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TESTO Il Bel Pastore: nome, cura e speranza

don Andrea Varliero

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (11/05/2025)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Buon Pastore, pecore, gregge: immagini lontane, di un passato sepolto e dimenticato. Echi di una civiltà che non conosceva né la tecnica, né la scienza, né l'intelligenza artificiale. Forse fa emergere una nostalgia o un sentimento di tenerezza, il desiderio di una carezza ad essere presi sulle spalle di quel pastore, come quando eravamo bambini nelle braccia di nostro padre. Una nostalgia alla calma a questa fretta che tutto divora. Il Buon Pastore: no, non è un sentimento tenero, né una nostalgia. Per me oggi, Lui è davvero profezia, novità assoluta da far entrare nella vita, mi indica tanto ai miei giorni.

Mi indica la parola «per nome»: quel Pastore bello chiama ciascuna pecora per nome. Non siamo una massa anonima, non siamo un indice di gradimento, non siamo pubblico, non siamo indagine di mercato, siamo «per nome». Ognuno di noi ha scritto nel diario della vita una storia che non è scritta in altre vite, ognuno di noi è persona, è volto, è nome, per il Buon Pastore. Non «quanti» siamo, ma «chi» siamo. Se c'è una profezia nuova che il buon pastore porta è proprio il chiamare per nome. Ho amato il cristianesimo e i suoi immensi filosofi perché ha permesso di pensare la persona, cioè, ha dato un nome a chi volto non ha. Allora imparerò il nome, ogni nome, tutti i nomi di chi incontro, e dal nome alla sua storia, e dalla sua storia a quello che porta nel cuore.

Mi suggerisce la parola «prendersi cura»: il bel Pastore si prende cura, gli sta a cuore. C'è stato un tempo in cui si è intonato il «me ne infischio» come grido politico, vento di individualismo, che anche oggi torno a respirare. Me ne infischio delle regole, me ne infischio delle parole, me ne infischio della violenza, me ne infischio di ciò che succede fuori dal recinto di casa mia. «Mi prendo cura», risponde il Buon Pastore. Mi prendo cura delle parole: ascolto tante di quelle bestemmie in treno, per strada e in ufficio, che le interpreto come segno di violenza, di aggressività, di disperazione tragica. Parole che uccidono, parole che feriscono, parole gratuite scagliate come sassi acuminati, parole senza fondamento. Prendersi cura delle parole. Mi prendo cura della mia città, della mia terra: abbiamo delegato e rinunciato alla partecipazione, abbiamo lasciato che si arrangiassero, ormai delusi da tutti e da tutto. E così la libertà è arretrata, si è arresa. Prendersi cura, partecipare. Prendersi cura dei rapporti umani: per quieto vivere abbiamo fatto silenzio, per non soffocare abbiamo scelto altre strade. Il Buon Pastore ci indica una porta aperta, laddove per noi è solo un filo spinato; una possibilità nuova, dove per noi è tutto scontato. Prendersi cura, aprire nuove strade. Prendersi cura anche di Dio, desiderarlo nelle nostre giornate e nelle nostre domeniche, desiderare la sua presenza nel cuore inquieto che ci abita. Dargli spazio, dargli tempo, accoglierlo non lettera morta del passato, ma vivente.

Mi sussurra la parola «speranza» il bel pastore. Una speranza autentica, non un'illusione. La Speranza, nella Parola di Dio, è una parola molto concreta, alla lettera significa «corda»: una corda a cui aggrapparsi. Mi sembra di sentirla tra le mani questa corda forte e resistente, fili lavorati intrecciati di canapa che mi rendono sicuro, mentre salgo in una ferrata, mentre sono sospeso in barca, mentre scendo negli abissi. Sì, a volte quella corda ferisce le mani, a volte è difficile mantenerne la presa, a volte la tentazione è di mollare la corda, ma senza questa corda non vivo. È bello che la speranza abbia un'anima di corda: trascina, lega, consente nodi, può spezzarsi. Quella corda mi indica una direzione, un passo verso cui dirigermi, e un tempo che potrà essere finalmente nuovo. Ecco, il Buon Pastore mi dona speranza, un legame forte e un giorno migliore.

È bello il Pastore, non solo buono. Il Bel Pastore fa della vita un canto di bellezza, laddove tutt'attorno è maceria e follia. In questa domenica vivrò quest'esperienza spirituale: non mi identificherò con la pecora, quella svogliata e reticente, quella che si lascia trascinare, quella che ad ogni invito si lamenta e brontola, quella che non le va mai bene niente o nessuno, compresa com'è nel suo piccolo fazzoletto di vita. Proverò la vita da questa prospettiva, da quella del Pastore bello: anche io il buon pastore. Ho tanti nomi da chiamare, ho tanta cura da vivere, ho tanta speranza da portare nel sorriso.

 

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