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TESTO UN MONDO A FORMA DI TE (Claudio Baglioni)

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Esaltazione della Santa Croce (14/09/2025)

Vangelo: Gv 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,13-17

13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

I.

L'idea di “esaltare” un patibolo sembra paradossale. È come se qualcuno dicesse di celebrare la sedia elettrica o il palo degli impiccati: non solo assurdo, ma persino macabro.

Eppure oggi la Chiesa esalta la Croce: non come strumento di tortura e di morte, ma come segno di vita. Come il serpente di bronzo che Mosè innalzò nel deserto (Nm 21,9) divenne segno di salvezza per chi lo guardava, così la Croce è stata elevata davanti al mondo come strumento di salvezza per tutti coloro che la contemplano.

II.

Noi cristiani non esaltiamo un pezzo di legno: esaltiamo il Crocifisso, Colui che ha dato la vita su quel legno. Senza Cristo, la croce resterebbe solo un patibolo, un pezzo di legno. Con il Cristo invece diventa, come ricordano i Padri della Chiesa, trono di gloria, pulpito di verità, albero di vita.

La Croce è il simbolo dell'amore più grande: “Non c'è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

Per questo la Chiesa parla di “esaltare” la Croce: perché in essa è stato esaltato l'amore. Anche l'etimologia lo conferma: “ex-altare” significa “innalzare in alto”. La Croce è innalzata, e chi la guarda viene innalzato con lei.

III.
In conclusione.

La festa del 14 settembre ricorda la dedicazione della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme (IV secolo) e il ritrovamento della Croce da parte di Elena, madre di Costantino. Da allora la Croce è stata elevata davanti al popolo come segno di vittoria e di speranza. Per noi cristiani la Croce non è un amuleto né un portafortuna, ma un segno di identità. Chi porta al collo una croce vuole dire a se stesso e agli altri: “io appartengo a Gesù, io scelgo la via dell'amore”.

Come chi indossa il simbolo di un gruppo, di una squadra o di un popolo mostra a chi appartiene, così chi indossa una croce si riconosce e si fa riconoscere come discepolo di Cristo.

E come chi veste la maglietta del Greenpeace non può gettare immondizie o distruggere alberi, così chi porta una croce non può offendere o fare del male: significa assumere l'impegno di testimoniare che la via dell'amore passa attraverso il dono di sé.

La Croce diventa allora segno di fraternità: ci fa riconoscere i fratelli che, come noi, la portano e ci invita a non vergognarcene, ma ad esaltarla con la vita.

Ogni volta che facciamo il segno della croce non compiamo un gesto distratto o superstizioso: esaltiamo la Croce. Disegniamo sul nostro corpo la forma dell'amore di Dio, modelliamo la nostra vita sulla forma della Croce.

Claudio Baglioni, in una sua canzone, cantava: “un mondo a forma di te”. Immaginava un mondo modellato sulla persona amata: “Un mondo a forma di te, sulla rotta del cuore. Ma ci pensi com'è, un mondo senza squallore, senza dolore, senza orrore, senza terrore. Un mondo a forma di te”.

Ecco, anche la fede ci invita a sognare e costruire un mondo così: un mondo a forma del nostro Amato, Cristo.

Ogni volta che tracciamo la croce sul nostro corpo, proclamiamo che il mondo che desideriamo non è a misura di noi stessi, ma di Cristo: un mondo a forma di amore, di dono, di fraternità. In una parola, un mondo a forma di Croce, sulla rotta del cuore.

 

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