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TESTO Dalla gioia delle palme al dolore della croce

padre Gian Franco Scarpitta  

Domenica delle Palme (Anno B) (09/04/2006)

Vangelo: Mc 14,1-15,47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:

Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.

28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. 36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». 37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

43E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».

50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.

55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. 57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58«Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. 60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». 62Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire con le nubi del cielo».

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. 28[..]

29Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!». 31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. 47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

Palme e rami di ulivo vengono lanciati su Gesù mentre fa' ingresso a Gerusalemme da parte della folla che ormai lo ha riconosciuto come Re e Signore delle genti e per questo gli rende i dovuti omaggi di esaltazione. Una palma può infatti alludere alla dignità e all'eleganza di chi merita un elogio, e in questo caso l'oggetto delle attenzioni e dell'amore del popolo è proprio chi ha manifestato di avere una certa superiorità sulla moltitudine a motivo della propria regalità e grandezza, e soprattutto di possedere delle caratteristiche del tutto speciali con cui detta regalità si accompagna, che non possono che provenire dal divino. In altre parole, il popolo accoglie ed esalta Gesù in quanto Re, Signore universale perché Dio. Si tratta infatti della fede nel Dio che si è fatto uomo per esternare il suo impero su tutta l'umanità in modo del tutto evidente e tangibile, mostrando nelle parole e negli atti la consistenza del suo Regno in modo tale che siano le sue stesse opere a parlare di Lui come Dio Signore; e pertanto non si può omettere, nel lancio delle palme e degli ulivi di sottolineare la sua grandezza e la sua onnipotenza.

Eppure, questa circostanza gioiosa destinata ad allietare tutto il popolo che si accalca attorno a Gesù, si trasforma molto presto in un'occasione di mestizia e di dolore.

Perché? Per il semplice motivo che nel suo regnare e governare e dispiegare onnipotenza e grandezza, Gesù rifugge le concezioni di predominio incontrastato sulla massa, il dispotismo e l'egemonia; il suo regno richiama piuttosto una condizione di servizio e oblazione continua: Gesù è Re non perché detta ordini ma perché si rende servo di tutti al punto di annichilire se stesso, rinunciare a tutte le garanzie e ai privilegi che gli proverrebbero in forza della propria autorità, privarsi di tutte le sicurezze e consegnarsi al patibolo di una morte atroce, sempre in vista del riscatto dell'umanità.

Il vero servitore che si prodiga per gli altri lo si riconosce non già dai suoi discorsi o dalla sua apertura o simpatia e neppure dalle stesse sue opere di generosità e nella disponibilità al servizio: molte volte può infatti avvenire che chi si mostra interessato e disponibile oltre misura verso gli altri prodigandosi sempre e in ogni caso nella generosità e disponibilità intenda solo millantare se stesso per il proprio vanto e la vanagloria, o cercare delle motivazioni per cui vantarsi ed esigere adeguati compensi. In certi casi specifici può anche soffrire di un malcelato disturbo patologico o avere una connaturale forma di ingenuità o inavvedutezza. Attenzione: non si vuole qui riprovare la persona umile e disponibile né biasimare chi si mostra sempre generoso e disponibile per gli altri (Vi sono tante persone umili e sincere), ma semplicemente affermare che non sempre è bene fidarsi di quanti fanno il bene incondizionatamente e senza pretendere il contraccambio, o di coloro che si mostrano disponibili sempre e comunque, specialmente quando li si conosce poco: è possibile che in un secondo momento rivelino le loro reali intenzioni e che queste costituiscano per noi una vera e propria trappola o una delsuisione giacché puiò trattarsi di persone solamente interessate.

Il vero generoso che si dispone al servizio è invece inequivocabilmente riconoscibile nella sua disponibilità a rinunciare a se stesso in vista degli altri, come ad esempio un padre di famiglia che volentieri fa' gli straordinari sul lavoro rinunciando alle ferie e rischiando sulla propria salute pur di assicurare il pane ai suoi figli; o una mamma disposta a digiunare per cedere il cibo ai suoi bambini; insomma lo si riconosce nella misura in cui è disposto ad affrontare il dolore, la privazione e il sacrificio per la causa del suo prossimo e non si arrende neppure di fronte alle beffe, alle derisioni e alle umiliazioni da parte degli altri; sempre in vista del bene dei fratelli è pronto anche a donare la propria vita senza riserve e ritrosie.

Ebbene, tale è la dinamica del servizio che Cristo rende all'umanità.

Come afferma San Paolo ai Filippesi (II Lettura), Cristo pur essendo Dio e in quanto tale padrone del mondo capace di prodigi che avrebbero potuto sbaragliare i suoi avversari, rinuncia a se stesso e alle sue prerogative di grandezza:"spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce." Si adopera nel teso un verbo greco assai famoso quanto esplicativo che delinea la consapevolezza decisionale piena con cui Dio in Cristo sceglie di annullarsi e abbandonarsi alle insidie dell'umanità: ekenosen. Esso vuol dire appunto "annientò", "svuotò" e attesta il volontario abbassamento di Gesù e le sue condizioni di nullità voluta tipico di chi non considera per niente se stesso ai fini di rendersi servo degli altri e il culmine di tale oblazione lo si riscontra nell'autoconsegnarsi all'estremo supplizio della croce. Il regno di Cristo consiste quindi nel lasciarsi uccidere dagli uomini dopo aver ricevuto insulti, sputi, umiliazioni e perfino di essere stato chiamato "maledetto", proprio lui che era stato artefice di ogni benedizione.

Sempre lo stesso passo paolino prevede la gloriosa conseguenza dell'innalzamento di Cristo da parte del Padre e la sua glorificazione al di sopra di tutti gli elementi, ma per adesso siamo costretti a vedere in Gesù un Dio che si offre per l'umanità fino a perdere la propria dignità e le prerogative di grandezza che gli sono proprie.
Un Dio che si lascia uccidere!

Questo per noi non può che suscitare motivo di orgoglio e di interiore entusiasmo gioioso al considerare che siamo invitati non A credere nell'esistenza di un Dio giudice severo da servire e riverire nell'ottica della pura prostrazione, ma ad abbandonarci con fiducia IN un Dio che serve e riverisce coloro che lo stanno giudicando con severità estrema; ma soprattutto siamo invitati a condividere il suo patibolo e la sua frustrazione specialmente nelle vicissitudini che quotidianamente ci impongono di essere vittima di ingiustizie, cattiverie e ingratitudini da parte degli altri: è appunto nella nostra carne e in ogni spiraglio di umana sofferenza che lo stesso Cristo rinnova il suo patire redentivo e salvifico per poi recarci tutti quanti accanto a se al premio della Risurrezione.

 

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