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TESTO Dio è Padre, per cui... stiamo tranquilli!

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/07/2025)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 11,1-13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

“Io prego, a volte anche tanto, ma... mi pare che il Signore non ascolti le mie preghiere. Anzi, mi sembra addirittura di notare che più prego, e meno vengo ascoltato!”. Sfido chiunque di voi ad affermare di non aver mai, almeno una volta, pensato in questo modo... L'esperienza ci mostra che molte delle suppliche rivolte a Dio (e magari fatte anche con fervore e devozione) non sempre danno l'effetto desiderato dal richiedente. Qualcuno è anche capace di spiegare la cosa, dicendo: “Si vede che non se lo meritava”. Ma se leggiamo bene il Vangelo di oggi, pare di capire che il Signore non guardi ai nostri meriti, anche perché ci dice chiaramente che siamo “cattivi”, eppure egli ci ascolta o meno indipendentemente dai nostri meriti, dalla nostra fede, dalle nostre opere e dal nostro percorso spirituale!

Ma allora, qual è il criterio di Dio nei confronti delle nostre suppliche? Perché alcune vengono ascoltate e altre no?

In realtà, la vera domanda è un'altra: che cos'è la preghiera? E come si prega? Anche noi, oggi, come i discepoli quel giorno, forse un po' “invidiosi” di quel Maestro che passava diverse ore in preghiera, vorremmo chiedere a Gesù: “Signore, insegnaci a pregare”.

Quello che emerge dalle letture di oggi, forse, è che la preghiera non è questione di molte parole rivolte a Dio, o di richieste insistenti che portino Dio a cedere ai nostri desideri. La preghiera, invece, pare essere una questione di fiducia reciproca tra Dio e l'uomo, e quindi di intesa tra i due, di dialogo. Perché Dio fa ciò che Abramo gli chiede, accettando di desistere dal suo furore nei confronti di tutti gli abitanti di Sodoma e Gomorra e di conseguenza permettendo che la famiglia di Lot, parente di Abramo, possa salvarsi? Credo che ciò sia dovuto al fatto che Dio sa di potersi fidare di Abramo, perché Abramo ha sempre fatto la sua volontà, e quindi si è sempre fidato di Dio, così come la sua vicenda personale ci mostra.

In un contesto di fiducia reciproca tra noi e gli altri, sappiamo bene che possiamo chiedere loro ciò di cui abbiamo bisogno, perché siamo certi che “se chiederemo un pesce non ci verrà data una serpe, o se chiederemo un uovo non ci verrà dato uno scorpione”. Se tra noi e Dio esiste un rapporto di profonda e reciproca fiducia, sappiamo bene che ciò che a lui chiederemo nella preghiera, non ci verrà negato. Prima ancora che di fede, quindi, è una questione di fiducia.

A Gesù, però, non basta insegnare questo ai discepoli attraverso delle parole o delle formule, come essi pretenderebbero. Egli vuole anzitutto dimostrarci che questa fiducia reciproca tra Dio e l'uomo è possibile: ed è possibile perché, per la prima volta nella Storia della Salvezza, ci è concesso di instaurare con Dio un rapporto di figliolanza. Da Gesù in poi, il rapporto di fiducia tra Dio e l'uomo è possibile perché Dio è Padre. E un padre che si dica degno di questo nome non abbandona mai i suoi figli.

È sulla scorta di questo nostro essere figli che “potremo chiedere e ci verrà dato, cercheremo e troveremo, busseremo e ci verrà aperto”. È con questa certezza che Gesù ci invita a rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre”.

E non più Padre Nostro, come nella formulazione più conosciuta e più pregata, quella del Vangelo di Matteo, bensì, stando al Vangelo di Luca di oggi, semplicemente Padre, per evitare che Dio diventi una nostra esclusiva: perché essere figli di Dio non sia una nostra prerogativa, perché Dio possa essere padre di ogni uomo. Un padre che rimprovera ed esorta, che colpisce e accarezza, che a volte ci tratta un po' bruscamente ma che in realtà è orgoglioso di noi, e se a volte ci provoca è perché ci vuole bene davvero, e vuole sapere per quale motivo “il grido del male che si compie sulla terra giunge fino a lui”, come avvenne a Sodoma e Gomorra.

Lui ci permette di chiamarlo Padre, ma ci chiede di non considerarlo “nostro”, bensì di tutti, e di fare in modo che tutti lo sappiano, che tutti gli uomini sappiano che il suo nome è quello, “Padre”, e che da tutti “il suo nome possa essere santificato”.

E quando il suo nome di Padre regna in mezzo a noi, tutti gli altri “regni”, tutti gli altri tentativi di rendere gli uomini schiavi dei potenti di turno, devono essere eliminati dalla faccia della terra, perché sulla terra ci sia un solo Regno, perché sulla terra “venga il suo regno”.

La nostra preghiera di lode termina lì. Ora viene il momento di chiedergli qualsiasi cosa, perché lui è Padre, e provvede a tutto ciò di cui abbiamo veramente bisogno: del “pane quotidiano”, di un lavoro degno di essere chiamato tale, di un calore umano che spesso non abbiamo, di una vita che sia piena e felice, di poter camminare sicuri sulle strade della nostra esistenza quotidiana, senza essere “abbandonati alla tentazione” di poter fare a meno di lui. E tutto questo, in maniera totalmente gratuita. O quasi.

In realtà, un piccolo impegno ci è chiesto, perché questa fiducia reciproca non venga mai meno: che sappiamo “perdonare chi ci fa del male, così come Dio perdona i nostri peccati”.

Ci sembra troppo? Ci sembra eccessivo dover perdonare, accettando le scuse degli altri? Tranquilli: nessun perdono che possiamo offrire agli altri, anche il più impegnativo, sarà mai più grande del suo, che giunge a perdonare e addirittura ad amare i propri nemici...

A noi può sembrare molto, doverci sforzare a perdonare gli altri così come Dio fa con noi: ma il dono che riceviamo in cambio, quello cioè di poter chiamare Dio con il nome di Padre e ottenere da lui ciò di cui abbiamo bisogno, sarà sempre, infinitamente molto di più.

 

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