TESTO Commento su Giovanni 14,1-6
Missionari della Via Missionari della Via - Veritas in Caritate
Venerdì della IV settimana di Pasqua (16/05/2025)
Vangelo: Gv 14,1-6
Una delle nostre grandi paure è quella legata al “posto”: non avere un posto nell'eternità, non trovare il nostro posto in questa vita, o che tutte le sofferenze vissute non trovino posto nel cuore di Dio (cioè non abbiano alcun senso). Gesù, parlando con i suoi discepoli poco prima della passione, li rassicura, invitandoli a non lasciarsi vincere dal turbamento. La prima strada è la fede: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». è la fede l'antidoto più grande alle nostre paure; è il poggiarci su di Lui, certi del suo amore, che ci affranca dalle paure esistenziali più profonde. E Gesù continua dicendo: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"?». Lui ci ha preparato un posto; c'è posto per noi nel cuore di Dio, c'è un posto preparato per noi nell'eternità, c'è un posto pensato per noi nella storia dell'umanità. È Gesù che ci aiuta a scoprirlo, a raggiungerlo, a realizzarlo. Qualora non avessimo ancora compreso qual è il nostro posto/missione, non stanchiamoci di chiederglielo, coltivando il discernimento. Qualora invece non riuscissimo ad accettarlo o ne avessimo perso di vista il valore, chiediamo al Signore che ci aiuti a riscoprirlo, vivendo in pienezza il nostro quotidiano, certi che “ciascuno è necessario al suo posto come un arcangelo al suo!”.
«Dio mi ha creato perché gli rendessi un particolare servizio; mi ha affidato un lavoro che non ha affidato ad altri. Ho la mia missione, che non saprò mai in questo mondo, ma mi sarà detta nell'altro. Non so come, ma sono necessario ai suoi fini, necessario nel mio posto come un Arcangelo nel suo; [...] ho una parte in questa grande opera; sono un anello della catena, un legame di parentela tra le persone. Non mi ha creato per nulla. Io farò il suo lavoro; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità stando al mio posto, senza averne l'intenzione, se soltanto ne osservo i comandamenti e lo servo nella mia vocazione. Avrò, perciò, fiducia in lui. Qualsiasi cosa e dovunque io sia, non posso mai essere buttato via. Se sono ammalato, la mia malattia può servire a lui; se sono nel dolore, il mio dolore può servire a lui. La mia malattia, o perplessità, o dolore possono essere cause necessarie di qualche grande disegno il quale è completamente al di sopra di noi. Egli non fa nulla inutilmente; può prolungare la mia vita, può abbreviarla; sa quello che fa. Può togliermi gli amici, può gettarmi tra estranei, può farmi sentire desolato, può far sì che il mio spirito si abbatta, può tenermi celato il futuro, e tuttavia egli sa quello che fa. [...] Non ti chiedo di vedere, non ti chiedo di sapere, ti chiedo semplicemente di essere messo all'opera» (San John Henry Newman).