TESTO Non basta dire non ho ucciso nessuno
IV domenica dopo Pentecoste (Anno C) (06/07/2025)
Vangelo: Mt 5,21-24

«21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
23Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono».
Il Santo Padre, Papa Francesco, ha richiamato molto spesso i presbiteri alla responsabilità della predicazione. Non vi nascondo che la Parola di Dio questa domenica ha lo scopo di provocarmi perché mi invita a un sano esame di coscienza perché la predicazione è vera e autentica se chi la propone la sa vivere sull'esempio di Gesù che in questo discorso della montagna si mette in prima linea vivendo punto per punto ciò che chiede di vivere.
Non basta dire non ho ucciso. Non basta dire quindi rispetto i comandamenti.
Il salto che bisogna fare è passare dal rispetto formale alla pienezza che è l'amore.
Non uccidere, non vuol dire solo non ho ammazzato nessuno, ma domandarsi col mio parlare ho diffamato?
Proprio da questo punto di vista, Papa Francesco, ci esortava a ridurre il chiacchiericcio che porta poi agli eccessi del distruggere il fratello.
Non lo si fa fuori fisicamente, ma si crea terra bruciata intorno. C'è un episodio della vita di San Filippo Neri che mi rimane sempre in mente. Una volta in un mercato il Santo incontrò marito e moglie, noti per il loro parlare male delle persone. Filippo li provocò chiedendo loro di portare un pollo non spennato in casa sua. Nel tragitto qualche penna cadde da terra e una folata di vento disperse le piume. Il Santo chiese a questa coppia di recuperare le penne perdute, ma questi risposero che era impossibile.
L'occasione fu quella di richiamare questi alla responsabilità di quello che il loro parlare provocava disperdendo menzogne.
Il nostro parlare rischia di essere come queste piume che disperse non si possono più raccogliere.
Non ci sono ambienti in cui questo male non è entrato.
Pensiamo all'ambiente di lavoro dove per far carriera bisogna tagliare all'altro le gambe con il nostro parlare calunnioso e diffamatorio.
Pensiamo al linguaggio dei mezzi di comunicazione dove il frapporsi di voci nei dibattiti spingono poi l'uno o l'altro ad accuse gratuite.
Gli ambienti ecclesiali a volte rispecchiano la nostra società e quindi il nostro modo di
affrontare le questioni e anche qui non mancano piccoli sgambetti fatti di parole non belle e che non edificano il fratello anzi lo demoliscono.
Interroghiamoci e interpelliamoci perché ci edifichiamo a vicenda nel bene promuovendo la vita quella vera.