TESTO Commento su Matteo 22,34-40
Missionari della Via Missionari della Via - Veritas in Caritate
Venerdì della XX settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (22/08/2025)
Vangelo: Mt 22,34-40

34Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Quando sentiamo parlare di comandamenti subito pensiamo a delle regole da applicare in momenti puntuali, davanti a scelte precise. In realtà il comandamento oltre a una norma o ad una Legge indica una prospettiva di vita, un indirizzo, un orizzonte vitale. Indica un principio che vuol orientare tutta la vita, i criteri, gli affetti. In questo senso possiamo capire la portata della risposta di Gesù che unisce due comandamenti già presenti nell'Antico Testamento saldandoli insieme: amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stesso. È questo il nostro orizzonte vitale: corrispondere all'amore continuo, totale, gratuito di Dio con il nostro amore, cercando di amarlo in ogni cosa e avendo cura di ogni persona come se fossimo noi stessi. Avere a cuore il bene e voler bene, sempre, continuamente, non part-time o una tantum. La vita del cristiano è un'estasi continua, cioè una continua uscita da sé (dal greco ékstatis: ek cioè fuori, stasis cioè stare), un continuo uscire fuori dal recinto del proprio ego per amare. In quest'orizzonte tutto cambia luce, anche la dimensione del peccato che diventa quel momento puntuale in cui ho scelto di non amare, in cui ho amato male, in modo disordinato, egoistico... L'amore è chiamato ad essere l'orizzonte della nostra vita, immersi in quel mare d'amore che è l'amore di Dio, un mare nel quale siamo immersi ma del quale spesso non riusciamo nemmeno a rendercene conto. Qual è il pericolo? Disgiungere questi amori: pensare di poter amare Dio senza amare il prossimo, o pensare di amare il prossimo senza (o perlomeno senza bisogno di amare Dio). No, Gesù li ha uniti, indissolubilmente, come due facce di un'unica medaglia: amare Dio e il prossimo; amare Dio per amare di più e meglio il prossimo; amare il prossimo come primo segno e testimonianza concreta del nostro amare Dio.
«Ormai, alla luce di questa parola di Gesù, l'amore è la misura della fede, e la fede è l'anima dell'amore. Non possiamo più separare la vita religiosa, la vita di pietà dal servizio ai fratelli, a quei fratelli concreti che incontriamo. Non possiamo più dividere la preghiera, l'incontro con Dio nei Sacramenti, dall'ascolto dell'altro, dalla prossimità alla sua vita, specialmente alle sue ferite. Ricordatevi questo: l'amore è la misura della fede. Quanto ami, tu? E ognuno si dà la risposta. Com'è la tua fede? La mia fede è come io amo. E la fede è l'anima dell'amore. In mezzo alla fitta selva di precetti e prescrizioni - ai legalismi di ieri e di oggi - Gesù opera uno squarcio che permette di scorgere due volti: il volto del Padre e quello del fratello. Non ci consegna due formule o due precetti: non sono precetti e formule; ci consegna due volti, anzi un solo volto, quello di Dio che si riflette in tanti volti, perché nel volto di ogni fratello, specialmente il più piccolo, fragile, indifeso e bisognoso, è presente l'immagine stessa di Dio. E dovremmo domandarci, quando incontriamo uno di questi fratelli, se siamo in grado di riconoscere in lui il volto di Dio: siamo capaci di questo?» (Papa Francesco, Angelus 26 ottobre 2014).