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TESTO Leggeri, essenziali, a due a due, per la pace

don Andrea Varliero

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (06/07/2025)

Vangelo: Lc 10,1-12.17-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

C'è un bellissimo racconto, scritto da Jorge Luis Borges, «Funes el memorioso». Funes è un ragazzo che, cadendo da cavallo, acquisisce una memoria impossibile, ricordandosi di ogni minimo dettaglio della propria esistenza, di quella altrui, ricordando tutti i vocabolari di tutte le lingue del mondo, e di tutte le leggi dell'universo. Tutto gli rimane impresso nella memoria, con estrema facilità, niente è dimenticato; si ricorda tutto, davvero tutto. Funes dovrebbe dunque essere la persona più felice, la più sapiente, la più realizzata di questo mondo, ma così non è: questa memoria infinita diventa per lui un inferno. Non riesce più a distinguere un dettaglio dall'essenziale, non riesce più a dialogare con nessuno, non riesce più a gustare una semplice parola, un momento, non riesce più a vivere. Tutta la sua esistenza abita un sovraffollato mondo di ricordi, tutti allo stesso livello, che gli impediscono un qualcosa di essenziale: dare il giusto valore, porre il senso. Funes «el memorioso» un po' rappresenta tutti noi: sovraccarichi di tutte le nozioni, sazi di tutte le notizie, non riusciamo più a vivere di un'intuizione, di un senso, di un valore. «Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi», ci indica oggi nostro Signore. Io leggo questo gesto profetico non come una minaccia, ma come una necessaria distanza, un dimenticare: non dateci peso alla polvere, non legatevela al dito, siate capaci di dimenticare, persino il male. Lui, maestro rabbino ebreo, dice un qualcosa di impossibile ai suoi discepoli: il valore dell'oblio, il valore del dimenticare. Allora, oggi, anche per noi è tempo di scuotere la polvere dai nostri calzari, di slegarcela dal dito. Ne ricaveremo più annuncio, più Vangelo, ne ricaveremo più vita.

E il Signore ci manda «senza»: senza sandali, senza sacco, senza borsa. Ho vissuto in questi giorni un'avventura attraversando le Alpi in bicicletta, con lo zaino in spalla. Ho sinceramente maledetto quella zavorra ad ogni salita, quella maglietta in più, quell'oggetto caricato che non mi è servito a nulla, quel peso inutile. Essenzialità è un qualcosa che il discepolo dovrebbe portare sempre con sé. E il pensiero va alle nostre case da incubo, alle ossessioni che diventano armadi pieni, a tutto ciò che è di peso al nostro viaggio della vita. E il pensiero va alle nostre strutture ecclesiali, così pesanti da amministrare, così lontane da una velocità dell'annuncio. Allora, oggi, anche per noi è tempo di essenzialità e di leggerezza. Leggerezza, che è valore di Vangelo.

E il Signore ci manda a due a due. Insieme, non perché sia più semplice, ma perché solamente così si è più affidabili. È vero: questo nostro tempo è un mondo che ha una sete e una fame di spiritualità indicibile, una ricerca interiore che passa attraverso lo sport, la cultura, che attraversa la politica e le scelte quotidiane. Eppure, è una spiritualità così singolare, chiusa nella propria stanza, individuale. Ed è questa la speranza: passare da una solitudine ad una comunità, a due a due. Ed è bello pensare che tra quei «a due a due» ci siano stati anche due sposi, due amici, due discepoli, due consorelle, due preti, due fratelli, due famiglie, due comunità. Principio di comunione. Perché il viaggio del Vangelo sia affidabile. Ringrazio di poter vivere il mio ministero in una comunità di preti che, pur nelle fatiche, si dimostra per me affidabile. Tremo alle persone che vagano di chiesa in chiesa, che cercano la perfezione e si dimenticano del bene, che non riescono ad abitare la fatica di una relazione. È sempre l'altro, quello che mi calpesta i piedi, la mia verità più profonda. A due a due, che è affidabilità di Vangelo.

Ci ha mandati a portare «Pace!» nella casa. Ne abbiamo così fame e così sete, di Pace. Lui indica che la Pace parte sempre da una casa: dal mio perimetro di vita, dalle mie relazioni quotidiane, dalle mie porte accoglienti, dalle mie scelte di ogni giorno. Una piccola pace di casa, che possa contribuire ad un processo di pace ancora più grande; e di casa in casa, forse, la pace verrà.

Che strano, sembrava un discorso così fuori dal mondo il suo, quasi un discorso di politica aziendale, dedicato ad esperti di settore, i discepoli. Ad ascoltarlo bene, lo trovo di una attualità sconcertante: una leggerezza, un'essenzialità, un camminare insieme, una pace domestica. Perché è lì che si scrive il Vangelo, perché è lì che possiamo scrivere un qualcosa di fondamentale per le nostre vite, i nostri nomi. Scrivere i nostri nomi, le nostre vite: voce del verbo amare.

 

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