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TESTO Piccoli strumenti nelle mani di Dio

don Michele Cerutti

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/10/2025)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

“Siamo servi inutili abbiamo fatto quello che dovevamo fare”.

Nel mondo in cui tutti corrono per un posto, per una visibilità e in cui tutti ci sentiamo indispensabili Gesù utilizza una parola che inquieta: servi. Aggiunge anche inutili.

Ci mette disagio perché ci sentiamo sminuiti. Eppure, se ci riflettiamo la vita terrena di Cristo nasce dal Sì di una donna Maria che afferma: Sono la serva del Signore avvenga di me quello che hai detto.

Nelle sue battute finali Gesù stesso si cinge le vesti e si mette a lavare i piedi ai suoi discepoli gesto tipico del servo.

Lo dice bene San Paolo nelle sue lettere: “Cristo Gesù pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini”.

Tutta la vita del maestro è segnata dal servizio. Paolo prosegue sempre in quell'inno:

“Apparso in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce”.
La Croce diventa simbolo più alto di questo farsi servo.

Attenzione è vero l'essere servo vuol dire avere un padrone, ma nella prospettiva cristiana e non quindi nella logica del mondo questo si fa' chiamare Padre.

Quindi se la categoria servo ci può sembrare stretta nello stesso tempo garantisce una libertà vera perché da soli faremmo solo disastri.
Un padre sa caricare nel modo giusto i pesi dei suoi figli.

Certo ciò che non comprendiamo è quando si unisce al termine servi la specificità dell'inutilità.

Questo non vuol dire che siamo incapaci e improduttivi, ma siamo servi che non hanno pretese, che rispetto le logiche del mondo volte al profitto volgono la loro vita nel surplus del dono.

Cari amici, stiamo vivendo momenti ed epoche segnate da guerre e lacerazioni. Il cristiano in questo contesto viene interpellato su cosa fare di fronte a queste situazioni.

Nella sua semplicità il brano evangelico ci dice fare bene il nostro quotidiano. Vorremmo trovare soluzioni il discepolo è chiamato a vivere il servizio nella ferialità.

Fede e carità unite fanno molto di più di quello che tavolo e di negoziati possono compiere.

Penso a quanti gesti di eroicità vengono compiuti da quelle piccole comunità cristiane disseminate in Israele e in Palestina rappresentano piccoli semi in mezzo alle disperazioni di quelle terre.

Ho nel cuore e nella mente l'immagine che alcuni anni fa circolava di quella suora che a braccia aperte nel Myanmar ferma i plotoni che si scontrano.

Davanti a tutto questo noi occupiamoci di fare bene il bene qui nel nostro lavoro, nella nostra famiglia, nella nostra città, nel nostro quartiere, nel nostro palazzo.

Tante gocce insieme che fanno un oceano e travolgono i fuochi delle guerre e delle discordie. Tanti gesti di servizio fatti nella consapevolezza che siamo piccoli strumenti nelle mani di Dio.

Madre Teresa di Calcutta lo affermava identificandosi con la matita con cui il Padre scrive la storia.

Concludo lasciandovi con una storia di Paulo Coehlo che ci fa comprendere l'importanza di quello che abbiamo detto:

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. Ad un certo punto, le domandò: “Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me”. La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: “È vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto”. Incuriosito il bimbo guardò la matita senza trovarvi niente di speciale e disse: “Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto!”. E la nonna: “Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a portarle nella tua vita, sarai sempre una persona in pace con il mondo.

PRIMA QUALITÀ: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi: DIO. SECONDA QUALITÀ: ogni tanto, devi interrompere la scrittura e usare il temperino. È un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare una persona migliore.

TERZA QUALITÀ: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a capire il giusto e il bene.

QUARTA QUALITÀ: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma, bensì la grafite racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.

Infine, la QUINTA QUALITÀ: la matita lascia sempre un segno. Così devi fare tu, tutto ciò che farai nella vita, dovrà lasciare una traccia, un segno. Allo stesso modo, quindi, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione.”

 

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