TESTO Grati per due esperienze della Santissima Trinità nella nostra vita
Santissima Trinità (Anno C) (15/06/2025)
Vangelo: Gv 16,12-15

«12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Il Salmo 8 canta due esperienze di grande meraviglia e gratitudine.
In primo luogo, siamo grati per l'opera della creazione, che ci fa comprendere che tutto è “relazione” nel nome del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo.
Contemplando il nostro pianeta Terra nel macrocosmo dell'universo di stelle, pianeti e galassie, diciamo. «Vediamo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato: o Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!» (Sal 8, 4.1). Oggi, il progresso della scienza, applicato alla tecnologia, ci permette di contemplare con grande meraviglia anche il microcosmo degli atomi, il dinamismo delle loro parti (nucleo, neutroni e quanti): tutto è “relazione”. Dal microcosmo al macrocosmo, tutto è interconnesso in una relazione di rispetto che coinvolge um'innumerevole moltitudine di creature: elementi inorganici, esseri viventi di svariate specie. Tutto è interconnesso come se fossimo uno, tutto è interconnesso in questa nostra “casa comune”. Tutto è interconnesso tra la Terra e l'universo intero, tutto è interconnesso come un immenso mistero. Tutto è interconnesso nel microcosmo dell'atomo, tutto è interconnesso nei movimenti delle sue parti. Tutto ci parla di relazione, come tutto è “relazione d'amore” tra l'Amante, l'Amato e l'Amore. È relazione di amore gratuito: un'unica unità nel rispetto della diversità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La nostra coscienza, fatta di memoria, intelligenza e volontà, ci permette di contemplare la presenza della Santissima Trinità in tutta la meravigliosa opera della creazione. L'autore del Libro dei Proverbi ha la profonda intuizione che l'opera della creazione è frutto di una relazione di comunione tra Dio e la Sapienza, eternamente generata ed esistente prima che qualsiasi cosa fosse creata. La Sapienza personificata del Libro dei Proverbi, per noi cristiani, è «Gesù Cristo, Figlio primogenito del Padre, generato da lui prima di tutti i secoli; Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create». Il nostro sguardo contemplativo sulla natura ci rende cantori e adoratori del nostro Creatore, Redentore e Santificatore.
Siamo grati per il dono dello Spirito Santo riversato nei nostri cuori.
In secondo luogo, siamo grati perché, tra tutte le creature, in questa immensità di elementi ed esseri interconnessi, l'uomo e la donna hanno ricevuto un'attenzione speciale e differenziata: «Signore, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e te ne curi?» (Sal 8,5). Il salmista contempla il potere e la responsabilità degli esseri umani nel diventare “signori” di tutto ciò che costituisce la nostra casa comune: «Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi. Tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari» (Sal 8,6-9). La conoscenza scientifica applicata alla tecnologia conferisce agli esseri umani un immenso potere nel loro lavoro di utilizzo, consumo e trasformazione dei materiali. Oggi l'essere umano si trova di fronte alla duplice possibilità di promuovere un'ecologia integrale o di condurre la nostra casa comune verso una situazione di insostenibilità energetica e di distruzione di molte specie viventi. La gratitudine più grande per noi cristiani nasce dalla scoperta che la nostra corporeità vivente è abitata dalla presenza divina dello Spirito Santo: «la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Questa presenza divina di amore gratuito in noi garantisce la possibilità di essere strumenti di pace e promotori di vita, e non il contrario: responsabili di guerre e complici della morte degli ecosistemi naturali e dei più deboli e indifesi tra gli appartenenti alla nostra specie umana. L'apostolo Paolo, ispirato dallo Spirito Santo, aveva appena denunciato il dramma che siamo tutti sotto l'ira di Dio a causa del nostro egoismo umano. Questa radice di ogni male scatena il desiderio di dominio, l'autodifesa e la soddisfazione degli interessi individuali irrispettosi dell'altro, nonostante il luminoso esempio della fede di Abramo, che credette con speranza di fronte a ciò che sembrava impossibile (cfr Rm 1,18-4,25). Grazie alla morte e la risurrezione di Gesù, il Figlio Amato del Padre, siamo peccatori già perdonati per pura grazia divina, nonostante la radice del male che è dentro di noi e che ci rende potenziali artefici di distruzione e divisione nelle nostre relazioni. Possiamo mantenere viva la speranza della pace, la speranza della realizzazione del Regno di Dio già in questo mondo, così travagliato da guerre e mancanza di rispetto per la natura: «Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo» (Rm 5,1). Noi cristiani «restiamo saldi e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio» (Rm 5,2). Possiamo cantare liturgicamente la gloria di Dio quando, nelle nostre relazioni umane, rispettiamo il creato, le piante e gli animali, rispettiamo la vita e promuoviamo la piena dignità di ogni persona umana, con azioni mosse dalla gratuità dell'amore divino, già riversato nei nostri cuori. Guardando a ciò che sta accadendo nel mondo, non è facile mantenere viva la fiamma della nostra speranza! C'è una moltitudine di innocenti che viene crocifissa proprio come Gesù Cristo. Siamo tutti coinvolti nella grande tribolazione di ingiustizie, guerre e disastri naturali causati dalla mancanza di rispetto per un'ecologia integrale. Ma, grazie allo Spirito Santo presente in noi, «ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza» (Rm 5,3). Pur essendo afflitti da tante perdite e da tanto male che accade intorno a noi, perseveriamo nella fede in Cristo risorto, «l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29.36). Lo Spirito Santo dentro di noi ci fa riconoscere che solo Gesù Cristo è il Signore della nostra storia, dell'umanità e dell'universo creato (cfr. 1 Cor 12,3b). Contrariamente all'apparente esaltazione dell'egoismo umano, «tutto è ricapitolato in Cristo» (cfr. Ef 1,9-10), e sappiamo che la nostra professione di fede nel nome di Gesù ci garantisce la salvezza (cfr Rm 10,13). La nostra pazienza persevarante nella fede in Cristo ci rende simili a Gesù, che perseverò nella sua comunione con il Padre anche quando fu crocifisso e sperimentò «fame e sete della giustizia del suo regno» (Mt 5,6). Pertanto, «la pazienza conduce a una virtù provata» (Rm 5,4a). Questa virtù provata è la temperanza. La temperanza è il frutto dello Spirito Santo chiamato «mitezza e dominio di sé» (Gal 5,23a). È la possibilità reale di avere un cuore libero da ogni forma di dipendenza e schiavitù, libero da ogni attaccamento ai piaceri egoistici del nostro “Io” e da ogni idolatria di questo mondo (mitezza), per vegliare, con la potenza dello Spirito Santo, sui nostri istinti, sentimenti e pensieri egoistici, che provocano «fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose» (Gal 5,19-21a). Allora, «la virtù provata fiorisce nella speranza» (Rm 5,4b), perché finalmente ci aggrappiamo al vero tesoro, alla vera eredità, presente nel vaso di creta della nostra corporeità vivente (cfr. 2 Cor 4,7): lo Spirito Santo, il Paraclito, il nostro Difensore e Consolatore. L'esperienza di comunione eterna che il Figlio vive con il Padre è «ciò che il Padre possiede e appartiene al Figlio» (cfr Gv 16,14-15). Grazie alla forza dello Spirito Santo in noi, il nostro «possesso» della comunione in Cristo può rafforzarsi ogni giorno. Ognuno di noi potrà dire, come l'apostolo Paolo: «Vivo, ma non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. La mia vita nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Con la forza di questa comunione in Cristo e della comunione tra i membri del suo corpo ecclesiale, la fiamma viva della nostra speranza in Dio Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, si tradurrà in gesti concreti di carità, sapendo che, se ciascuno di noi non ha questo amore, non è nulla e non lascia nulla nel suo breve pellegrinaggio in questa vita (cfr. 1 Cor 13,1-13).