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TESTO Gesù, Luce del mondo

a cura dei Carmelitani  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (26/03/2006)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

1. Orazione iniziale

Shaddai, Dio della montagna,
che fai della nostra fragile vita
la rupe della tua dimora,
conduci la nostra mente
a percuotere la roccia del deserto,
perché scaturisca acqua alla nostra sete.
La povertà del nostro sentire
ci copra come manto nel buio della notte
e apra il cuore ad attendere l'eco del Silenzio
finché l'alba,
avvolgendoci della luce del nuovo mattino,
ci porti,
con le ceneri consumate del fuoco dei pastori dell'Assoluto
che hanno per noi vegliato accanto al divino Maestro,
il sapore della santa memoria.

2. Lectio

a) Il testo:

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

b) Momento di silenzio:

Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.

3. Meditatio

a) Domande:

- Dio ha tanto amato il mondo...: quanti giudizi e pregiudizi su un Dio insensibile e lontano. Non sarà forse che attribuiamo a lui quelle che sono invece le nostre responsabilità?

- La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre: chi si illude di non essere uomo e vive da Dio, non può scegliere la luce perché l'illusione svanirebbe. Quante tenebre circondano le mie giornate?

- Chi opera la verità viene alla luce. Non ha timore di mostrarsi chi agisce per quello che è. Non è chiesto all'uomo di essere infallibile, semplicemente di essere uomo. Siamo capaci di vivere la nostra debolezza come luogo di incontro e di apertura a Dio e all'altro, bisognoso come me di lavorare fedelmente nel suo spazio e nel suo tempo?

b) Chiave di lettura:

vv. 14-15. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". Per i figli di Israele, morsi dai serpenti velenosi del deserto, Mosè offrì la possibilità di salvezza tramite la vista di un serpente di rame. Se l'uomo riesce a sollevare il capo e a guardare in alto, Dio prepara per lui un'alternativa. Non obbliga, è lì, a disposizione. Il mistero della libertà umana è quanto di più amorevole un Dio potesse inventare! La scelta di uno sguardo, di un incontrarsi, di una nuova opportunità... il Figlio dell'uomo nel deserto del mondo sarà innalzato sulla croce come segno di salvezza per tutti coloro che sentiranno il bisogno di continuare a vivere e non si lasceranno andare ai morsi velenosi di scelte sbagliate. Il Cristo è lì: maledetto per chi non ha fede, benedetto per chi crede. Un frutto da cogliere, appeso al legno della vita. Anche noi come gli israeliti nel deserto siamo stati "morsi" dal serpente nell'Eden, e abbiamo bisogno di guardare al serpente di rame innalzato sul legno per non morire: "Chiunque crede in lui ha la vita eterna".

v. 16. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. L'amore di Dio ci ama di amore di predilezione, un amore tangibile, un amore che parla... Poteva venire direttamente il Padre? Sì, ma non è più grande l'amore di un padre che dona il figlio? Ogni madre, potendo scegliere, preferisce morire lei piuttosto che veder morire un figlio. Dio ci ha amato al punto tale da veder morire il Figlio!

v. 17. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Un Dio capace di giudizio perfetto manda il Figlio non per giudicare ma per essere luogo di salvezza. Davvero è necessario azzerare ogni pensiero e sentire di fronte a tanto amore. Solo chi ama può "giudicare" cioè "salvare". Lui conosce la fragilità del cuore umano e sa che la sua immagine offuscata ha possibilità di tornare ad essere nitida, non c'è bisogno di rifarla. La logica della vita non conosce la morte: Dio che è vita non può distruggere ciò che lui stesso ha voluto creare, distruggerebbe in qualche modo se stesso.

v. 18. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. La fede è la discriminante di ogni esistenza. Non credere nel nome dell'unigenito: questa è già una condanna, perché si esclude dall'amore chi non accoglie l'amore!

vv. 19-20. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. L'unico giudizio che investe l'umanità è la chiamata a vivere nella luce. Quando il sole sorge, nulla si sottrae ai suoi raggi... e così gli uomini. Quando Cristo nasce, nessuno può sottrarsi a questa luce che tutto inonda. Ma gli uomini si sono costruite le case per poter sfuggire alla luce dell'Amore che ovunque si espande, case di egoismo e case di opportunità. Hanno intrecciato tunnel e nascondigli per continuare liberamente a compiere le loro opere. E può un'opera priva di luce dare la vita? La luce dell'esistenza ha una sola fonte: Dio. Chi si sottrae alla luce, muore.

v. 21. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio. Tutto ciò che cade sotto i raggi dell'amore eterno, si veste di luce, come accade in natura. Sembra che tutto sorrida quando sorge il sole. E le cose che durante il giorno sono familiari e belle, di notte assumono forme che incutono timore per il solo fatto di non essere visibili. Il sole non cambia la forma, ma la esalta nella sua bellezza. Chi vive la verità di se stesso e accoglie le sue fragilità come parametri del suo essere uomo, non ha timore della luce perché non ha nulla da nascondere. Sa che come creatura opera nella logica del limite, ma questo non sminuisce la grandezza del suo operare perché la sua vita è un tutt'uno con la verità eterna.

c) Riflessione:

Il giardino diventa un deserto per l'uomo che si allontana da Dio. E nel deserto della sua libertà senza limiti l'uomo incontra ancora una volta i morsi velenosi del serpente. Dio però non abbandona i suoi figli, e quando si allontanano da lui li segue, pronto a intervenire al bisogno. Un serpente simbolo di guarigione viene innalzato ogni volta che il veleno affievolisce la vita nell'uomo, Cristo Signore. Se l'uomo preferisce guardare a terra e stare nel deserto del suo "faccio da me", Dio si offre al suo sguardo comunque nel solo modo in cui l'uomo lo riconosce: come un serpente. Cristo si è fatto peccato, maledetto, pur di salvare la sua immagine, pur di non lasciar spegnere la vita umana. La condanna non appartiene a Dio, è scelta dell'uomo. Posso non vivere accanto al calore, liberissimo di farlo. Ma ciò comporta il dovermi procurare altro genere di calore, se mi voglio scaldare. Con il rischio di provare il freddo, la fatica, la malattia... la libertà da Dio ha un prezzo di condanna. È da persone poco intelligenti non usufruire di un bene donato, è semplicemente stolto non accogliere quanto di meglio ci sia per non sentirsi debitori. Nell'ambito dell'amore la parola "debito" non esiste, perché la gratuità è l'unico vocabolario consultabile. E con la parola gratuità esplode la luce: tutto diventa possibilità e occasione. Opere fatte nelle tenebre oppure opere fatte in Dio: i simulacri di fango dal flebile luccichio di pietre false sono giocattoli pericolosi per chiunque; meglio frequentare le aule piene di sole di un discepolato mai finito! Almeno la vita si accresce e la gioia ricolma di bellezza ogni cosa...

4. Oratio

Salmo 35
Nel cuore dell'empio parla il peccato,
davanti ai suoi occhi non c'è timor di Dio.
Poiché egli si illude con se stesso

nel ricercare la sua colpa e detestarla.

Inique e fallaci sono le sue parole,
rifiuta di capire, di compiere il bene.
Iniquità trama sul suo giaciglio,
si ostina su vie non buone,

via da sé non respinge il male.

Signore, la tua grazia è nel cielo,
la tua fedeltà fino alle nubi;
la tua giustizia è come i monti più alti,
il tuo giudizio come il grande abisso:

uomini e bestie tu salvi, Signore.

Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali,
si saziano dell'abbondanza della tua casa

e li disseti al torrente delle tue delizie.

È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
Concedi la tua grazia a chi ti conosce,

la tua giustizia ai retti di cuore.

Non mi raggiunga il piede dei superbi,
non mi disperda la mano degli empi.
Ecco, sono caduti i malfattori,

abbattuti, non possono rialzarsi.

5. Contemplatio

Quando il santo timore mi abbandona, Signore, sento nel mio cuore il peccato che parla: sono i momenti dell'illusione, momenti in cui vado a cercare le mie colpe, provo sensi di colpa a non finire, e tutto questo inutilmente perché non ho compreso che solo compiendo il bene le inique e fallaci parole del male si estinguono. È un'attrazione l'ostinazione nel male, quasi mi desse più tono e onore, più valore. Quando mi accorgo che è immenso ciò che mi dai tu da vivere, allora percepisco gli abissi della tua fedeltà e vedo come la tua salvezza non conosce confini; tutto inonda e porta con sé, me creatura a tua immagine e tutto ciò che per me hai creato e a cui ho dato nome. La tua grazia è preziosa davvero. Nella tua casa vige l'abbondanza della protezione e scorre come acqua la delizia. Se indosso i tuoi occhi, Signore, allora tutto è luce. E nulla più è difficile, perché il mio cuore, purificato dalla tentazione di essere Dio al posto tuo, mi dice che lo sarò con te. Rivalità, competizione, ostilità... svaniscono di fronte alla tua proposta di partecipare alla tua vita divina. Dio con te. Tu immagine sorgente e io immagine riflessa! Il tuo amore come linfa scorre nelle viscere della mia umanità fino a ritrovare le mie origini: nel tuo Nome.

 

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