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TESTO Un antidoto efficace

don Luciano Sanvito

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (26/03/2006)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,14-21

14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Una efficacissima ma anche amarissima medicina, quella indicata dal Vangelo della liturgia che invita alla letizia: 'Laetare' non è un atteggiamento fisso, ma un cammino di revisione e di rafforzamento della gioia che ci viene donata.

Ma vediamola, questa gioia.

La letizia evangelica non ha nulla a che fare con il mondo, che purtroppo è soltanto oggetto di morsi velenosi e mortali, che ci sfiniscono e ci avviliscono.

E' un antidoto iniettato attraverso l'accoglienza di quella medicina innalzata a simbolo di salvezza: la croce, che si fa nostra croce.

Un antidoto ricavato proprio da un veleno: quello del mondo, dal quale il medico celeste, il Cristo innalzato da terra, ha tratto una soluzione salvifica; e ora, dal suo innalzamento vitale, attrae il cercatore: Nicodemo di oggi, a trovare vita e gioia: letizia, appunto.

Da un veleno letale, a un antidoto allietante: ecco la liturgia odierna.

C'è solo un appunto ultimo da fare, che in effetti è il primo valore da sottolineare, per poter assumere questo medicamento salvifico: la notte. Il senso della notte è la situazione che ci porta a ricercare e assumere questa letizia.

Senza la coscienza della notte nicodemica, tutte le nostre e altrui false chiaroveggenze, comprese quelle della fede, sono un impedimento alla salvezza, all'assunzione dell'antidoto vitale.

Solo se ci accorgiamo di essere stati avvelenati dal morso della notte del mondo, aneleremo subito alla iniezione che ci dona letizia.

Altrimenti, per noi sarà sempre più la notte, anticamera della morte.

Un antidoto efficace, dunque, solo se assunto subito e profondamente.

Questa è la letizia all'alba del giorno dopo, per Nicodemo.

 

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