TESTO Racconti del pane e della benedizione
don Angelo Casati Sulla soglia
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II domenica dopo Pentecoste (Anno C) (22/06/2025)
Vangelo: Mt 6,25-33

«25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta».
Tre racconti, la solennità del Corpo e Sangue del Signore, legata oggi a tre racconti. Spesso - e non sempre ce ne accorgiamo - ci sfiora un pericolo quello di estrarre parole dai loro racconti. Non vorrei sembrarvi presuntuoso nel dire che il percolo lo si è toccato anche a proposito dell'eucaristia. Perdonate la confidenza. Ero un ragazzino, e spesso, quando ancora il cielo combatteva con le ombre, al mattino presto - stavo a Milano - uscivo di casa e andavo - così si diceva - a "servire Messa". Allora ci si esprimeva così: "dire Messa", "cantare Messa", "assistere alla Messa". E io ai piedi dell'altare seguivo un racconto della cena, purtroppo in latino. Le parole, che consacravano il pane e vino, erano in un racconto.
Poi la domenica per i ragazzi la celebrazione era in una grande aula addobbata nel sotto chiesa: il prete per suo conto leggeva la preghiera eucaristica e noi, come non fosse, a cantare inni in preparazione alla comunione: il corpo di Cristo come strappato al racconto, come fosse cosa, preziosa, ma un a sé. Toglierlo al racconto è impoverire o snaturare il corpo di Cristo. Ebbene oggi vorrei stare nei tre racconti, tenterò di sfiorarli raccogliendo due parole che vi si affacciano: pane e benedizione. Vengo ad Abramo, a questo episodio misterioso della sua vita, che fu tutta, o per tanto tempo, un cammino dietro una promessa che sembrava andare a vuoto: quella di una discendenza più numerosa delle sabbie del deserto e delle stelle del cielo.
Abramo le sabbie del deserto le conosceva e pure le stelle del cielo, ma figli niente, e lui e Sara erano invecchiati. Capitava anche a lui di chiedere conto a Dio e Dio accettava il lamento. Ed ecco che un giorno passa, inatteso, un re e sacerdote, di nome Melchìsedek: dona pane e vino e, congiunte, parole di benedizione, benedice Abramo e benedice il Dio di Abramo. Quel pane e quel vino dentro una storia, ad assicurare la benedizione: sto fantasticando, mi perdo a pensare ai giorni in cui la vita ad Abramo appariva senza futuro, come a volte appare a noi, o ai più derelitti fra noi. Ebbene io immagino che a volte il ricordo del pane e del vino di quel re sarà sgusciato nell'immaginario di Abramo a sostenere speranze che folate di vento sembravano abbattere una volta per sempre. Così il pane e il vino del Signore. A incoraggiare.
Pane e benedizione, ancora dentro un racconto, nella lettura del vangelo oggi. Accade presso Betsaida. Lui, Gesù a parlare del regno e a guarire. E sono circa cinquemila e veniva sera, senza cibo. "Congeda la folla" è la soluzione dei discepoli, la nostra soluzione in innumerevoli casi piccoli o grandi della vita. "Congedare" fa rima con il verbo "si arrangino". Di pani alla fine ne racimolarono cinque e due pesci." Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla". Pensate il pane dei cinquemila. Voi mi direte non era un sacramento. Ma dove arriva il divino? A quel pane era legata una benedizione. Era un pane che non moriva. Era a nutrire la forza nel viaggio verso casa la sera: quel giorno fu liturgia sul prato della condivisione.
Liturgie, solo in apparenza, laiche. Mi ritorna un passaggio di una intervista che anni fa Gabriella Caramore, cara amica, fece nel programma "Uomini e profeti" allo scrittore e pittore Emilio Tadini. Lui non credente, parlando di Van Gogh, diceva: "Viene in mente quel suo quadro che si chiama 'I mangiatori di patate', dove dei poveri contadini sono radunati intorno al tavolo per una cena, che consiste appunto solo in un piatto di patate. Ma in questo straordinario quadro si manifesta una specie di "eucaristia laica", come se stessero officiando il rito della consacrazione di questo povero cibo. La luce della lampada a petrolio che sta sopra il tavolo sembra una luce straordinaria mistica".
E ora il pensiero corre al pane e al vino della cena eucaristica, anch'essi dentro una benedizione. Oggi a ricordare la cena è Paolo ed è bellissimo pensare che già nelle prime comunità tutto accadeva in un racconto, nel racconto della cena della notte in cui fu tradito: "Prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". "Questo è il mio corpo" lo disse dopo averlo spezzato. E subito aggiunge - è da mozzafiato -: "che è per voi". Consegnato, fino a dare il sangue. Te lo ricorda il pane spezzato. Ti ricorda l'inimmaginabile di un Dio che si consegna in un pezzo di pane, per dirti che ti tocca nel tuo corpo e tu nel suo. E' la consegna della misericordia nella notte in cui fu tradito, nel desiderio di essere come pane nelle tue mani.
E' un no di dissenso netto alla brutalità di chi uccide o ferisce i corpi, un sì a chi li abbraccia e li cura: "questo è il mio corpo". Vorrei concludere con una preghiera, E' di frère Roger Schutz Il fondatore e priore della Comunità di Taizé, Era il 16 agosto del 2005 quando frère Roger Schutz, di 90 anni, veniva ferito a morte con un coltello da una squilibrata. Il fatto avveniva durante la preghiera dei vespri, nella Chiesa della Riconciliazione, alla presenza di oltre 2.500 giovani che partecipavano al rito. Ecco una sua commovente preghiera nel giorno del nostro Corpus Domini:
Pane
del cielo
offerto a tutti
senza chiedere nulla
in cambio,
corpo di Cristo
spezzato per noi.
Tu non ci giudichi,
entri in noi come forza trasformatrice
di bellezza,
alimento di speranza
per la rinascita.
Vino nuovo
della gioia,
lode alla vita
da cantare in coro.