TESTO Il vortice della vanità
padre Gian Franco Scarpitta Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/08/2025)
Vangelo: Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
“Spesso il male di vivere ho incontrato” scriveva Montale analizzando con pessimismo lo stato dell'uomo moderno, contornato da negatività e limitatezze e frastornato dalle vicende storiche di questo secolo presente. L'uomo risente sempre di ogni esperienza che è costretto a vivere a livello macrostorico e ha bisogno di un appiglio, di un barlume di speranza che lo faccia uscire da questo lato lacunoso
Nonostante il successo della tecnologia, l'imporsi della robotica e dell'intelligenza artificiale, sembra che non siamo soddisfatti e che precludiamo a noi stessi traguardi indefiniti di pace e di realizzazione, ma intanto ci lasciamo sublimare dalle nostre stesse conquiste e gli artefatti stessi dell'ingegno umano sono realtà provvisorie alle quali soccombiamo. Condizione quella dell'uomo vista negativamente anche dal libro del Qoelet (Prima Lettura), che proclama il famoso epiteto della “vanità delle vanità”, per la quale il mondo è relativo. Tutto sembra essere votato alla contrarietà e al diniego, ogni cosa sembra vivere di superficialità e dove si incontrano buoni propositi e ambizioni serie, queste vengono puntualmente smentite. La vita è un ciclo di eventi che non conduce a nulla di duraturo. Le attività dell'uomo, i progetti, le relazioni sono destinate a dileguarsi e a non lasciare traccia nel tempo. Quale possibilità di riscatto e di superamento di sé? Dove trovare il costitutivo della gioia e della realizzazione?
Non certo l'affiatamento verso le ricchezze o l'attenzione verso i beni di consumo, ai quali da sempre l'uomo si rivolge per una fugace illusione di felicità. La cupidigia è volontà di accumulo senza obiettivi particolari, ambizione che si concentra su solo denaro, considerato come fine e non come mezzo o strumento di vita dignitosa. Chi tende ad accumulare denaro con l'obiettivo di realizzare un progetto a lungo termine, come acquistare una casa o mettere su un negozio o un'attività, può rischiare a lungo andare di concentrare la sua attenzione sul denaro stesso e non sugli obiettivi che si era prefissato. Con la conseguenza di cadere nella morsa dell'avarizia e dell'idolatria della ricchezza. L'intervento di Gesù a tal proposito è davvero eloquente: si nega di fare da paciere fra i due discepoli che gli chiedono di intervenire affinché la loro eredita venga suddivisa in parti uguali. Il suo diniego perentorio però non vuole disattendere una questione di giustizia e di equità, ma verte a condannare la cupidigia e il desiderio di cui queste persone stavano cadendo vittime. Gesù non può assecondare la loro ambizione di successo economico a tutti i costi e pertanto prende le distanze da questa pretesa puramente umana e terrena. L'attaccamento al denaro e alle effimeratezze non produce soddisfazioni neanche quando ci sembri che vi troviamo benessere e realizzazione: chi tende a possedere, a incamerare e a risparmiare tenendo per sé, non sarà mai soddisfatto né in pace con se stesso né con gli altri. Vorrà accumulare sempre più e intanto vorrà custodire i propri forzieri, accrescendo i suoi sospetti nei confronti di tutti. Come può definirsi felice e realizzato chi è vittima della sete del guadagno e del successo economico, che non appagano mai in alcun modo, creando insoddisfazione su insoddisfazione? Resterà coinvolto nel vortice di questa “vanità delle vanità” di cui parla il Qoelet, accrescendone egli stesso il rigore e la severità. E soprattutto a nulla serviranno le sue conquiste smodate di ricchezza, se da un momento all'altro dovrà lasciare questa vita. Nessuna somma di denaro potrà mai comprare un alito in più dii respiro al momento del trapasso e nessuna opera di corruzione può prolungare la tua vita. Come pure niente può guadagnarti la salvezza nell'eternità. La tua condanna eterna sarà invece pari alle pene e alle ansie che ti avranno procurato gli accumuli. Per il denaro tante volte la vita umana conta poco e si uccide, si ricorre al raggiro, alla truffa, alle seduzioni alienanti della droga... In nome del profitto si distrugge l'ambiente, si sta distruggendo il pianeta e pochi si arricchiscono sulla pelle di molti. Rintuzziamo la domanda chiedendoci quale sia l'alternativa al vizio e alla cupidigia.
Il Qoelet invita l'uomo a trovare la realizzazione solo in Dio: “Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo”(Qoel 12, 13). La vera fuga dal pessimismo che noi stessi abbiamo costruito non può che essere la vita in Dio; la quale ci rassicura che la vera felicità consiste piuttosto nel dare anziché nel ricevere, nell'apertura e non nella preclusione, nel dono e non nell'accumulo.