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TESTO Meglio tacere ed essere

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

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XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/08/2025)

Vangelo: Lc 13,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,22-30

In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

"Sono pochi quelli che si salvano?" Tradotto in altri termini: "Quanti si salveranno, visto che non tutti sono Israeliti e anche nella stessa nazione non tutti conoscono e applicano la legge di Mosè?" Era concezione comune del popolo giudaico che Dio avesse prediletto loro fra tutti i popoli della terra e che quindi soltanto a loro era destinata la salvezza. Come essa si dovesse meritare, con quali opere e atteggiamenti, era un problema tutt'altro che fondamentale. Non rischiamo di andare fuori tema se tracciamo un paragone con le presunzioni che a volte suscita la nostra religiosità popolare e quell'accentuazione esagerata di religiosità e di devozionismo sterile che spesso definiamo bigottismo: prego tutti i giorni, frequento la Chiesa, mi confesso, partecipo alle Novene, non rubo, non uccido, mi faccio i fatti miei... io sono gradito a Dio e la mia coscienza non mi rimprovera nulla. Ma è proprio vero? Giacomo dice che la fede è essenziale e importante, tuttavia senza le opere essa non potrà mai salvarci (Gc 2, 14). Preghiere e digiuni associati alla cattiveria e all'insensibilità verso il prossimo non predispongono alla salvezza perché non rendono davvero onore a Dio, che è Amore e nell'amore chiede che orientiamo la nostra esistenza. Certe cose si devono certamente fare, senza però disattendere le altre. In un altro passo, molto categorico e diretto, Gesù infatti ammoniva: “Se la vostra giustizia non supererà quella di scribi e farisei, non entrerete nel Regno dei cieli”(Mt 5, 20). “Non chi dice ‘Signore, Signore' entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa' la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7, 21). Sono dunque pochi coloro che si salvano? Chi si salva? La risposta di Gesù, come sempre, è lungimirante e non verte a soddisfare una semplice curiosità. Piuttosto espone un insegnamento rivoluzionario e per certi versi sovversivo, perché scardina la falsa idea che la salvezza sia destinata a un solo popolo circoscritto e che essa riguardi l'adempimento o meno di prescrizioni appositamente predisposte. Già il testo del profeta Isaia di cui alla Prima Lettura di oggi ci illustra che, nell'imperscrutabile progetto di Dio, la salvezza è destinata ai popoli di ogni nazione, lontani e vicini: "Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. "

La volontà esplicita che il Signore esprime attraverso il profeta è quella per cui tutti i popoli della terra, dovunque si trovino, anche nelle isole e nelle zone più disparate e irraggiungibili, vengano raggiunti dal divino messaggio di salvezza, soprattutto le nazioni che non hanno mai udito parlare del Signore: proprio esse, benché lontane e di differente estrazione e cultura, sono destinatarie principali della salvezza. Dio fa anzi una promessa che avrà il suo compimento certo e definitivo nell'incarnazione del suo Figlio Gesù Cristo: in un solo popolo si radunerà l'umanità. Il popolo d'Israele è la certamente la radice santa, il popolo prescelto ma proprio per questo non può non osservare la vera legge di Dio; dovrebbe sforzarsi di entrare per la porta stretta. Cioè di impegnarsi anche oltre le proprie possibilità, testimoniando il vero vangelo, il messaggio dell'amore, della gioia e della speranza, il che comporta ansimare, soffrire e andare contro corrente. Pregare soltanto e sgranare rosari partecipando alle sole funzioni religiose, non comporta particolari virtù e neppure richiede sforzo eroico e impeto missionario. E' qualcosa che tutti sarebbero in grado di fare. Pregare, partecipare all'Eucarestia e alle varie funzioni perché queste ci siano di supporto ad esercitare la carità sincera e operosa, a vivere il vangelo con coraggio e a testimoniare i valori marciando contro corrente, questo è il vero eroismo cristiano. Costituisce la porta stretta della fede con cui si comincia ed entrare, della speranza che ci aiuta a sgomitare e a sforzarci sul vano della porta e della carità che ci fa entrare per guadagnare la vita. Passare per la porta stretta, cioè vivere la radicalità e la coerenza non è appannaggio di un popolo, ma di tutti coloro che usino fervore e buona volontà nel rendere operativa la propria fede. Non importa che siano tanti, quello che conta è che ce ne siano.

In un racconto parabolico specifico, Gesù insegnava che tutti sono invitati alla festa di nozze del Regno, chi non indossa l'abito nuziale, simbolo della purità e della perfezione morale, ne verrà espulso, perché tanti sono i chiamati, pochi gli eletti (Mt 20, 1 - 16). Ogni uomo viene messo in condizioni di amare Dio e il prossimo, ma a decidere di farlo o meno dev'essere lui stesso. Ogni uomo viene messo in condizione di esercitare umiltà e altre virtù, ma sta a lui decidere se cimentare la propria volontà in tal senso. Ogni persona umana è messa al corrente da Dio sulle decisione che le conviene intraprendere, ma la scelta spetta unicamente a noi. Siamo liberi di scegliere: amare o non amare? Credere o non credere? Vivere in coerenza e ottemperanza o persistere nel lassismo e nell'abitudinarietà perfida?

S. Ignazio di Antiochia diceva: “Meglio tacere ed essere, che parlare senza essere”; meglio cioè non definirci cristiani ed esserlo nelle vie di fatto, piuttosto che conclamare la nostra fede religiosa per poi vivere tutto l'opposto di ciò che essa comporta.

 

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