TESTO Commento su Ebr 10,5.7.10
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Annunciazione del Signore (25/03/2006)
Brano biblico: Ebr 10,5.7.10

26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Dalla Parola del giorno
Entrando nel mondo Cristo dice: «[...] Ecco, io vengo, per compiere, o Dio, la tua volontà». [...] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo.
Come vivere questa Parola?
Può meravigliare questa festa nel cuore della quaresima, quando tutto ci orienta a fermare l'attenzione sull'evento pasquale nel suo duplice movimento di morte e di vita. Eppure vi è un nesso inscindibile tra l'incarnazione e l'"ora" di Cristo. "Entrando nel mondo Egli dice: «Ecco, io vengo per compiere, o Dio, la tua volontà»". Un "sì", quindi, da cui prende il via la vicenda umana di Gesù. Un "sì" che si prolungherà ad abbracciarne tutto l'arco dell'esistenza. Ed è per questo "sì" – ci dice l'autore della lettera agli Ebrei – "che noi siamo stati salvati". Non è la croce, allora, che redime, neppure la croce di Cristo. Essa è e resta un patibolo infame. Ciò che la trasfigura, rendendola preziosa ai nostri occhi, è il "frutto" che da essa pende: Cristo Gesù nel suo "sì" alla volontà salvifica del Padre. E più radicalmente, l'Amore che alimenta lo stesso "sì". L'incarnazione, l'annientamento dei trent'anni trascorsi a Nazareth, i tre anni di vita pubblica, la passione, la morte e la resurrezione non sono che sfaccettature di un unico mistero di amore indicibile. Salvezza è per noi lasciarci raggiungere e coinvolgere in questo vortice, mettendoci sulla stessa lunghezza d'onda del Cristo. Ciò vuol dire ritmare i nostri giorni sull'unica nota del "sì", ma avendo come chiave l'amore.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, contemplerò Gesù nel suo totale abbandono alla volontà del Padre. Lascerò che il suo "sì" mi risuoni dentro, mettendo in luce eventuali resistenze. Quindi pregherò:
Padre, concedimi di essere così intimamente unita a Gesù che la mia volontà si perda nella sua in un unico moto di amore per te e per i fratelli.
La voce di un Padre della Chiesa
Se ha obbedito il Figlio a fare la volontà del Padre, quanto più non deve obbedire il servo a fare la volontà del Signore!
Cipriano di Cartagine