VIDEO Non basta commuoversi: il Vangelo chiede responsabilità - Lc 10,25-37
don Marco Scandelli don Marco Scandelli
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/07/2025)
Vangelo: Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
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Commento al Vangelo a cura di don Marco Scandelli
Luca 10, 25-37
Tutto nasce da una domanda: «Chi è il mio prossimo?». Ma Gesù, come spesso fa, ribalta la prospettiva. Non si tratta di fare l'elenco delle persone che “meritano” il nostro aiuto, ma di chiederci: “Io, di chi mi faccio prossimo?”. È una questione di movimento, di uscita da sé.
Nella parabola, le figure religiose passano accanto al ferito e tirano dritto. Il samaritano, invece, si ferma, si lascia toccare, si prende cura. Non era “obbligato”, non era “del gruppo”, ma aveva occhi e cuore per vedere l'altro. Questo ci dice che la vera spiritualità non si misura dal tempo passato nel tempio, ma dalla capacità di compassione concreta.
E qui ci tocca: quante volte anche noi ci rifugiamo in un'idea comoda di fede, fatta di riti e parole, ma poi giriamo al largo davanti a chi è ferito, moralmente o fisicamente. Per paura, per stanchezza, per pigrizia. Ma il Vangelo è chiaro: non si può amare Dio senza prendersi cura dell'uomo...