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TESTO Nascondiamo o raccontiamo?

don Angelo Casati   Sulla soglia

VI domenica dopo Pentecoste (Anno C) (20/07/2025)

Vangelo: Gv 19,30-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.

Non so se sarà omelia, forse solo racconto di emozioni: un accorrere di immagini; e una chiama l'altra. E sete chiama sete E sangue chiama sangue. Vorrei lasciare alle spalle la lettura dell'Esodo: "Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: "Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!"". So che il rito appartiene a tradizioni antiche, ma una strage di animali, montoni, buoi, o quant'altro, mi lascia sempre a disagio. Raccolgo l'intento del rito che è significare: "siamo dello stesso sangue!". E Dio che ti dice: "Sei del mio sangue". Era per dire comunione.

Poi noi il sangue lo abbiamo evocato per dire le cose più assurde, per dire discriminazione: il sangue blu, la purezza del sangue di un popolo a fronte dell'impurità del sangue di un altro e poi il sangue versato per guerre, per stragi, per delirio di potere. Vengo al vangelo di Giovanni, che racconta di Gesù crocifisso, un testo che, a una prima lettura, sembrerebbe fuori tempo e fuori luogo: è da mesi infatti che abbiamo celebrato la Pasqua. Fuori tempo e dentro il nostro tempo, fuori luogo e dentro i nostri luoghi, dentro questi giorni in cui la crocifissione non conosce pausa; non conosce pausa il sangue versato, donne e uomini e bambini crocifissi, a migliaia. E mi si accende subito una connessione che non può - non può!- lasciarmi occhi asciutti. La sete chiama sete: la sete di Gesù in croce chiama sete. "Disse: "Ho sete". Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo spirito".

La sete, cui fu dato un racimolo di risposta da soldati, mi ha d'istinto riportato alla memoria e al cuore un'altra sete di questi giorni che grida tragedia e insieme disonore: il massacro dei bambini in ricerca disperata di acqua, sete di acqua, sulla striscia, sete negata. E' disonore che non puoi lavare; passano i giorni, non passa il brivido, non mi si scolla il disonore. Scrivevo anni fa, undici per la precisione, "Dismissione di azzurro". Allora i bambini trucidati giocavano sul litorale, nella terra e sotto il cielo amati da Gesù.

Non più azzurro il cielo
che tu amavi,
lo vedevi rosseggiare
di un filo di tenerezza
la sera quando salivi
solitario il monte
a pregare.
Lo hanno sporcato:
per fiato aspro di armi
odora di sangue.
Approdo di morte
il litorale di reti e di barche
sudore
e profumo di pesce arrostito,
la riva che amavi,
fatta chiazza di sangue innocente,
l'allegria pura
soffocata
in sabbie di morte.

Stupro di umanità.

Vedete mi sono perso dietro la sete del crocifisso e dei crocifissi di oggi. E ora mi perdo dietro l'ultima goccia di sangue. Nel racconto in Giovanni della morte di croce di Gesù a colpirmi quest'anno è come una contrapposizione che si fa strada nel piccolo brano: c'è la fretta di chi vuole nascondere l'accaduto e c'è la forza di chi vuole raccontarlo. Anche oggi abissale contrasto. Nascondiamo o raccontiamo? L'hanno deposto in fretta dalla croce. Era vicina la festa, la più grande delle feste, e non sarebbe stato un bello spettacolo vedere un uomo inchiodato alla croce. Una morte fuori della città e una sepoltura di nascosto, nella fretta. E che la città non venisse sporcata dalla visione, dalla eresia del Rabbi di Galilea. La notte, la notte e il suo silenzio avrebbero inghiottito tutto. Una grotta, una pietra, la notte. Notte del crocifisso.

Calato dalla croce
in un cielo
invaso dalla notte.
Deposto in fretta
e fu comando:
anche inerte, dall'alto
disturbavi la razza
dei benpensanti.
Che non fosse sporcata
da una croce di malfattori

la purezza della Pasqua!

C'è chi nasconde e c'è chi svela. Ascoltate: "Ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate". Chi ha visto, chi ha visto uscire l'ultima goccia di sangue, ne dà testimonianza come quando la fonte riarsa rilascia singhiozzando - ed è fine - l'ultimo brivido di un minimo ultimo di acqua. Chi ha visto racconti. Ricordo che anni fa, quando di questi tempi avevo grazia di sostare alcuni giorni per monti, mi prendeva commozione alle tre del pomeriggio dei venerdì sentire il rincorrersi ad eco di rintocchi di campane nella valle, a pianto dell'ultima goccia di sangue.

Era pianto ed era come chiamata a non nascondere, a custodire nel cuore e a raccontare l'ultima goccia che ti convoca oggi ai crocicchi della storia. L'ultima goccia racconta il "fino all'ultimo" dell'amore: non gli rimaneva più niente. Ci consegnò dalla croce lo Spirito perché, pur tra smarrimenti, imparassimo a donarci con passione sino all'ultima goccia, ad essere sempre dovunque fedeli "fino all'ultimo", una pista, la sua, segnata di luce.

Sei senza più sangue.
Fisso da lontano
la trafittura dei chiodi
adoro il segno
della mia libertà.

 

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