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TESTO SINDROME DELL'ATTACCAMENTO DISFUNZIONALE

padre Ezio Lorenzo Bono   Home Page

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (06/07/2025)

Vangelo: Lc 10,1-12.17-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

I.

In psicologia esiste una sindrome detta dell'“attaccamento disfunzionale”, e cioè la difficoltà, a volte cronica, di lasciare andare ciò che ci fa male, come una relazione tossica, un lavoro che ci consuma, una situazione che ci umilia, un ambiente che ci spegne. E nonostante questo restiamo, forse per paura, o per abitudine, o perché ci hanno insegnato che dobbiamo resistere fino alla fine. Ma a volte dobbiamo saper discernere tra ciò per cui vale la pena lottare e ciò che non ne vale assolutamente la pena.

John Bowlby, padre della teoria dell'attaccamento, diceva che l'individuo è, per natura, incline a mantenere legami anche quando questi sono fonte di sofferenza. Non è sempre possibile amare, non ovunque e non a qualunque prezzo. E ci sono segnali chiari: infelicità cronica, mancanza di rispetto, identità annullata, assenza di dialogo, perdita di stima. In quei momenti, l'amore non è più dono, è sopravvivenza. E quando si ama senza libertà, non è più amore.

Allora restiamo perché cambiare fa paura, perché l'ignoto spaventa più del dolore che conosciamo. Ma come diceva Albert Einstein: “Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”. Ci ostiniamo a ripetere gli stessi errori, a bussare alle stesse porte chiuse, a cercare amore dove non c'è accoglienza. E così facendo, il male si cronicizza, il cuore si ammala. Gli psicologi dicono che non si guarisce nel luogo in cui ci si è ammalati, e che la guarigione comincia quando si ha il coraggio di andarsene, di dire basta, di scuotere via la polvere.

II.

Il Vangelo di questa domenica, è un rimedio spirituale alla sindrome dell'attaccamento disfunzionale: “Se non vi accolgono e non vi ascoltano, uscite e scuotete la polvere dai vostri piedi”. In altre occasioni Gesù disse che chi mette la mano all'aratro e si volta indietro, non è degno del Regno dei cieli. Ma qui invece ci dice: vai via. E non solo: scuoti la polvere, cioè non portarti dietro nemmeno un granello di quel rifiuto, di quel dolore. È un gesto terapeutico. È un “confine sano”, come direbbero gli psicologi: quel limite emotivo, mentale e fisico che una persona stabilisce per proteggere la propria identità, il proprio benessere e il proprio spazio personale, senza invadere o essere invaso dall'altro. Un confine sano, in altre parole, è ciò che permette di dire “no” senza sensi di colpa e di dire “sì” senza rinunciare a sé stessi.

Gesù stesso insegna il concetto di confine sano quando dice: “Se non vi ascoltano, andatevene. E scuotete la polvere dai vostri piedi”. Non si tratta di vendetta, ma di discernimento, di protezione. È rispetto per la propria missione, per il proprio tempo e per la propria dignità. Non sempre dobbiamo insistere nel cercare di cambiare chi non vuole ascoltare, perché ci sono situazioni che non vanno salvate, vanno lasciate. Evangelizzare è un atto d'amore. Ma non si può amare chi non vuole essere amato. Gesù stesso non cercò di trattenere Giuda quando questi decise di tradirlo, ma anzi gli disse: “Quello che vuoi fare, fallo presto” (Gv 13,27). A volte l'amore vero è lasciare andare, senza rancore, senza vendetta. Solo libertà.

III.

Un esempio di persona affetta dalla sindrome dell'attaccamento disfunzionale fu Frida Kahlo. Dopo il tradimento devastante del marito con sua sorella, trovò il coraggio di separarsi... ma non quello di lasciarlo davvero. Si risposò con lui, e vissero in una spirale di infedeltà reciproche e dolore. Anche se lei sapeva che “Dove non puoi amare non devi trattenerti”, in realtà non riuscì mai a liberarsi da quella relazione tossica, non riuscì a scuotere la polvere. Restò prigioniera di un amore che amore non era più.

A volte servono tagli netti, perché restare ci logora, ci fa ammalare, ci deforma. La buona notizia del Vangelo di questa domenica è che è possibile andarsene, è possibile cambiare, è possibile guarire. Gesù non ci invita al sacrificio sterile, ma a una missione che non ci consumi, che non ci svuoti. Se non c'è accoglienza, se non c'è ascolto, non sei obbligato a restare. Questo non è egoismo: è rispetto per te stesso. Perché non si evangelizza col martirio dell'identità, ma con la libertà dell'amore.

E tu? Dove stai trattenendo te stesso? Dove stai restando, anche se tutto in te ti chiede di andare? Cosa aspetti per ricominciare? Perché il tempo passato senza amare è tempo sprecato. E alla fine dei tempi, saremo giudicati non solo sull'amore che abbiamo dato, ma anche sull'amore che abbiamo sprecato restando dove non si poteva amare.


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Questo invito è aperto a tutti, ma in modo particolare ai fratelli sacerdoti: se desideri condividere un pensiero, un saluto, un commento, una parola di incoraggiamento o anche una critica costruttiva - per migliorare le mie riflessioni o semplicemente per avviare un dialogo fraterno e uno scambio di esperienze - sarò felice di leggerti. Puoi scrivermi a questo indirizzo: eziolorenzobono@hotmail.com

 

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