TESTO Abramo, lascia stare
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/07/2025)
Vangelo: Lc 11,1-13

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».
5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Lascia stare, Abramo: stai perdendo tempo, stai decretando il fallimento della tua vita. Lascia stare, Abramo: Sodoma e Gomorra sono corrotte fino alle midolla, lì tutti sono terroristi, lì tutti sono pronti a rubare la nostra vita, lì tutti sono fanatici estremisti, lì tutti sono atei, lì tutti sono pervertiti; lì nessuno, proprio nessuno, è giusto. Niente di buono, niente più da recuperare, lasciali andare per la loro strada, lasciali scendere al loro inferno: almeno tu ti potrai salvare.
Tutti, proprio tutti? Davvero, Signore, non si salva nessuno? Forse ne troverò cinquanta, forse quaranta, forse trenta, forse venti, forse dieci. Ed è uno stillicidio, una lotta, una preghiera tra le più terribili mai ascoltate nella Sacra Pagina, preghiera che scarnifica Dio, scarnifica l'uomo. Abramo e il Signore lottano duramente, tra disperazione e speranza. Una preghiera difficile quanto il sacrificio di un figlio: pregare per il nemico, pregare per la città che vive il bene e il male insieme, che non si riesce a distinguere, pregare per la città indifferente.
Perché, Abramo, preghi per loro? Dovresti essere felice di vedere le città annientate; dovresti esultare di felicità per l'annientamento dei malvagi. Eppure, proprio tu, padre di chi ha acceso nel cuore una speranza; proprio tu, Abramo, insinui un «forse», laddove noi sentenziamo una lapidaria certezza. «Forse», non tutti sono così, «forse» un giusto lo troverò. Quando ho vissuto un semestre di studio a Gerusalemme, ho dato per scontato che a Gaza fossero tutti terroristi, non c'era la possibilità di comprendere che quella striscia di terra potesse essere abitata anche da bambini, da padri e madri, da insegnanti e commercianti, che ci fosse una vita normale. «Forse», insinua Abramo; forse non sono tutti così. Quando ho vissuto a Gerusalemme, ho avuto la possibilità di gustare amicizie sincere con amici ebrei, di osservare un mondo di posizioni così diverse, non ho trovato unicamente soldati armati. «Forse», insinua Abramo; forse non sono tutti così. Quando ho ascoltato le voci degli ucraini e il silenzio dei russi, «forse», insinua Abramo, non sono tutti così. Abramo, io ti ringrazio: in questo mondo così esasperato, in questi tempi così duri, così impossibili, così disumani, contrapposti gli uni contro gli altri, tu indichi che «forse» c'è un giusto tra il nemico; che non tutto è solo bianco o solo nero, ma che ci sono infinite sfumature, che continuiamo a chiamare vita. Tu, Abramo, metti un «forse» alle nostre granitiche certezze, ai nostri punti esclamativi sostituisci un necessario punto interrogativo. Davvero, Signore, vuoi sterminare il giusto insieme all'empio? Davvero non farai nessuna differenza? Eppure, Tu sei un Dio che fa differenza, Tu non sei un indifferente. Abramo vedrà scendere fuoco e zolfo su Sodoma e Gomorra, ma non sarà Abramo ad aver impugnato né un fucile, né un missile, non sarà lui a imbracciare alcuna arma contro di loro. Ci sarà un tempo in cui la città stessa, in cui il male stesso, si annienteranno da soli.
E i discepoli chiedono a Gesù di pregare. Sono affidate a loro le sette parole del Padre. Nel Vangelo di Luca non è «nostro» il Padre. Il «Padre» non è né mio, né tuo, né vostro, né nostro. È il Padre di tutti. Che il Nome sia santificato, che la parola abbia valore divino. Che il Regno venga: sia il Vangelo della cura e della guarigione, della festa e dell'amicizia. Che il pane di ogni giorno ci sia dato come dono e responsabilità. Che il perdono accordato venga rimesso subito in circolo. Che non rimangano scritti nei taccuini della vita debiti di misericordia con nessuno, ma liberi. Che possiamo attraversare anche la notte della paura, del fallimento, del tuo silenzio, senza sentirci figli abbandonati, randagi. E lui ci affida tre verbi meravigliosi: bussate, chiedete, cercate. Tre verbi che narrano di passi da riprendere, di cammino, di rialzarsi, che è possibile incontrarlo. E, voltandomi indietro, mi rendo conto di quanto Lui sia stato presente nella mia vita. È vero, non sempre ha esaudito le mie preghiere: non ha potuto guarire, non è servito ad evitare una tragedia, riportare alla vita, non è riuscita a riconciliare gli animi. Tante, forse troppe volte, ha disatteso le mie aspettative. Eppure, la sua risposta è avvenuta, sempre. Riprendo in mano una splendida preghiera di uno sportivo, costretto alla sedia a rotelle: «Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno, quasi contro la mia volontà. Le preghiere che non feci furono esaudite. Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini nessuno possiede quello che ho io!». Cercate, chiedete, bussate.