TESTO Gesù pastore autentico
IV Domenica di Pasqua (Anno C) (11/05/2025)
Vangelo: Gv 10,27-30

«27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».
Ogni anno la liturgia pasquale ci esorta nel soffermarsi sulla figura del buon Pastore. Ogni anno nella predicazione si sottolinea il fatto che il termine greco utilizzato è Kalos che mette in evidenza più che altro la bellezza ancor più della bontà. Si fa riferimento non alla dimensione estetica, ma alla pienezza delle virtù presenti.
Quello che vorrei mettere alla luce, quest'anno, è che il pastore a cui guardiamo è autentico.
Infatti, in Gesù troviamo la corrispondenza piena di quello che propone e di quello che vive.
Ci viene detto che Egli dà la vita eterna. Alla luce degli eventi di morte e risurrezione comprendiamo che Egli veramente ha aperto le porte dell'eternità.
Il pastore è autentico proprio perché le Parole che dona sono concrete e quelle che esprime sono facilmente riconoscibili dal gregge.
Le pecore sono pronte a rispondere ai suoi inviti senza nessuna paura.
L'autenticità sta nel fatto che Gesù stesso è stato Agnello, immagine della seconda lettura.
L'Agnello ha bisogno di protezione essendo il cucciolo non ancora svezzato della pecora.
Chi ha ricevuto le attenzioni e le cure necessarie è in grado a sua volta di accudire.
Gesù è stato oggetto dell'interesse del Padre e ora il Figlio esprime nei confronti del suo gregge la stessa attenzione.
Ne deriva la nostra responsabilità che è espressa dai martiri dell'Apocalisse ovvero da questi testimoni coraggiosi che hanno dato la vita fino a morire.
Ne deriva la responsabilità di noi tutti che sul modello di Paolo e di Barnaba non dobbiamo scoraggiarci nell'annunciare il Vangelo anche davanti alle incomprensioni.
Le difficoltà sono il filo comune di queste domeniche nel libro degli Atti degli Apostoli dove vediamo i primi annunciatori del Vangelo sottoposti ad angherie di ogni genere da parte degli avversari specialmente i Giudei.
Davanti a tutto ciò essi procedono senza guardare indietro.
Diventa quindi nostro compito anche oggi davanti alle difficoltà non indietreggiare.
La schiera di martiri di cui ci parla l'Apocalisse, ma di cui ci parlano anche le notizie che appaiono sui mezzi di comunicazione di fede ci esorta al coraggio della testimonianza.
Come evidenziano le informazioni sulle loro biografie e sulle circostanze della morte, i missionari e gli operatori pastorali uccisi non erano sotto i riflettori per opere o impegni eclatanti, ma operavano dando testimonianza della loro fede nella ordinarietà della vita quotidiana, non solo in contesti segnati dalla violenza e dai conflitti. Non pochi sono coloro che, pur consapevoli dei pericoli che corrono, manifestano la loro fede o partecipano all'Eucarestia domenicale. Altri vengono uccisi nello sforzo di soccorrere nella carità la vita di chi è povero, nel prendersi cura degli scartati dalla società, nel custodire e nel promuovere il dono della pace e la forza del perdono. Altri ancora sono vittime silenziose, come singoli o in gruppo, degli sconvolgimenti della storia. (Una veglia per i cristiani uccisi negli ultimi anni - Chiesa di Bologna)
Il loro sangue versato irrora la nostra fede e incoraggia gli uomini e le donne di ogni tempo nella risposta generosa di impegno nella propria vita.
In questa domenica di preghiera per le Vocazioni diventa quindi importante pregare perché tutti coloro hanno fatto una scelta non indietreggino, ma come Paolo e Barnaba trovino il coraggio di superare gli ostacoli e diffondere il Vangelo.