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TESTO Essere nella pasta un piccolo lievito

don Angelo Casati   Sulla soglia

VI domenica T. Pasqua (Anno C) (25/05/2025)

Vangelo: Gv 16,12-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

16Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». 18Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».

19Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? 20In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

21La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. 22Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia.

Mi affascina questa delicatezza di Gesù. Che nelle ombre del cenacolo vede volti smarriti di discepoli. Dice loro: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità". Ed è come se misurasse il carico e misurasse le spalle dei discepoli. Gesù non è un fiume in piena, annegherebbe i germogli: conosce i discepoli e legge nei loro occhi un limite e una fragilità, che chiedono misura. L'acqua, quella chiara, di cui i fiori hanno sete, va data secondo misura. Poi verrà lo Spirito, e pure lo Spirito non sarà un 'tutto subito', accompagnerà lo snodarsi a poco a poco dei cammini, lo stile di Gesù: guiderà, farà da guida, alla verità intera.

Rimango incantato a questa delicatezza. Ebbene a delicatezza si aggiunge delicatezza: si aggiunge la delicatezza del Rabbi che ai discepoli non nasconde le difficoltà, le incomprensioni, le ostilità del futuro e lo fa per sostenere, per incoraggiare; lo fa con una immagine che da sola basterebbe a raccontare la sensibilità di Gesù: "Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo". E ora dai toni del sottovoce e commossi del cenacolo nell'ultima sera passiamo ai toni esagitati e furenti sulla spianata del tempio di Gerusalemme.

Perché questo è il contesto delle parole di Paolo nel racconto degli Atti degli apostoli. Paolo trascinato fuori dal tempio, accusato di avervi introdotto dei non circoncisi, sfugge a un tentativo di linciaggio grazie all'irruzione della coorte romana e del suo comandante. Salvato in extremis, ora viene portato a spalle dai soldati a causa della violenza della folla. Giunti alla spianata del tempio, ecco Paolo chiedere di poter parlare al popolo. Gli viene concesso e Paolo, in piedi sui gradini, fa cenno con la mano al popolo. Si fece un grande silenzio. Noi oggi facciamo silenzio. Sentiamo il racconto ed è come se ancora una volta scoprissimo dove batte il cuore di Paolo: come se tutto conducesse al suo incontro con Gesù, a quella strada verso Damasco, a quella luce che era oltre la possibilità di reggerla, a quella voce che sorprendentemente aveva il timbro dell'incontro e non il marchio di un ripudio, voce che apriva la Via.

Poi lui accecato, condotto per mano a Damasco, sarebbe diventato uno della Via - così erano chiamati i primi discepoli -. E ora lui, un tempo accecato per restrizione, poteva dire che la luce dei Padri era dilagata a pienezza negli occhi del Rabbi di Nazaret e di quella luce, di quella Via, lui era stato fatto testimone. Testimone senza discriminazioni, al di là di ogni restrizione, per il mondo intero. Ascoltiamolo, rievoca una visione: "Egli mi disse: "Va', perché io ti manderò lontano, alle nazioni"". Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: "Togli di mezzo costui; non deve più vivere!"". Furono le ultime parole dalla spianata, poi fu l'urlo: aria avvelenata dall'odio e dalla restrizione dei confini. Aria che porta a massacri, a violenza, alla eliminazione del diverso: "Togli di mezzo costui!". E non è forse l'aria che respiriamo nei nostri giorni, l'aria della spianata del tempio? La prepotenza. Ci prende sgomento, smarrimento sembra un'aria vincente: vincente la prepotenza, il delirio della sopraffazione.

A fatica teniamo negli occhi la donna nelle doglie del parto pensandola in vigilia di un essere nuovo, di un nuovo modo di essere. Ci fa sgomenti la sensazione di essere impotenti per piccolezza. Poi ecco arrivare papa Leone, si commuove, sembra dare credito alla delicatezza, all'umile forza del grumo di lievito. Vi lascio con le sue parole nell'omelia del suo inizio mandato, hanno il profumo di quelle del Cenacolo: "La Chiesa di Roma - dice - presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù". E aggiunge: "In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall'odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità.

Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell'unico Cristo siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l'inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace. Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l'amore di Dio, perché si realizzi quell'unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo".
Ecco, essere nella pasta un piccolo lievito.

 

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