TESTO La gente è abituata a dare un prezzo a tutto e valore a niente
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/10/2025)
Vangelo: Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
La Fede: un dono accordato a pochi prediletti e impedito a tutti gli altri? Faccio fatica a leggere la vita senza l'esperienza della Fede, ancora non ho trovato uomini o donne privi di Fede. Magari ho incontrato uomini e donne arrabbiati, che con Dio hanno una pagina di immenso dolore in sospeso, che hanno razionalizzato per non soffrire più; uomini e donne lontani, concentrati o distratti da altro; uomini o donne che hanno fatto professione di fede nell'ateismo; ma la Fede, come scrive lo scienziato Antonino Zichichi è: «una dimensione essenziale e duratura dell'esperienza umana. La Fede non si riferisce solo alla religione o alla credenza in un'entità superiore, ma a un senso profondo di significato e speranza che le persone coltivano dentro di sé. La Fede ha una forza interna che trascende le circostanze esterne. Non è solo una questione di pratiche o rituali, ma di un profondo desiderio di significato e di connessione, che non può essere semplicemente estirpato». La fede inestirpabile, come la vita.
Lo sa bene il profeta Abacuc della prima lettura che, passando tra le macerie e la violenza del mondo, grida al Signore: «Dove sei? Fino a quando rimarrai in silenzio? Perché non fai nulla?», e scrive sul suo cuore: «Il giusto vivrà per la sua fede». La stabilità, la struttura umana, è data da un «Amen», dall'«Io sono con te, sempre e nonostante». Lo sa bene Paolo, che invita Timoteo a ravvivare il dono che è dentro di noi, a coltivarlo e a custodirlo, a non vergognarci di Lui. Lo sanno bene gli apostoli che, con cuore disarmato, mendicano: «Aumenta in noi la fede». Noi, sospirano, non ce la facciamo a sopportare lo scandalo, a sopportare le contraddizioni della Chiesa e del mondo. Vorremmo perfezione, angeli coerenti, e invece abitiamo in questo impasto di bene e di male, uno scandalo continuo, una continua contraddizione. Noi non ce la facciamo a perdonare fino a settanta volte sette, a fare della nostra vita un «Perdono». I piedi che ci calpestano, le umiliazioni che riceviamo, i torti che subiamo, non riusciamo a superarli; e allora gridano: «aumenta la nostra fede!».
La risposta non sta nel tanto o nel poco, ma nello stile, lo stile della Fede, contenuto in un granellino, un cocco, di senape, la fede come un germogliare. Il granello di senape nelle nostre mani ci dice che non siamo i testimoni di un'agonia, ma di un parto. La Fede sta nel germogliare, nel nascere. La Fede che la vita fragile possiede, la vita nuda, la vita nella sua condizione più ridotta. La Fede che ci sfida a dare valore a ciò che soltanto nasce: al germoglio, non solo al fiore; all'aurora, non solo al pieno giorno; a ciò che è appena abbozzato, a quello che è fragilissimo. Questo investimento di fiducia nella vita fragile è una leva per la nostra trasformazione e per la trasformazione del mondo (José Tolentino Mendonca).
E la Fede cammina sempre insieme al servizio, alla vita quotidiana. Siamo servi inutili, in-utili, senza utile, che non portano un «utile», e se non portano un utile allora sono fuori dalla logica del profitto. Servi inutili, servi senza secondi fini, servi senza pretese, servi che già hanno trovato il segreto del dono. Sono loro, i servi inutili, che ci insegnano la differenza tra ciò che ha un prezzo e ciò che è di valore. Già Oscar Wilde lo aveva intuito: «La gente è abituata a dare un prezzo a tutto, e valore a niente». Ecco, il servo inutile ribalta la prospettiva del mondo: da un valore a tutto e il prezzo a niente. Proviamo a fare un elenco di tutto ciò che nella nostra vita è inutile: l'amore vero, inutile. La vita spirituale, inutile. L'amicizia autentica, inutile. La gioia che conta, inutile. Baciare chi amiamo, inutile. Sacrificarsi per un figlio, inutile. Consacrarsi a Dio, inutile. Amare per tutta la vita qualcuno, inutile. Cercare di cambiare il mondo, inutile. Se tutte queste cose le facessimo per ricavarne un utile, un contraccambio, un guadagno, una ricompensa, allora non sarebbero così vitali e necessarie. Quando una cosa acquista un prezzo, immediatamente smette di essere bella.
Ringrazio quei servi inutili: li incontro ogni giorno, mentre si stanno prendendo cura di un loro caro ammalato, mentre crescono un figlio, mentre rimangono mezz'ora in più ad ascoltare uno studente o accogliere un paziente. Ringrazio quei servi inutili, ci insegnano la gratuità e la generosità. Ringrazio quei servi inutili, ci insegnano la libertà interiore. Ringrazio quei servi inutili, ci insegnano la differenza tra ciò che ha un prezzo e ciò che è di valore.