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VIDEO La fede non si misura

don Nicola Salsa   don Nicola Salsa

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/10/2025)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

La fede non si misura

Quante volte ci siamo trovati davanti a situazioni che sembrano più grandi di noi. Difficoltà che ci schiacciano, problemi che non sappiamo come affrontare, ferite che non sappiamo come guarire.

A volte basta un conflitto in famiglia, un torto subito da una persona vicina, una delusione che non ci aspettavamo. Altre volte si tratta di prove ancora più pesanti: malattie, fallimenti, incomprensioni profonde.

In quei momenti sentiamo tutto il nostro limite. Ci sembra di non avere le forze per andare avanti, e ci viene spontaneo cercare una scorciatoia.

Ed è qui che anche la fede rischiamo di pensarla in modo sbagliato. Come se fosse un oggetto che si possiede, una specie di “arma segreta” che possiamo tirare fuori all'occorrenza per risolvere i problemi.

Ci viene da dire: “Se avessi più fede, riuscirei ad affrontare questa situazione. Se avessi più fede, non mi sentirei così fragile. Se avessi più fede, non avrei paura”.

Pensiamo alla fede come a una quantità, come a un qualcosa da accumulare e usare quando serve.

Gli apostoli nel Vangelo hanno fatto lo stesso errore. Gesù aveva appena detto loro che bisogna perdonare senza misura, anche sette volte nello stesso giorno, se l'altro si pente.

Un compito immenso, che sembra davvero impossibile. E loro reagiscono con una richiesta che ci assomiglia: “Accresci in noi la fede!”. È come dire: “Dacci più fede, perché così non ce la facciamo”.

Gesù però risponde con un'immagine sorprendente. Non dice: “Va bene, vi aumento la fede”. Dice: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe”.

Un granello di senape è piccolissimo, quasi invisibile. Eppure, dice Gesù, una fede così basta per compiere l'impossibile.

Cosa significa? Che la fede non è una questione di quantità. Non si misura a chili o a litri. Non è qualcosa che si accumula e che poi usi quando serve.

La fede è relazione. È fidarsi di Dio giorno per giorno. È qualità, non quantità. È come il seme: piccolo ma vivo, capace di crescere, di trasformare. Non importa quanto è grande, importa che sia autentico.

E se ci pensiamo bene, questo cambia tutto. Noi pensiamo che ci manca sempre qualcosa: più fede, più forza, più pazienza.

Gesù ci dice: non serve di più, serve che la tua fiducia sia vera, che il tuo cuore sia aperto. Basta anche poco, ma vero. Una scintilla è sufficiente, se è accesa davvero.

Ed è questa fiducia che rende possibile il perdono.

Perdonare senza misura non è questione di carattere o di buona volontà. È questione di fede. Se mi fido che Dio ha perdonato me, se credo che il suo amore è più grande del mio rancore, allora posso perdonare anche chi mi ha ferito.

Non perché sono bravo, ma perché Lui opera in me.

Eppure, c'è un rischio. Quando vediamo che la fede compie cose grandi, possiamo sentirci importanti, superiori.

Possiamo pensare: “Io sono una persona di fede, io so perdonare, io faccio ciò che gli altri non fanno”. È qui che Gesù aggiunge la parabola del servo.

Racconta di un servo che, dopo aver arato o pascolato, torna a casa. Il padrone non lo invita a mettersi subito a tavola, ma gli dice: “Prepara da mangiare e servimi. Dopo mangerai tu”.

E Gesù conclude: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.

Queste parole possono suonare dure. Servi inutili? Non significa che non valiamo nulla agli occhi di Dio. Significa che non dobbiamo rivendicare meriti, non dobbiamo pensare che Dio ci debba ringraziare. I

l bene che facciamo, i perdoni che doniamo, i gesti di amore che viviamo, non sono un credito da esibire davanti a Dio.

Sono la conseguenza naturale della fede.

Siamo “servi inutili” nel senso che non possiamo vantare nulla.

Non abbiamo prodotto qualcosa di nostro. È tutto dono, tutto grazia. La fede non è un potere personale, non è un privilegio che ci rende migliori degli altri. È un dono da accogliere con gratitudine e vivere con umiltà.

E allora questo Vangelo ci parla in modo molto concreto. Ci ricorda che la vita ci metterà sempre davanti a situazioni più grandi di noi, in cui non sapremo come fare.

Non dobbiamo aspettare di avere “più fede” come se fosse un oggetto da accumulare.

Dobbiamo vivere la fede che già abbiamo, anche se piccola, con fiducia e autenticità.

Quella fede, piccola ma vera, basta per affrontare l'impossibile. Basta per perdonare, basta per ricominciare, basta per restare in piedi quando tutto sembra franare.

E nello stesso tempo, ci insegna a non trasformare i frutti della fede in motivo di orgoglio. Restiamo umili, servi che fanno la loro parte senza vantarsi, sapendo che tutto è dono.

Ecco allora il cuore del messaggio: la fede non è una scorciatoia magica, non è una quantità da possedere. È un rapporto vivo con Dio che, anche se piccolo, trasforma la nostra vita.

È la forza che ci permette di perdonare, di amare, di ricominciare. E quando viviamo così, non c'è spazio per sentirsi superiori.

C'è solo spazio per dire: “Signore, tutto quello che sono e che faccio è dono tuo. Io sono tuo servo, e questo mi basta”.

 

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