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TESTO Figli combattivi della luce

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/09/2025)

Vangelo: Lc 16,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

L'attualità del messaggio liturgico di oggi è quanto mai suggestiva e allusiva, se consideriamo le inchieste di peculato e di frode che riguardano anche ai nostri giorni personalità eminenti della pubblica amministrazione. Denaro proveniente dai sacrifici dei contribuenti, destinato alla realizzazione di opere di utilità pubblica, sperperato e disperso per utilità solamente personali a scapito della gente gravata da tante carenze. Anche ai nostri giorni poi si verificano atti quali vengono descritti dal profeta Amos nell'ambiente dell'VIII secolo a. C, dove vi era una situazione economica forse discreta ma che incoraggiava gli intrallazzi e le frodi nel commercio: era facile truccare le bilance per vendere il grano e per approfittare dei poveri e degli onesti di cittadini per ricavare profitti illeciti. Truffe ai danni di anziane signore raggirate da millantatori dalla facile forza di persuasione, raggiri e inganni messi in atto approfittando della bontà e della buona fede del prossimo, riprovevoli atti di circonvenzione di incapace o di soggetti deboli e tante altre turlupinature spesso vengono messe in atto da persone in realtà vili e codarde, capaci cioè di tramare solo ai danni dei più deboli e dei meno accorti. Così pure nel commercio e nelle attività affaristiche non sono pochi i casi di imbroglio ai danni di turisti o di giovani studenti.

Depredare il prossimo con l'uso delle armi nelle rapine e nelle incursioni è deplorevole ed esecrabile, degno di inesorabile pena adeguata; tuttavia è assai più meritorio che trarre profitto con la truffa e con lo sciacallaggio, rendendo vittime le sole persone ingenue o poco accorte. In quest'ultimo caso non si corrono grossi rischi, non occorre mostrare abilità o capacità organizzativa, non si è necessario studiare particolari piani di assalto e di fuga. Basta avere un po' di eloquenza e falsa parvenza e così carpire grosse somme di denaro dalle pensionate rimaste sole a casa oppure dagli inesperti giovincelli o ancora dai soggetti psicologicamente fragili e suggestionabili.

Del resto Gesù ammonisce che “i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce”. Coloro cioè che sono avvinti da affari e interessi terreni usano molta più abilità, astuzia e solerzia di quanto invece non ne usino coloro che mirano ai beni dello spirito. Chi vive i veri valori di spiritualità, e per ciò stesso anche di giustizia, rettitudine e moralità, è piuttosto lento e indeciso se messo a confronto con coloro che hanno di mira i soli interessi egoistici.

Gesù espone questa parabola dell'amministratore disonesto in primo luogo per descrivere appunto la furbizia e la sagacia dei disonesti nella persona di quello che oggi chiameremmo l'amministratore delegato di una grande azienda o di un grosso gruppo commerciale. Questi ha ricavato guadagni illeciti dalla sua attività e per questo ora il padrone intende licenziarlo. Con le sue astute manovre riesce a risanare la situazione rinunciando a parte del proprio compenso al punto che il padrone lo ammira. Non per la sua disonestà, ma per l'abilità con cui gestisce una situazione disonesta recuperando questo e altro. Purtroppo è evidente che nelle persone pure, generose e inclini all'onestà e alla rettitudine manca quella scaltrezza e quell'intraprendenza che sussiste invece nei “figli delle tenebre”.

L'invito che Gesù ci rivolge in questa parabola allora è duplice:

1) prestare attenzione, pur nell'esercizio della carità, alle insidie e agli inganni che ci vengono propinati. Occorre essere guardinghi e circoscritti dai “figli delle tenebre” che tendono a circuire e irretire i bravi figli della luce, protesi verso lo spirito molto più che verso la materia. Considerando che ci troviamo ad essere agnelli in mezzo ai lupi, è importante atteggiarci come persone semplici come le colombe ma prudenti come i serpenti (Mt 10, 16 - 18), ossia immacolati e onesti e tuttavia prudenti e circoscritti. Coniugare bontà e attenzione, generosità e prudenza, apertura e discrezione è indispensabile per vivere nel mondo facendo il bene senza lasciarci ingannare e soprattutto per evitare di lasciarci corrompere dal male. Non si possono misconoscere i pericoli e le insidie di questo mondo perverso, non si può non considerare l'astuzia e la malignità di chi vuole ingannarci ai fini di restare saldi nel bene e perseverare nella virtù lottando contro tutto quello che ad essa si oppone.

2) la seconda esortazione che ci proviene è infatti la perseveranza nel bene e nella fedeltà. Non lasciarci sedurre dalle aberrazioni di questo mondo ma perseverare nella giustizia e nell'onestà, credendo nell'obiettività di questi valori. Continuare sempre cioè ad essere “figli della luce”, comportarci onestamente come in pieno giorno (Rm 13, 13), rifiutando comportamenti illeciti e immorali e tuttavia adoperando nel bene la stessa tenacia, competenza, intraprendenza che altri usano nel male e nelle attività disoneste. Con la stessa furbizia con cui altri approfittano di noi, occorre che noi ci prodighiamo verso gli altri animati dai veri valori e dalle risorse spirituali che contano. La fedeltà del resto è creativa, dinamica e costruttiva e conosce sempre innovazioni e intraprendenze rinnovate per conseguire obiettivi edificanti.

La giustizia e la fedeltà a Dio conseguono sempre il loro successo e trionferanno sempre sul male dilagante di coloro che si definiscono "scaltri e astuti".

 

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