi con la falsa nomea di incredulo.

È il nostro consueto modo di leggere il Vangelo, col cervello in stand-by, ascoltando come se fosse una pia ed edificante favoletta, senza la voglia di approfondire ciò che dovrebbe nutrire la nostra vita e la nostra fede.

La fede di Tommaso

Eppure, Tommaso, leggendo bene il racconto di Giovanni, si capisce subito che tu al Rabbì ci avevi creduto, fin troppo, più degli altri. D'altronde, le uniche due volte in cui si parla di te nel Vangelo, hai dimostrato fegato ed entusiasmo.

La prima volta Gesù decise di salire a Gerusalemme, ignorando la pessima aria che tirava. Il rischio era reale: Gesù era malvisto dal Sinedrio che già complottava per farlo arrestare; malgrado questo, il Maestro decise di rischiare. Tu, Tommaso, dicesti: "Andiamo a morire con lui!" (Gv 11,16).

Poco dopo, quando Gesù parlò del suo destino, e chiese di essere seguito, tu gli chiedesti: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" al che, Gesù ti rispose "Io sono la via, la verità e la vita" (cfr Gv 14,5-6).

Poi, quelle maledette quarantotto ore. Tutti voi, Tommaso, eravate impreparati, straniti, distratti. La croce vi era piombata addosso come un treno in corsa, vi aveva spezzato l'anima, aveva travolto tutto. Non foste capaci di fare il benché minimo gesto, nessuna reazione, solo la paura e il dolore, la disperazione senza fine. Incredulo, tu? Andiamo! Piuttosto credulone, con l'entusiasmo che ti contraddistingueva tra i dodici.

L'incredulità

Sai, Tommaso, mi sono riconosciuto molte volte in te; ti ho visto nel volto di molti fratelli scoraggiati e delusi dopo aver dato l'anima per un sogno, un progetto. Più voli in alto e più – cadendo – ti fai del male. La croce, per te inattesa, aveva inchiodato il tuo Maestro e la tua vita, messo fine al tuo sogno.

E ti vedo – sbalordito, attonito – che ascolti i tuoi compagni.

Le tue ferite sanguinano copiosamente e questi – gioiosi – ti raccontano di averlo visto vivo, risorto. Non sai capacitarti di quello che dicono, e – soprattutto - di chi te lo dice.

Giovanni, che c'era, ha scritto solo la prima parte di ciò che hai detto: la frase durissima del "Non crederò" – per pudore, Giovanni è cortese e delicato – e non ha riportato le tue altre frasi, dette con la voce rotta dalla rabbia e dalla voglia di piangere.
Ma io le conosco e riporto la parte censurata:

"Tu Pietro? Tu Andrea?... e tu Giacomo? Voi mi dite che lui è vivo?

Siamo scappati tutti, come conigli; siamo stati deboli, non abbiamo creduto!

Eppure, lui ce l'aveva detto, ci aveva avvisati. Lo sapevamo che poteva finire così, e non gli siamo stati vicini, non ne siamo stati capaci. Ora, proprio voi, venite a dirmi di averlo visto, vivo? No, non è possibile... come faccio a credervi?"
Sai, Tommaso: hai ragione.

Incontro spesso cristiani come te, feriti dalla pessima testimonianza di noi discepoli, scandalizzati dal baratro che mettiamo tra la nostra fede e la nostra vita, increduli a causa della nostra piccolezza. Noi, discepoli del Maestro, che invece di essere trasparenza del Risorto, diventiamo filtro, e facciamo emergere le nostre fragilità, piuttosto che la luce luminosa che ci ha avvolti e cambiati.

Quanti ne conosco come te, Tommaso! Brava gente scossa dall'atteggiamento di un prete despota, giovani turbati dalle nostre comunità fiacche, cercatori di Dio scoraggiati dal nostro poco entusiasmo...

Ma – e questo è stupefacente – Giovanni ci dice che otto giorni dopo eri ancora con loro.

Non li hai mollati come a volte vedo fare, non ti sei sentito superiore, migliore, a parte. Hai voluto condividere la tua amarezza con loro, non hai pensato di fare una Chiesa alternativa, non ti sei sentito molto "liberal" e all'avanguardia. Come frate Francesco poverello farà, hai voluto convertire la Chiesa dal di dentro, senza uscirne.

E hai fatto benissimo: apposta per te è venuto il Maestro; vedi come ti ama?

Lo vedi ora; è lì, apposta per te. Ti mostra le sue piaghe, il costato.
Poi sorride e ti parla.

Lo so bene, Tommaso, e scusa se noi predicatori facciamo dei commenti discutibili: quella frase bellissima non è un rimprovero, Gesù non ti sta rinfacciando la tua incredulità, macché.

Le sue parole sono un immenso gesto d'amore. Mostrando le palme delle mani trafitte, ti sussurra: "Tommaso, so che hai sofferto tanto. Guarda: anch'io ho sofferto..."
E ti sei arreso, finalmente.

Hai lasciato la diga del pianto rompere gli argini, ti sei lasciato travolgere dall'amore e dalla fede, ti sei buttato in ginocchio e tu, primo tra i dodici, hai osato dire ciò che nessuno prima aveva osato neppure pensare: Gesù è Dio.

Preghiera a Tommaso

Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina.

Non credo sia un caso il fatto che il nostro comune amico Giovanni ti abbia soprannominato "didimo", cioè gemello: davvero mi assomigli. Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che – come te – non si sono ancora arresi al Signore: Carlo, che si occupa dei tossici e che a volte vorrebbe mollare tutto; Caterina, che vuole restare in missione e che l'ennesima guerriglia ha costretto a scappare; il mio amico parroco in Palestina, che parla di pace tra le fucilate; tutti quelli, insomma, bastonati come te.

E anche gli scandalizzati da noi cristiani: che guardino a Cristo piuttosto che ai suoi fragili discepoli.

A chi si è prenotato per i miei ritiri a Saint Pierre: c'è gente in lista d'attesa, se pensate di non venire avvisate il Priorato (0165 903823)!

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