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TESTO Il pane della nostra vita

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (22/06/2025)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Basta recitare la famosa espressione “dacci oggi il nostro pane quotidiano” per avere convinzione di come in tutta la Bibbia il pane sia sempre stato inteso come elemento di sostentamento essenziale e allo stesso tempo dono della Provvidenza divina. Il pane materiale è l'alimento di cui l'uomo necessita per sostenersi, irrinunciabile per la vita e da garantire non solamente ai singoli, ma anche alle intere nazioni. A tal proposito, in questa liturgia di oggi occorre pregare e impegnarci, ciascuno secondo la posizione che occupa, perché questo alimento di prima necessità non venga mai a mancare soprattutto a coloro che ne sono privati in ragione dei flagelli delle guerre e delle distruzioni di massa, come pure in tutte le famiglie in cui di fatto si stenta a mantenersi tutti i giorni. Per quanto occultata possa essere questa realtà, sussistono anche nelle nostre comunità locali nuclei familiari sprovvisti a volte anche degli comuni alimenti e perfino del pane per il sostentamento fisico di tutti. Ci sono pescicani e questuanti millantatori e profittatori, ma ci sono anche bisognosi reali, dalle condizioni di miseria oggettiva, che per vergogna o per modestia si astengono dal chiedere aiuto nei loro fabbisogni essenziali. Solitamente la Provvidenza la si invoca nelle zone maggiormente sottosviluppate o gravate da inopia e penuria quasi totale, come alcuni popoli dell'Africa o dell'America Latina; a prescindere però dalle apparenti garanzie del progresso, anche noi ci si trova, in alcuni ambiti, a dover contare sull'aiuto divino per il mantenimento di intere famiglie, complice anche l'aumento continuo del costo della vita. Signore, dacci sempre il pane quotidiano, ma dacci anche l'umiltà di chiederlo innanzitutto a Te. Ai tempi di Cristo, nella cultura romana dominante, il termine “pane” indicava l'insieme degli elementi caratterizzanti la vita dignitosa dell'uomo, non escluso il vestiario. E' evidente che quando Gesù si riferisce al “pane” nella preghiera del Padre Nostro intende compendiare tutti gli elementi necessari alla vita. Questi sono sempre un dono di Dio, anche se dipendono dagli sforzi quotidiani dell'uomo. Da Dio fondamentalmente proviene ogni beneficio e ogni dono che per ciò stesso non si può rifiutare, ma per quale piuttosto vanno rese grazie.

Il pane tuttavia è anche sinonimo di opulenza spirituale, paragonabile all'estinzione della fame fisica. Come Dio sostiene nell'alimentazione materiale di tutti i giorni, così ci garantisce anche il sostegno per la vita piena, quella della comunione con sé, della sua stessa vicinanza, del suo amore che incoraggiano e spronano ad andare sempre avanti. Il dono che Dio concede ad Elia quando questi si trova spossato e affranto, desideroso di morire, è costituito da pane e acqua che il Signore per mezzo di un angelo gli fa trovare pronto per tutta risposta alla sua disperazione. Non è però solamente l'alimento materiale che fa risollevare Elia: a quel cibo si associa anche la forza e l'impeto che gli provengono da Dio e grazie ad esse si rialza e riprende il percorso che si era prima proposto (1Re 19, 5 e ss.). Così pure il pane è sostegno nella peregrinazione del popolo nel deserto verso la Terra Promessa (Es 16, 1 - 36). Ausilio alimentare e motivante per il proseguimento verso l'obiettivo, perché il popolo sappia che solo Dio dona lo sprone per progredire e per vincere. Nel pane c'è quindi il simbolo della divina Provvidenza, che non manca mai anche nelle serie difficoltà, come testimoniano del resto le esperienze degli orfanotrofi, dei convitti e delle strutture gestite dagli Ordini Religiosi che si avvalgono spesso delle sole loro risorse economiche. Il pane è però anche l'elemento che associa la Provvidenza materiale alla certezza di non essere dimenticati da Dio, anzi alla convinzione che solamente Dio può darci fiducia, costanza, incentivi e coraggio così come ci accorda l'alimento fisico. “Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”(Dt 8, 3; Mt 4). Dio è egli stesso l'alimento che rifocilla l'uomo in tutti gli stessi connotati di umanità. Egli solo dona motivazione, forza, coraggio e vigore e nei doni dello Spirito Santo dona anche criteri adeguati per impostare la propria vita conformemente agli stessi nostri propositi e a beneficio degli altri. Dio, alimento spirituale, sazia l'uomo desideroso di verità e di soddisfazione delle sue lacune esistenziali. Non per niente la preghiera è essa stessa il nostro alimento. Essa non serve solamente per chiedere il pane, ma funge da pane essa stessa. Ci eleva, ci dona interiorizzazione, ci distoglie da banalità e anomalie e nel suo esercizio ci sospinge verso la verità predetta e questo vuol dire alimentare anche la fede per accrescere la speranza.

Il pane è in terzo luogo anche elemento di donazione e di comunione. Ratzinger sottolinea come lo “spezzare il pane”, tipico del padre di famiglia nella concezione giudaica, attesta la volontà di questi a donarsi ai suoi figli, a ripatire se stesso per loro. In seno alla comunità il pane è l'elemento di coesione e di comunione, simbolo di concordia e di unità che accresce il rigore della missione condivisa.

In tutto questo possiamo comprendere che in Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, non è casuale l'episodio della moltiplicazione dei pani e neppure la famosa Cena di commiato nella quale pronuncia quelle parole allusive “Questo è il mio Corpo”... “Questo è il calice del mio Sangue”.

Il pane vivo disceso dal Cielo è egli stesso, Gesù vero e vero uomo, che si presenta come vero pane. Vero nel senso spirituale, ma anche nella cruda accezione di realtà effettiva: le parole della Cena intendono dire, appunto di fronte ad alcune forme di acqua, farina senza lievito “Questo è il mio Corpo”, che nel linguaggio aramaico di cui Gesù fa uso vuol dire: “Questo sono io”. Secondo alcuni, “Questo è il mio corpo vivo, reale”, il che è lo stesso. Con l'aggettivo neutro “questo” Gesù afferma che in quel momento il pane non è più pane, ma appunto “il suo Corpo”. Il Sangue, che nelle vittime animali aveva carattere espiativo, nel vero Agnello di Dio che è Cristo, è l'elemento dell'alleanza fra Dio e l'uomo. Egli stesso. Gesù dona se stesso in sacrificio per tutti sulla croce e l'Eucarestia ne è il presagio, l'anticipo.

Gesù quindi è nostro cibo, pane di salvezza e di vita. Non basta però assumerlo come tale nella dimensione spirituale intima; occorre anche mangiare di lui in senso materiale, mangiare il suo Corpo nella celebrazione eucaristica, perché questo suo essere per noi vita e salvezza piena si è realizzato in particolar modo sulla croce e di questa croce la celebrazione è una ripresentazione. L'unico sacrificio avvenuto sul Golgata della morte di croce si presenta in due modi: sul Golgota medesimo e ogni volta che perpetua il suo memoriale nella celebrazione dell'Eucarestia.

Mangiare di Gesù con fede è garanzia di poter essere davvero suoi imitatori e di poter vivere appieno la ricchezza di vita e di salvezza che lui vuole accordarci.

 

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