TESTO Tribolazione trasfigurata, appartenenza alla comunità e visione positiva del futuro
V Domenica di Pasqua (Anno C) (18/05/2025)
Vangelo: Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Siamo pellegrini della «speranza che non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Senza la presenza viva dello Spirito Santo in noi, il nostro pellegrinaggio terreno può diventare una disperazione. Il Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, attende pazientemente il nostro consenso affinché lo Spirito Santo ci aiuti a riconoscere Gesù Cristo, morto e risuscitato, come «Signore» della nostra vita (cfr. 1 Cor 12,3b), rafforzando la nostra fede in Lui. Il nostro Dio creatore, liberatore e santificatore vuole che invochiamo incessantemente lo Spirito Santo affinché il nostro vivere “per Cristo, con Cristo e in Cristo” faccia della nostra corporeità vivente uno strumento della gratuità dell'amore, cucendo relazioni basate sul «comandamento nuovo: amarsi gli uni gli altri come Gesù ci ha amati» (cfr. Gv 13,34b-35). La fiamma viva della speranza è il nostro dire SÌ, come ha fatto Maria, all'azione dello Spirito Santo nella nostra vita, invocandolo per orientare le nostre decisioni e sostenere le nostre azioni con i suoi doni di «sapienza e intelligenza, prudenza e fortezza, conoscenza e timore del Signore» (Is 11,2). La fiamma viva della speranza è garantita dall'azione dello Spirito Santo nella nostra coscienza, che realizza le nostre relazioni con atteggiamenti di «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22-23a).
La fiamma viva della speranza, grazie all'azione dello Spirito Santo, si mantiene viva con la triplice esperienza della tribolazione trasfigurata, dell'appartenenza ecclesiale e dello sguardo ottimista verso il futuro dei cieli nuovi e della terra nuova.
La tribolazione trasfigurata
Lo Spirito Santo in noi ci permette di contemplare l'esperienza della passione e morte di Gesù come un evento di gloria, dandoci la possibilità di trasfigurare le nostre tribolazioni. Gesù era a conoscenza del tradimento di Giuda Iscariota che, insieme agli altri apostoli, aveva ricevuto il suo corpo e il suo sangue nelle specie del pane azzimo e del vino durante il pasto pasquale. Gesù sapeva che sarebbe morto ingiustamente, che sarebbe stato abbandonato dai suoi discepoli e rinnegato da Pietro. Gesù sapeva che sarebbe passato attraverso la grande tribolazione della sua passione e morte, che contemplava come un evento di gloria, guidato e ispirato dallo Spirito Santo: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, Dio lo glorificherà anche in se stesso e lo glorificherà presto» (Gv 13,31-32). Quell'evento crudele e drammatico della morte in croce, considerato «scandalo per i Giudei e stoltezza per i Greci» (1 Cor 1,23), è diventato un evento di salvezza per tutta l'umanità.
Abbiamo ascoltato, dagli Atti degli apostoli, che «Paolo e Barnaba tornarono nelle città di Listra, Iconio e Antiochia. Incoraggiando i discepoli, li esortavano a rimanere saldi nella fede, dicendo loro: “Dobbiamo soffrire molto per entrare nel regno di Dio”» (At 14,21b-22). Le sofferenze sopportate perché crediamo nella giustizia e nella pace e camminiamo insieme ai poveri, avendo scelto lo stile di vita dell'umiltà, vengono trasfigurate, si trasformano in offerte di gratuità che salvano l'umanità perduta. Anche le tribolazioni dovute alle conseguenze dei nostri peccati (dipendenze, vizi, scelte egoistiche e sbagliate, ferite aperte e difficili da rimarginare) possono diventare opportunità per una nuova vita, un nuovo inizio, perché quando arriviamo a sperimentare la radicale povertà della nostra condizione di peccatori, possiamo scoprire che «Misericordia e pietà è il Signore, è amore, è pazienza, è compassione. Il Signore è molto buono con tutti, la sua tenerezza abbraccia ogni creatura» (Sal 144,8-9).
Lo Spirito Santo in noi «viene in aiuto alla nostra debolezza. Poiché non sappiamo cosa chiedere né come chiedere, è lo Spirito stesso che intercede in nostro favore con gemiti ineffabili. E chi scruta i cuori sa che cosa intende lo Spirito, perché è in accordo con Dio che intercede a favore dei santi» (Rm 8,26-27).
Le lacrime dovute alla sofferenza per il Regno di Dio ed anche alle conseguenze dei nostri peccati non sono l'ultima fase della vita per cadere nella depressione, perché «Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi. La morte non ci sarà più e non ci sarà più lutto, né pianto, né dolore, perché quello che c'era prima è passato» (Ap 21,4).
Appartenenza alla comunità
La nostra perseveranza nelle tribolazioni sopportate per il Regno di Dio e il nostro cammino di conversione dalle tribolazioni causate dai nostri peccati sono garantiti perché abbiamo scoperto il grande valore dell'appartenenza a una comunità cristiana. Siamo membri dell'unico corpo ecclesiale di Cristo. Il Vangelo di questa domenica ci presenta l'inizio del lungo discorso di addio di Gesù. Lo Spirito Santo in noi rafforza la nostra appartenenza alla comunità cristiana, al nostro essere Chiesa. Nella comunità ecclesiale siamo chiamati a sperimentare la gratuità dell'amore nelle nostre relazioni fraterne. Gesù non dice: «amatemi come io vi ho amato». Gesù dice: «amatevi come io vi ho amato». Se ti ho dato qualcosa di buono, non lo rivoglio per me, ma ti chiedo di restituire a qualcun altro l'amore che ti ho dimostrato. Lo stile della gratuità è un dono aperto a tutti, frutto dell'esperienza di essere amati da Dio in Cristo Gesù.
Ringraziamo, dunque, per il dono della nostra comunità, che può essere paragonata alla «città santa, la nuova Gerusalemme, che scende dal cielo da Dio, vestita come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2). Ci identifichiamo con la sposa Gerusalemme, ci sentiamo parte di questa figura collettiva che è la nostra comunità cristiana. Il nostro sposo è Gesù Cristo, che si fa trovare nella Parola proclamata e pregata, nell'Eucaristia, nei più poveri e sofferenti, nei ministri ordinati e negli sposi cristiani che vivono il matrimonio come segno sacramentale dell'amore di Cristo per la sua Chiesa (cfr. Ef 5,29-30).
Confidiamo nel valore della nostra comunità affidata al ministero dei presbiteri, che sono collaboratori dei vescovi nella guida del popolo di Dio e nella fedeltà alla predicazione apostolica degli inizi della Chiesa (cfr. At 14,23a).
Una visione positiva del futuro di nuovi cieli e di una nuova terra.
Lo Spirito Santo in noi ci permette di sognare nuovi cieli e una nuova terra. L'apostolo Giovanni, alla fine del Libro dell'Apocalisse, «vide un cieli nuovi e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più» (Ap 21,1). Il Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, ci assicura attraverso la risurrezione del suo amato Figlio: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5a).
Gli esseri umani, con la loro iniziativa, con il potere delle conoscenze tecniche e scientifiche e del denaro, hanno la possibilità di manipolare e trasformare la realtà della nostra casa comune in modo impressionante. Ma hanno anche la possibilità di distruggere questo meraviglioso pianeta determinando condizioni di vita insostenibili per tutte le specie. Solo Dio ha il potere di trasformare una situazione degradata e senza vita, spesso frutto dell'egoismo umano, in «cieli nuovi e terra nuova». Non possiamo perdere la speranza in un futuro in cui Cristo prevarrà come Signore dell'universo, dove «Misericordia e fedeltà si incontrano, giustizia e pace si abbracciano. La fedeltà sgorga dalla terra e la giustizia scende dal cielo» (Sal 85,11-12).
Le forze del male e dell'egoismo sembrano prevalere sui segni dell'effettiva realizzazione del Regno di Dio su questa terra, già qui e ora. Gurardando la realtà a partire dalla vita dei più poveri e dei più sofferenti possiamo già vedere ciò che sarà evidente a tutti in futuro: «Il regno di Dio è un regno per sempre, il suo dominio si estende di generazione in generazione» (Sal 144,13).