TESTO L'amore di Dio per ogni creatura
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Esaltazione della Santa Croce (14/09/2025)
Vangelo: Gv 3,13-17

«13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
La lettura domenicale del Vangelo di Luca si interrompe in occasione della festa della Esaltazione della Croce, per lasciare spazio ad un brano del quarto Vangelo, una breve sezione del dialogo tra Gesù e Nicodemo, un fariseo, maestro della Legge mosaica e membro del Sinedrio. L'incontro, avvenuto nel cuore della notte, può essere interpretato come il cammino spirituale di chi, dalle tenebre dell'errore, si eleva progressivamente alla luce della fede nel Figlio di Dio e alla rivelazione dell'amore del Padre, che salva chi crede in Lui. Nicodemo si presenta sicuro di sé e compiaciuto della sua preparazione intellettuale; ma al termine del colloquio egli raggiungerà la consapevolezza di dover cambiare mentalità, scomparendo dalla scena e tacendo, per mettersi in ascolto del Figlio di Dio.
Le parole di Gesù ci portano al cuore dell'evento salvifico, ossia al paradosso della croce, da cui si irradia l'amore di Dio e la vita eterna per gli uomini.
Una prima affermazione rivela chi sia Gesù, il Verbo divino che si è fatto Figlio dell'uomo: Lui, disceso dal cielo, può dire ciò che ha visto e udito dal Padre. Commenta sant'Agostino: “Sì, o fratelli, Dio ha voluto essere figlio dell'uomo, ed ha voluto che gli uomini siano figli di Dio. Egli è disceso per noi e noi ascendiamo per mezzo di lui” (Commento al vangelo di Giovanni, tr. 12, 8). Al movimento dall'alto verso il basso, compiutosi nell'Incarnazione, corrisponde un movimento dal basso verso l'alto del Figlio di Dio, che coinvolge anche chi a Lui si affida. Per l'evangelista Giovanni l'innalzamento è il termine per definire il Crocifisso: “Quando sarò innalzato attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Rivolgere lo sguardo al Cristo sulla croce è il vero atto di fede che comunica la vita eterna.
Il richiamo all'episodio del serpente, innalzato da Mosè nel deserto, secondo il racconto del libro dei Numeri (cfr. 21,4-9), ora trova la sua comprensione più profonda, come ricorda il vescovo Agostino ai suoi fedeli: “Fratelli, per essere guariti dal peccato volgiamo lo sguardo verso Cristo crocifisso... quanti volgono lo sguardo con fede alla morte di Cristo, vengono guariti dai morsi dei peccati” (Commento al vangelo di Giovanni, tr. 12, 11).
Sulla croce Cristo manifesta al mondo la sua obbedienza al Padre e rivela, con il sacrificio della sua vita, l'amore che Dio nutre per ogni uomo. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito” (Gv 3,16): in queste parole traspare tutto lo stupore e la meraviglia dell'uomo di fronte alla più alta manifestazione di un Dio che è Amore. E in un passaggio delle Confessioni così sant'Agostino prega: “Quanto ci hai amato, Padre buono, che non risparmiasti il tuo unico Figlio... Quanto ci hai amato! [...] A ragione è salda la mia speranza in lui che guarirai tutte le mie debolezze. Senza di lui dispererei” (conf. X, 43.69).
Gesù è il dono del Padre all'umanità, che non è lasciata sola nella sua disperazione e nel suo peccato. Chiunque crede in Lui, non si perde, ma ha la vita eterna, ossia la comunione di amore con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. È un dono, non una nostra conquista.
Sì, “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito”. È il cuore della fede cristiana: un Dio che ama tutti senza trattenere nulla per sé, disposto non a condannare, ma a salvare ciò che è uscito dalle sue mani. E Dio salva non con la sua onnipotenza, ma nella debolezza e attraverso la croce. Se guardiamo la croce da un punto di vista umano, ritroviamo in essa la crudeltà e la potenza del male, la definiamo strumento di tortura e di morte; ma dal punto di vista di Dio essa è segno di mitezza e di misericordia, dono di sé nell'amore, albero di vita e cattedra da cui impariamo a percorrere la via dell'umiltà e dell'abbassamento. Se esaltiamo la croce, intendiamo esaltare Colui che è innalzato sulla croce, perché i nostri occhi possano convergere e fissarsi su di Lui per non smarrirci.
Commento di Padre Pasquale Cormio, rettore della Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio e priore della Comunità agostiniana a Roma