TESTO La pace non è calma piatta...
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/08/2025)
Vangelo: Lc 12,49-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Ascoltando il brano di Vangelo di oggi, mi viene da dire: “Signore, almeno tu!”. Eh, sì: sentire Gesù che dice di non essere venuto a portare pace sulla terra, fa certamente cadere la braccia, credo un po' a tutti... Visto il contesto di questi giorni, nel quale chi dice di voler riportare la pace in conflitti ormai decennali lo fa senza il minimo sforzo per fermare la guerra, bensì onorando chi la guerra continua a farla, ci aspetteremmo almeno dal Vangelo un annuncio che parli esplicitamente di pace, di assenza di guerra, di stop alla violenza. Invece, stando alle parole di Gesù, sembra quasi che anche il Maestro non solo parli di inevitabilità dei conflitti, ma addirittura fomenti le divisioni e le discordie, già a partire dal più piccolo nucleo sociale, la famiglia. Del resto, se le divisioni e i conflitti iniziano già all'interno delle famiglie, che pretese possiamo avere di costruire una pace a livello mondiale, per realizzare la quale nemmeno chi ha la possibilità e il dovere di fare qualcosa si scomoda? Certo, ai potenti della terra basta fare dichiarazioni rassicuranti, dicendo sempre che si stanno facendo “grandi progressi” per costruire la pace; salvo poi tornare a casa e continuare a fare la guerra, la quale è l'unica a registrare “grandi progressi”, in ogni parte del pianeta.
Ma io come cristiano non ci sto; noi come cristiani non ci possiamo stare. A noi che crediamo in Cristo risorto, il cui primo dono ai discepoli è stato ed è la pace, le dichiarazioni non bastano. E siccome non abbiamo la potenza dei grandi della terra, è necessario che la ricerchiamo nelle parole del Maestro, che oggi usa davvero parole potenti. Vediamo allora di provare a capire cosa ci ha voluto dire con le espressioni utilizzate oggi nel Vangelo.
Innanzitutto, una considerazione sul Vangelo che riporta queste espressioni così forti: si tratta del terzo Vangelo, il Vangelo di Luca, quello che più di tutti gli altri parla di pace (usa questa parola almeno il doppio delle volte rispetto agli altri evangelisti, ed è l'unico che in occasione della nascita di Gesù fa augurare agli angeli “pace sulla terra”). E allora, quello di Luca non può certo essere un Gesù belligerante o desideroso di portare guerre e divisioni sulla terra. C'è, invece, un desiderio che Gesù ha dentro di sé, e lo dice bene nei versetti che abbiamo letto: un desiderio talmente grande da dirsi “angosciato” fino a quando non sarà compiuto. Questo desiderio, che Gesù esprime attraverso l'immagine del “battesimo che egli deve ricevere”, ovvero qualcosa nel quale si trova profondamente “immerso”, è quello di “accendere il fuoco sulla terra”. Ma anche qui, possiamo comprendere il senso di questo “battesimo di fuoco” solo rifacendoci a ciò che Luca intende con questa espressione, prima messa in bocca a Giovanni Battista (che annuncia Gesù come colui che battezza in Spirito Santo e fuoco) e poi utilizzata negli Atti degli Apostoli quando si narra la Pentecoste: il “fuoco” che Gesù desidera ardentemente accendere sulla terra è il dono dello Spirito Santo, e lo Spirito Santo non è - come le guerre - motivo di morte, ma di vita, e di vita piena. E allora, se quello che Gesù ci vuole dire con questa espressione “di fuoco” è un annuncio di vita, perché mai deve cadere anche lui nella tragica tentazione di parlarci di divisione (non di guerra, si badi bene) e di conflitti a partire dal nucleo familiare stesso? Che bisogno ha di paventare conflitti e di spaventare tutti?
In realtà, è molto più semplice da comprendere di quanto queste espressioni usate da Luca ci facciano avvertire: Gesù ci vuol dire che il suo annuncio, l'annuncio del Vangelo, l'annuncio di vita che viene dallo Spirito, ha una forza interiore e un'esigenza che non può lasciare indifferenti, e di fronte alla quale non possiamo non prendere posizione. Se veramente crediamo alla forza del Vangelo, non possiamo non avvertirlo come un fuoco che arde nell'intimo del nostro cuore, e non possiamo non avvertire - come Gesù stesso - il profondo desiderio che questo fuoco divampi ovunque. Il Vangelo è un'esigenza di pace e di salvezza che non può essere taciuta e soffocata, perché il soffio dello Spirito la alimenta, come il vento alimenta le fiamme di un incendio. E questo, anche a costo di andare controcorrente; anche a costo di trovare incomprensioni; anche a costo di essere segno di contraddizione all'interno del nucleo stesso dei credenti.
Le immagini forti usate da Gesù riguardanti la vita familiare non vanno lette come un invito alla divisione e alle discussioni (non ce n'è proprio bisogno...), bensì come una lettura anche storica di ciò che il Vangelo è stato per gli uditori di Gesù: chi accoglieva la novità del Vangelo con tutta la ventata che arrivava dal fuoco dello Spirito (le giovani generazioni citate nell'esempio familiare) si trovava per forza di cose a sentirsi in contrasto con chi, legato alla tradizione antica, al Dio dell'Antica Alleanza (simboleggiato da padre, madre e suocera), non accettava la forza di questa novità. La forza dirompente della Parola di Dio spesso anche nell'Antico Testamento ha portato i testimoni fedeli di Dio a entrare in contrasto con chi non voleva accettare questa forza, soprattutto quando la parola dei profeti metteva in dubbio l'agire dei sovrani e dei potenti: la vicenda di Geremia - che, per aver proposto al re d'Israele la pace attraverso il dialogo con il popolo babilonese piuttosto che con un'azione di guerra, viene gettato nella cisterna di fango dal re stesso - è emblematica di ciò che il Vangelo ci ha descritto, e cioè che la forza della Parola di Dio non può tacere nell'animo di chi sente il fuoco interiore di questa Parola.
La calma piatta non è sintomo di pace, ma di morte. Ricordiamocelo, quando siamo convinti che la pace e la pacifica convivenza, tanto a livello mondiale quanto nelle nostre piccole realtà locali, significhi mancanza di presa di posizione, tacito assenso alla violenza e ricerca della quiete pur di non affrontare ingiustizie e illegalità: perché, se tacciamo, diventiamo non solo complici delle piccole e grandi ingiustizie della vita, ma stiamo addirittura spegnendo il fuoco della Parola di vita che Gesù desidera far divampare nel cuore dell'umanità.