TESTO Commento su Giovanni 7,37-39
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Pentecoste - Messa della Vigilia (08/06/2025)
Vangelo: Gv 7,37-39

37Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva 38chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». 39Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.
Pentecoste, compimento della Pasqua del Signore. Lo Spirito Santo si effonde sulla Chiesa, sui discepoli riuniti insieme in preghiera e prende stabile dimora nel cuore dei credenti. Le parole di Gesù contengono il primo dei cinque annunci del Paraclito. Il termine greco Paràcletos (che noi traduciamo spesso “consolatore”) nel linguaggio del tempo indicava “colui che è chiamato vicino” ovvero l'avvocato che suggeriva all'imputato cosa dire per difendersi. Qui Gesù parla di un “altro” Paraclito: il primo è Lui stesso, “l'altro” è la persona dello Spirito Santo: Egli “si fa vicino a noi” (anzi, dal giorno del battesimo è in noi!), e ci consola, ci sostiene, ci suggerisce come affrontare le situazioni secondo la parola di Cristo; ci difende dalle accuse del maligno, rendendoci forti contro la tentazione e capaci di amare. In particolare, dal Vangelo di oggi sottolineiamo due aspetti: lo Spirito rimane con noi sempre e ricorda le parole di Gesù.
Anzitutto lo Spirito Santo “rimane con noi”; potremmo dire che “ci consola”. Egli ci aiuta ad affrontare e superare la solitudine che possiamo sperimentare nel mondo quando ci si trova “a remare controcorrente” rispetto alla mentalità mondana, egocentrica, edonista. Quante volte la solitudine genera paura e la paura conduce a cedere, ad adeguarsi, ad annacquarsi. Ecco, lo Spirito Santo ci sostiene, sta al nostro fianco come un avvocato difensore, aiutandoci a rispondere alla realtà secondo il cuore di Dio, dandoci la forza di portare il peso della verità, di prendere scelte evangeliche anche quando ciò comporta incomprensione e persecuzione.
Qui per estensione potremmo anche inglobare la solitudine che si potrebbe sperimentare nell'isolamento, nella malattia, nell'anzianità... Ecco, lo Spirito Santo consola, sostiene, perché lo sconforto e la rassegnazione non prendano il sopravvento. Egli infervora il cuore, alimenta la speranza, ricordandoci che la croce non è la meta ma la via per giungervi! E quest'amorevole presenza assume i contorni dell'inabitazione divina nel cuore dei credenti che Gesù lega all'osservanza dei comandamenti: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,15.23). Siamo davanti alla concretezza della nostra fede: non mero flatus vocis ma amore concreto, fatto di intimità, accoglienza, comunione di intenti, di sequela della sua Parola, che ci mantiene nell'amore e ci fa vivere secondo il suo amore.
Inoltre, lo Spirito Santo ci istruisce. Egli è come un maestro interiore che fa comprendere e interiorizzare le parole di Gesù. Ciò avviene sia a livello ecclesiale che personale: a livello ecclesiale è lo Spirito Santo che aiuta la Chiesa a comprendere sempre meglio le parole di Gesù, attualizzandole perché siano luce e orientamento anche di fronte alle nuove sfide. A livello personale è lo Spirito Santo che aiuta a ricordare le parole di Gesù perché siano lampada ai passi e bastone su cui poggiarsi di fronte alle scelte di ogni giorno. È Lui che ci ispira quando diamo la nostra testimonianza, quando parliamo di Gesù agli altri, e ciò accade nella misura in cui ascoltiamo e meditiamo la parola di Dio, specialmente il Vangelo. Come ha detto bene Luciano Manicardi: «La Pentecoste è anche compimento della vocazione cristiana, del discepolato. Infatti, lo Spirito insegnerà e farà ricordare, come un maestro al discepolo, e il fine di tale insegnamento è che il Cristo sia nel discepolo, ne divenga presenza interiore e intima. Non esteriore, estrinseca, funzionale. Il compimento della vocazione cristiana è che la vita di Cristo viva in noi. E la vocazione, o, se si vuole, l'essenziale della vita cristiana sotto la guida dello Spirito, è la vita interiore come capacità di far abitare in sé la parola del Signore, meditarla, comprenderla, interpretarla». Vogliamo concludere pregando con la bellissima Sequenza allo Spirito Santo, risalente al XIII secolo, chiedendo la grazia di diventare sempre più familiari e docili con Colui che è più intimo a noi di noi stessi:
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri,
vieni; datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
raddrizza ciò ch'è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna. Amen.