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TESTO Commento su Luca 16,19-31

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/09/2025)

Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Paolo Matarrese

In questo anno giubilare, ai pellegrini venuti a Roma, viene proposto un cammino che parte da Castel Sant'Angelo e, percorrendo via della Conciliazione, termina a piazza San Pietro con il passaggio della Porta Santa. A livello simbolico, esso rappresenta il cammino di conversione che il Giubileo ci offre per rinnovare la nostra fede. Si parte infatti da Castel Sant'Angelo, nato come mausoleo funebre che, con la sua struttura massiccia e circolare, rappresenta le “chiusure mortifere” sul nostro IO, che ci portano ad allontanarci da Dio e a disinteressarsi degli altri. Da questo punto di partenza ci si mette in cammino (conversione) verso piazza San Pietro che, a livello architettonico, si presenta invece come un abbraccio, aperto e misericordioso, da parte del Signore e della sua Chiesa nei confronti dei pellegrini invitati a riaprire la loro vita alla misericordia di Dio e agli altri, in particolare i poveri.

Il simbolismo di questo cammino giubilare, può aiutarci ad entrare nella pagina del vangelo di oggi, dove Gesù, attraverso questo racconto del ricco e del povero Lazzaro, ci sollecita a verificarci a che punto stiamo in questo cammino di conversione.

Un paio di domeniche fa Gesù ci aveva ricordato che “Dio, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”(Gv3,17) e infatti Gesù, nel racconto di oggi, solo apparentemente sembra consegnarci una storia centrata su una sentenza definitiva dei protagonisti: Lazzaro consolato e il ricco condannato ai tormenti, ma in realtà questo racconto è l'ennesimo e accorato invito di Gesù alla nostra conversione e alla possibilità di aprirci alla salvezza che Lui ci è venuto a donare!

La prima parte di questo racconto serve infatti a prepararci al cuore di questa storia. In questa prima parte assistiamo ad un ribaltamento di situazioni: inizialmente c'è un ricco, chiuso nei suoi abiti sfarzosi e nei festini quotidiani che, nella sua indifferenza, non riesce a vedere il povero Lazzaro alla porta della sua casa dove solo i cani sembrano accorgersi della sua presenza e delle sue piaghe (“erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe”). Poi, alla loro morte, la situazione si ribalta completamente: l'uomo ricco infatti lo troviamo in mezzo ai tormenti, che supplica Abramo di mandargli Lazzaro per alleviare le sue sofferenze, mentre il povero Lazzaro è finalmente consolato e “portato dagli angeli accanto ad Abramo”.

Il racconto poteva anche terminare qui e invece si apre una terza parte, che rappresenta il focus di tutta questa narrazione: ad un certo punto questo ricco, per la prima volta nel racconto, smette di guardare a se stesso e, con preoccupazione, intercede a favore dei suoi cinque fratelli che molto probabilmente stanno seguendo il suo stesso stile di vita ma che possono ancora convertirsi e salvarsi.

Ecco allora il punto cruciale di questo racconto, dove Gesù sembra prenderci per mano fino a portarci alla domanda decisiva: che faranno questi cinque fratelli di quest'uomo ricco? Si convertiranno dalla loro

chiusura e indifferenza? Si accorgeranno del Lazzaro di turno gettato sulle loro porte di casa? Si apriranno alla parola della legge e dei profeti che invitano a prendersi cura del povero?

Mi permetto di dire che in quei fratelli ci sono anche io, ci siamo anche noi, ai quali ci è concesso ancora di ascoltare la Parola di Dio e avere la possibilità di convertirci e aprirci alla logica del Regno di Dio! Noi siamo

quei fratelli e sorelle che ci ritroviamo ogni domenica intorno al dono della mensa della parola e del corpo di Cristo per chiedergli di trasformare e aprire maggiormente la nostra vita, al suo Amore e a quello del prossimo!

Questo racconto allora è un racconto che resta aperto perché in fondo, questi fratelli del ricco, sono gli unici a cui è concessa ancora una possibilità per salvarsi. Questa possibilità di salvare i propri figli (anche questo uomo ricco, nel racconto, è chiamato “figlio” da Abramo) è stata sempre l'intenzione prima di Dio Padre attraverso il vangelo di Gesù: offrire a tutti, anche ai ricchi indifferenti, ai religiosi chiusi su stessi e i peccatori pubblici, la possibilità di convertirsi e aprirsi alla sua Parola!

Papa Francesco, commentando questo brano, diceva: “chi vive solo per se stesso, come questo uomo ricco, non fa la storia! ma un cristiano deve fare la storia, uscendo da se stesso e vincendo l'indifferenza”. Questi fratelli del ricco, come noi, hanno ancora la possibilità di “fare la storia” perché a loro è concessa ancora la possibilità di decidere, di assumersi le proprie responsabilità per convertirsi e provare a riscrivere, con la propria vita, la storia vera: quella illuminata dalla Parola di Dio e dalla carità evangelica!

Vedendolo in questo modo, questo racconto ci spoglia da facili e generiche conclusioni del tipo: Dio alla fine finalmente farà giustizia (come se noi siamo sempre dalla parte di quelli che “il Lazzaro”, sulle porte della nostra vita, lo vediamo e lo accogliamo sempre...) o ci spoglia da disimpegnanti consolazioni del tipo: alla fine, i poveri sulla terra, saranno consolati da Dio (che è anche vero ma spesso ce lo ricordiamo solo per alleggerire il peso delle nostre omissioni...). Gesù però in questo racconto, a differenza dei fratelli di questo uomo, ci dona un vantaggio in più, che non è solo la possibilità di sbirciare come andrà a finire alla sera della nostra vita ma ci dona il vantaggio di alcune indicazioni chiare per convertirci nel nostro oggi. Possiamo vedere almeno 2 di queste indicazioni:

- vedere il povero Lazzaro sulle nostre porte come chiave che ci apre alla salvezza.

Il ricco del racconto, dopo la sua morte, grida ad Abramo più volte: “manda Lazzaro” ma Il Signore glielo aveva mandato il suo Lazzaro ma non l'aveva visto, non si era accorto di lui. Ognuno di noi ha sempre un Lazzaro alla sua porta, perché il Signore ha sempre vivo il desiderio di salvarci e aprirci alla vita. Tutti infatti abbiamo sempre l'occasione di accogliere le povertà e le ferite di un prossimo nella nostra vita che sia un nostro parente-amico- collega e in quel Lazzaro di turno c'è Cristo che ci salva (“E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” Mt 25, 40). In questo racconto, Gesù ci ricorda, che il Lazzaro alle nostre porte, è la chiave per la nostra salvezza. Non siamo solo noi che possiamo aiutare e salvare i poveri ma ci salviamo nel nostro rapporto con loro e loro ci salvano! “manda Lazzaro” è la richiesta che a volte facciamo anche noi perché chiediamo un Lazzaro alla “nostra portata” per aiutarlo e salvarlo, ma il Signore oggi ci dice che già ce lo abbiamo il nostro Lazzaro di turno, “ma questo Lazzaro non mi piace Signore, è troppo per me, mandane un altro...”
- saperci mettere nei panni degli altri.

Nel ribaltamento della situazione dopo la morte, il ricco per la prima volta fa l'esperienza di sentire su di sé le sofferenze vissute da Lazzaro, per la prima volta fa l'esperienza drammatica di chi disperatamente cerca qualcuno che si accorga di lui e lo salvi. Questo uomo ricco quindi, possiamo dire, vive l'esperienza del mettersi nei panni di Lazzaro.

Metterci nei panni dell'altro non è facile, richiede il coraggio di vincere le nostre presunzioni che ci portano al giudizio oppure vincere le nostre paure che ci fanno alzare muri davanti il dolore degli altri. Questa allora è la grazia che in questa domenica desideriamo chiedere al Signore, magari con le stesse parole con cui si apre la costituzione del Concilio Vaticano II “Gaudium et spes”: Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
Buona domenica!

 

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