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TESTO ALTRI MODI DI DIRE “TI AMO”

padre Ezio Lorenzo Bono   Home Page

Martedì della IV settimana di Pasqua (13/05/2025)

Vangelo: Gv 10,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Un giorno un ragazzo mi disse, sconsolato: “Io penso che i miei genitori non mi amino. Non mi hanno mai detto 'ti amo'. Pensano solo a lavorare.”
Allora gli chiesi: “Toglimi una curiosità: i bei vestiti che indossi ogni volta che vieni a scuola, li hai comprati tu?” “No, i miei genitori,” rispose.
“Ho visto la casa dove abiti: è molto bella. Chi l'ha comprata?”
“I miei genitori”.
“Tu sei ben nutrito, sano, possiedi tante cose belle: chi ti nutre, ti porta dal medico, ti compra ciò di cui hai bisogno?”
“I miei genitori”.
“So che ogni anno vai in vacanza in posti molto belli: chi ti paga le vacanze?”
“I miei genitori”.
“Stai studiando in questa bella scuola, hai tutti i libri, il materiale scolastico e sportivo: chi sostiene le spese?”
“Sempre loro, i miei genitori”.

A ogni domanda, la risposta era la stessa. Così gli dissi: “E tu mi dici che pensi che i tuoi genitori non ti amino?”
Il modo migliore per dire “ti amo” non è sempre con le parole, ma con le opere.

È esattamente ciò che dice Gesù nel Vangelo di oggi, rispondendo ai Giudei che gli domandano: “Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”.
Gesù risponde: “Le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza”.

Com'è possibile che, dopo aver visto i miracoli compiuti da Gesù - le moltiplicazioni dei pani e dei pesci, i ciechi che riacquistavano la vista, i lebbrosi guariti, i paralitici che camminavano, i morti risuscitati - ancora gli chiedano: “Sei tu il Cristo?”

Eppure, spesso, facciamo lo stesso errore. Come quel ragazzo, e come quei Giudei, anche noi non sappiamo riconoscere l'amore di Dio nei nostri confronti. Se solo provassimo a fare l'elenco di tutto ciò che riceviamo ogni giorno da Lui, non ci chiederemmo più se ci ama: sarebbe evidente, lampante.

Forse, a ben vedere, non dovremmo essere noi a domandarci se Dio ci ama. Dovrebbe essere Dio a chiedersi se lo amiamo noi. Perché, se guardasse alle nostre opere, avrebbe tutte le ragioni per porsi la domanda.

 

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